[p. 173 modifica]PREFAZIONE A TUTTE l'OPERE DEL MACHIAVELLI 173
lo può fare i fatti falsi o falsamente rappresentati in queste Isto-
rie di Niccolò. Quello che io posso per ora unicamente fare, è
il decidere che sono molto dilettose a leggersi, perché conten-
gono raccolti in breve spazio moltissimi eventi che impegnano
l'attenzione assai, e molti be' squarci d'eloquenza, e varie pit-
ture di costumi e d'usanze, e soprattutto moltissime riflessioni
che, a pigliarle pel buon verso, possono aiutar l'uomo a retta-
mente giudicare per inferenza di molte cose che accadono alla
giornata e a renderlo cosi più savio che non sarebbe senza la
lettura d'esse. La lingua in cui Niccolò le scrisse è tratto tratto
un po' sgrammaticata, come in quasi tutte l'altre cose sue; pure
è nitida molto e toscanissima. Lo stile nondimeno l'approverei
più se tenesse dietro, più che non fa, all'ordine naturale delle
idee. O sia Niccolò si desse ad intendere che il fraseggiare tras-
posto de' latini accresca dignità alle Istorie, o che l'ammira-
zione in cui aveva il Boccaccio gli facesse gabbo, egli ha, come
il Boccaccio, formato soverchi de' suoi periodi al modo latino,
cacciando loro il verbo in punta con troppa frequenza: cosa che
io tenni sempre per difetto anzi che per bellezza, non parendomi
che la nostra lingua soffra volentieri quelle tante violente traspo-
sizioni che la latina soffriva volentierissimamente. Quindi è che
ho sempre detto e sempre dirò come il Boccaccio ha guasti
moltissimi de' nostri scrittori, avvegnaché, invece di studiar la
natura della lingua loro, e' si sono fatti a studiare la mera lingua
del Decamerone.
II
// principe.
Ho già detto come questa operetta contiene tanti perfidi
precetti e tante malvagie massime, che non è da stupirsi se ha
infamato molto il cognome di Niccolò, qualunque sia stato il
fine con cui fu scritta. Nondimeno io non credo d'esser solo nella
opinione che, per quanto male se ne sia detto e se ne dica e
se ne voglia dire, sempre quest'operetta sarà letta da tutti quelli