Primo maggio/Parte quarta/V

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Parte quarta - V

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La Quistione sociale pubblicò l’articolo; ma invece di darlo come scritto dalla direzione, il Rateri, fingendo d’aver frainteso, ci mise sotto il nome a tutte lettere, e v’aggiunse l’annunzio del nuovo libro del Bianchini, come d’un’opera di aperta e risoluta propaganda socialista. Vari giornali della città riportaron l’inizio e la chiusa dell’articolo. Era il primo scritto in cui egli manifestava formalmente la sua fede, ci si sentiva la passione del settario, e vi tuonava una minaccia: fu uno scandalo.

Ne sentì i primi effetti in casa: sua moglie turbata, sua madre fremente, suo padre afflitto. E quanto al suocero, che era a letto da tre giorni, argomentò quanto dovesse essere furibondo dalla pronta opposizione che fece sua moglie al desiderio espresso da lui, per puro riguardo, d’andargli a far visita, dicendogli che aveva bisogno di riposo assoluto, e che non voleva vedere nessuno. Nello stesso giorno, dopo la scuola, ebbe una chiamata solenne dal Preside.

Trovò il brav’uomo in uno stato di vivo eccitamento, che andava e veniva per la stanza a passo di carica, agitando per aria una lettera e facendo ballare il suo grosso ventre rotondo, da parere che gli si volesse staccare dal corpo. Con accento di condoglianza, più che d’ira, ma con grande serietà, e ansando come per una corsa, egli prese la cosa dal principio, disse delle lagnanze dei parenti, che si ripetevano ogni giorno "insistenti, gravi, amare" -. Il socialismo nella scuola! Non ci manca altro! Son cose senza nome! Ma dove l’è andata la testa, caro professore, dove l’è andata la testa? - E si pigliò la testa fra le mani. Alberto tentò di ribattere, di spiegarsi; ma quello non volle intender ragione. Per lui socialismo, anarchia, Carlo Marx, nichilisti, collettivisti, dinamite e fin del mondo eran tutt’una cosa; non vedeva la gran quistione che a traverso al concetto "del tuo e del mio": il socialismo confonde il concetto "del tuo e del mio"; non si può voler dare a chi non ne ha, senza voler togliere a chi ne ha: non voleva sentir altro: lavoro e risparmio, risparmio e lavoro, ecco l’unica via: del rimanente, egli era socialista cristiano; fuor di questo, non c’era che rivoluzione, barbarie, caos. E rispose ostinatamente: - Ma no, ma no ma no -, a tutte le obbiezioni del giovane, tagliandogli la parola in bocca e dondolando il capo come un pendolo. - Lei confonde le idee del tuo e del mio. Lei va al comunismo. Abbiamo visto gli orrori di Parigi. E poi la storia è là! - E citò. - Veda i Gracchi... veda Catilina... veda i Ciompi... E poi, passino le imprudenze nella scuola, si potevan riparare, coprire; ma l’articolo, un articolo firmato! E con quel po’ di chiusa! Era stata una demenza vera! E venne finalmente alla lettera che sventolava da un quarto d’ora, una lettera uffiziale del Provveditore degli studi, il quale gl’ingiungeva di dare al professore un avvertimento severo, accompagnato dalle dovute considerazioni intorno alle conseguenze possibili etc. E senza lasciarlo parlare, lo spinse dolcemente fuori, tentennando il capo, ripetendogli che per amor del cielo, per amor della sua famiglia e del suo avvenire non commettesse mai più, mai più in eterno di simili pazzie. -Vada, si raccolga, mediti, riconosca la gravità del suo errore... No, signor Bianchini, no, non voglio sentire! Non una parola di più! Non ci sono giustificazioni, non ci sono scuse per queste cose! - Ed era già rientrato nel suo ufficio, che Alberto lo sentì ancora esclamare: - Un professore!... Corbézzoli!

Riconobbe ben presto il tristo effetto del suo "salto del fosso" anche negli amici della sua famiglia; e più che in altri nel vecchio Geri, il quale lo salutò per la strada con la faccia burbera del padrone di casa offeso nella coscienza della sua "funzione sociale" e minacciato direttamente nel suo "stabile". Persino il buon Moretti gli espresse francamente il suo rammarico per l’articolo, e gli fece una paternale seccante, che gli avrebbe strappato di bocca una brusca risposta, se il bambinesco ottimismo della conclusione non gli avesse mutato il dispetto in ilarità. - Male quella minaccia! Male urtar di fronte la borghesia! - Bisognava prendere i borghesi con le dolci, persuaderli che da un grande rinnovamento sociale ci avevan da guadagnare in egual modo tutte le classi, e allora sarebbero cascati nel socialismo a uno a uno, come pere cotte. Ma trovò di peggio fra gli altri amici, non frenati con lui dal riguardo dovuto alla famiglia; i quali gli diedero per la prima volta dei segni manifesti di malevolenza, come se li avesse offesi tutti personalmente. Nondimeno, essendo egli ancora in una corrente di sentimenti benevoli per la propria classe, tentò anche una volta di spiegarsi, di persuadere, di ottenere, se non altro, il rispetto e la tolleranza delle sue idee. Ma s’accorse che era tempo peggio che perso. Nessuno pareva inteso della saggia massima che per combattere lealmente un’idea bisogna attenersi alla formula più logica e più sensata in cui essa s’esprime: tutti combattevano come socialismo tutte le più assurde idee correnti sotto questo nome; facevan tutti la confusione più strana tra socialismo sentimentale e il socialismo scientifico, tra le aspirazioni degli antichi utopisti e le dottrine positive dei pensatori del nuovo periodo. Anche uomini d’ingegno e di cuore, che riconoscevano i mali e desideravano un mutamento, s’inalberavano, diventavano intrattabili all’udire quel nome a cui attribuivano un significato arbitrario. Quant’era vero che "una parola male intesa, piantata in mezzo al nostro cervello, impedisce a mille buone idee di penetrarvi"! E questo osservò nei più culti. Quasi tutti eran rimasti a quell’idea rudimentale del suo Preside che il socialismo significasse: spogliare chi ha poco o molto per vestire chi non ha nulla, dare il governo in mano ai fabbri e ai muratori e mandare i signori alle officine: nessuno lo comprendeva come un principio destinato a rinnovare il mondo economico, e meno ancora come destinato a rinnovare il mondo morale. E persisteva nei più la ferma credenza che non fosse che un movimento effimero prodotto dall’opera d’una consorteria internazionale di sobillatori, del quale non si avessero a occupare che le polizie, e, quando fosse cresciuto, gli eserciti. Lo combattevano ancora, per conseguenza, con tutti i più triti e vani argomenti già smessi, in altri paesi, persino dai suoi avversari di mala fede; argomenti che a lui, non persuaso neppure dalle ragioni gravi e profonde che meditava nei libri degli oppositori più formidabili, sollevavano la bile e paralizzavan la lingua. E quando coi più intimi spingeva più addentro la discussione, s’intendevano anche meno. Gli pareva che tutti vedessero la società falsamente, come per un difetto congenito della vista intellettuale; e vedevano, infatti, come interessi generali e supremi della società gl’interessi della cultura e dell’ordine ristretti a benefizio della propria classe; erano, senz’averne coscienza, perché affermavano il contrario, indifferenti per le condizioni morali e materiali di nove decimi dell’umanità; non esprimevan a questo riguardo una sola opinione che non fosse inconsapevolmente dettata loro dal sentimento del proprio interesse; eran tutti come chiusi e inespugnabili dentro un senso comune fatto di idee subbiettive e transitorie lasciate in loro dal passato, tutti "avevan davanti agli occhi un oggetto microscopico che impediva loro di vedere il mondo". Per questo, anche con gli amici che più stimava ed amava, egli sentì che tutti i legami s’allentavano. Riconobbe che se anche in onta a gravi dissensi in politica, in arte, in filosofia, si può conservare un’amicizia, scansando di comune accordo gli argomenti pericolosi, non si può conservarla quando si dissente affatto intorno all’idea socialista, la quale, abbracciando tutto, crea un dissenso su tutto. Discordando dai suoi amici nei discorsi di patria, di guerra, di letteratura e d’uomini e di fatti e di costumi presenti e passati, su cui quasi tutti i suoi giudizi s’eran capovolti, seguivano ad ogni tratto fra di loro dei silenzi freddi e diffidenti, dopo dei quali la conversazione non ripigliava più cordialmente nemmeno sui soggetti in cui non era possibile la contraddizione. Il vecchio amico con cui parlava era pur sempre quello; ma gli pareva lontano da lui, sulla sponda opposta d’un largo fiume, che né l’uno né l’altro avrebbero potuto più tragittare. E allora, per la prima volta, s’accorse d’aver fatto un gran vuoto intorno a sé, si sentì solo nella sua classe, e fu preso da una profonda tristezza.