Racconti fantastici (Nodier)/Il sogno d'oro/Capitolo III - Il fachiro Abhoc

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Il sogno d'oro - Capitolo III - Il fachiro Abhoc

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Charles Nodier - Racconti Fantastici (1890)
Traduzione di anonimo (1890)
Il sogno d'oro - Capitolo III - Il fachiro Abhoc
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CAPITOLO III.

Il fachiro Abhoc.


L’indomani sopraggiunse nel medesimo luogo il fachiro Abhoc, che fingeva d’andare in pellegrinaggio, ma che cercava di far qualche trappoleria da fachiro.

Siccome s’avvicinava alla sorgente per riposarsi, egli scorse il tesoro, lo abbracciò con un’occhiata e ne calcolò prontamente il valore sulle dita.

— Grazia insperata, esclamò, che il Dio onnipossente e misericordiosissimo accorda finalmente alla mia corporazione dopo tanti anni di prove e che ha degnato di mettere per facilitarmene la conquista, sotto la guardia d’una innocente lucertola da muraglia, e di un povero ragazzo imbecille!

Devo dirvi che il fachiro Abhoc conosceva perfettamente di vista Xaïloun e il ramarro.

— Che il cielo sia lodato in tutte le cose! aggiunse poi sedendo qualche passo più lontano. Addio, abito di fachiro, lunghi digiuni e aspre mortificazioni del corpo, addio! Cambierò paese e vita e comprerò nel primo regno che mi piacerà bene qualche buona provincia che mi procuri grosse rendite. Una volta stabilito nel mio palazzo, non mi occupo in avvenire che di sollazzarmi in mezzo delle mie belle schiave, tra i fiori e i profumi e cullare mollemente il mio spirito al suono de’ loro istrumenti di musica, tracannando vini squisiti nella più grande delle mie aureo coppe. Divento vecchio, e il buon vino rallegra il cuore dei vecchi! Però questo tesoro sarà pesante a portare; e sarebbe male, in tutti i casi, a un riccone come sono, che ha una quantità di domestici e una milizia innumerevole, d’avvilirsi a far il facchino [p. 50 modifica]quand’anche non dovessi essere visto da anima viva. Perchè il principe del popolo s’attiri il rispetto de’ sudditi, bisogna si abitui a rispettare lui stesso. Si crederebbe d’altronde che questo tanghero non sia stato mandato qui per nessun altro motivo che per servirmi; e siccome è più robusto d’un bue, così trasporterà finalmente tutto il mio oro fino alla citta vicina e io gli regalerò la mia tunica e qualche monetuccia all’usanza della gente minuta.

Da questo eloquente soliloquio il fachiro Abhoc ben sicuro che il suo tesoro non aveva nulla a temere nè dal ramarro, nè dal miserabile Xaïloun, che certo era molto più lontano del ramarro dal conoscerne il valore, si lasciò trascinare dalle dolcezze del sonno e s’addormentò profondamente, sognando della sua provincia, del suo harem popolato delle più rare bellezze d’Oriente e del suo vino di Shiraz spumante nelle tazze d’oro.

Questa è la storia del fachiro Abhoc.