Ragguaglio di alcune produzioni naturali dell'agro sanese

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Biagio Bartalini

1799 Indice:Ragguaglio di alcune produzioni naturali dell'agro sanese.djvu botanica/Siena Ragguaglio di alcune produzioni naturali dell'agro sanese Intestazione 25 settembre 2021 100% Da definire


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RAGGUAGLIO

Di alcune produzioni naturali dell’Agro Sanese
scritto ad un Amico

DAL SIG. DOTTORE

BIAGIO BARTALINI

Pubblico Professore di Storia Naturale Chimica e Bottanica.



E
Ccomi, amico carissimo, a ragguagliarvi di quanto ho osservato nel mio breve viaggio. Più volte si è parlato dei cangiamenti accaduti nel nostro globo, e più d’ogni altro l’abbiamo attribuito agli ardenti, ed agli estinti Vulcani.

Per vero dire le diligenti ricerche dei più moderni Naturalisti hanno posto in chiaro un tal fatto, poichè molti tratti di paese altro non sono, che un’ammasso di rigetti vulcanici, come dimostrano le lave, le pomici, le vetrificazioni disseminate in varj luoghi. Guettard ne notò degli estinti nel Regno di Francia. Il Sig. Amilton quando parla dei Campi Flegrei ci assicura, che da Pozzuolo in vicinanza di Napoli sino a Radicofani si trovano da per tutto vestigj di vulcani di già estinti. Il Dott. Festari scuoprì pure nei monti del Vicentino chiarissimi contrassegni di tal fenomeno, ed il Sig. de Saussurre trovò sempre produzioni vulcaniche da Napoli sino a Civita Castellana, come si esprime in una lettera scritta al Cav. Amilton, che averete riscontrata nel XIX. Volume degli Opuscoli di Milano.

Non vi starò a rammentare il numero grande dei Vulcani attualmente ardenti, o di già estinti, che si trovano in Asia, in Affrica, e nell’America per esservi bastantemente noti, e per essere stati minutamente dettagliati dal P. Kirkerio T. I. lib. III. cap. 6, e per ultimo da Faujas de Saint Fond.

Vi dirò soltanto a tal proposito, che più volte ho passeggiata la montagna di S. Fiora, e adesso sono passato ad Acquapendente, e Latera, e di là a Sorano, e Pitigliano, e di continuo ho riscontrato dei sicuri vestigj di tali produzioni vulcaniche. Nel ritorno ho visirato Radicofani, e le sue adjacenze, e dalle osservazioni [p. 2 modifica]fattevi mi sono accertato al maggior segno, che quella montagna gettasse un tempo le fiamme.

Non sono però i Vulcani la sola cagione per cui la superficie della terra ha mutato di aspetto. Le sorgenti d’acque minerali, che colle loro tartaree deposizioni hanno in gran parte incrostata la superficie terrestre, le acque piovane, che di continuo dilavano, ed astergono la medesima, le alluvioni, e cangiamento di direzione dei fiumi hanno a ciò non poco contribuito. A mio credere però una siffatta mutazione è derivata più d’ogni altro da una cagione diversa dalle fin qui accennate; e che io non azzardando di assicurare quale precisamente sia, lascio a voi, che dalle seguenti mie osservazioni lo congetturiate.

Non può negarsi, che nella nostra Europa si trovano sepolti a varie profondità corpi spettanti al regno animale, e vegetabile non proprj di questo clima, ma che nascono, e vivono soltanto nell’Asia, nell’Affrica, e nell’America.

M. di Jussieu racconta di prodigiosa quantità d’ossa d’incogniti animali trovate a gran profondità nell’interno del nostro globo. Il Dott. Giuseppe Monti Bolognese ci dà notizia di una sterminata mascella trovata nel suo territorio, come leggesi in un suo opuscolo, che ha per titolo: De monumento diluviano nuper detecto in aqro Bononiensi, per il che ne deduce, che in Italia ancora si trovano dei corpi non proprj nè del clima, nè di questi mari.

Non tanto i denti, o difese, che dir vogliamo, o sia l’avorio, o lo spodio degli Arabi, ma vertebre, teste, e scheletri intieri d’Elefante sono stati trovati nei più freddi, e rigidi paesi.

Nè la sola Francia è ricca di tali ossamenti, ma la Germania, l’Inghilterra, la Russia, e soprattutti la Siberia, dove per quanto non sia possibile, che nasca, e cresca tal sorta d’animali, sembra nonostante dalla quantità delle loro ossa, che ivi si trovano, esser quello un tempo stato il loro vero ricettacolo.

Alle osservazioni dei sopracitati Naturalisti unisco quanto ho trovato di particolare ancor io nelle nostre campagne cominciando da una ben grossa, e altrettanto ben conservata Vertebra di Balena del peso di libbre 72 che rinvenni in vicinanza dell’altra trovata dal nostro amatissimo precettore Dott. Giuseppe Baldassarri, e che nella sua struttura da quella non differisce.

Altre molte ossa parificate d’incognito animale ho raccolte nelle nostre crete, ma siccome non mi sembrano tali, che meritino le vostre osservazioni, perciò non mi fermo a rammentarvele.

Bisogna dunque, che meco conveniate, che il nostro territorio Toscano è al pari d’altri paesi Europei ripieno d’ossa d’animali stranieri, e segnatamente d’Elefanti, ed in pellicolare il Valdarno di sopra, poichè in ristretto recinto vi si trova copioso ammasso [p. 3 modifica]d’ossa elefantine di varie grandezze d’ordinario penetrate dallo spato, o dal quarzo, a cui trovasi unita della sostanza ferrigna, come l’indicano le superbe dendriti, che in esse si riscontrano.

Devo ancor dirvi, che osservai appese sopra una delle porte laterali del Duomo d’Arezzo due bellissime difese elefantine. Due gran femori elefantini gli vidi nella bella raccolta dell’Accademia di Cortona ritrovate, per quello mi fu detto, in quelle adjacenze, e nella nostra antica Chiesa, detta la Madonna di Fontegiusta, vi è appesa una gran scapola egualmente elefantina.

Accordatemi di grazia breve digressione per rammemorarvi, che è comune opinione, che questo eccessivo numero d’ossa fossili elefantine, che si trovano nel Valdarno siano un residuo di quegli Elefanti, che Annibale condusse in Italia. Polibio per altro nelle sue Istorie afferma, che Annibale passasse le paludi montato sopra un Elefante, che solo gli era rimasto, o queste paludi fossero in Toscana, come pretendono molti Istorici, oppure tra Modena, e Bologna, conforme pretende provare il Cav. Lorenzo Guazzesi nelle osservazioni istoriche intorno ad alcuni fatti di Annibale.

Non sembra dunque verisimile, che gli Elefanti condotti in Italia dal Capitano Cartaginese morissero tutti nel Valdarno, e che la quantità dei loro ossamenti, che vi si trova, ne siano un avanzo.

Ma tornando al nostro proposito ditemi di grazia; non tenete ancor voi per certo, che molti vegetabili indigeni di paesi oltramontani, e oltremarini si trovino petrificati nelle nostre campagne? Sapete bene, che i Sigg. Luid, e Wodvard fecero su ciò molto onore all’Inghilterra per la scoperta fatta di varie piante straniere impresse in più, e diverse pietre. Quelle trovate da M. Mill in Sassonia delineate in egual sorta di pietra gli furon pure di molta gloria. Lo Scheuzzero ha resa celebre l’Elvezia per il prodigioso numero di vegetabili stranieri, trovati espressi in varie pietre. Il Celebre Ferdinando Bassi non ci annunziò egli pure una pietra, sulla quale vedesi espressa una foglia d’esteri paesi, conosciuta dal Rumfio col nome di Quercus Molucca?

Finalmente da M. de Jussieu fu trovata nel Lionese una quantità di piante espresse in varie pietre, ed in più pezzi di carbon fossile, alle quali non fu possibile di trovarne una, che si uniformasse tra quelle indigene di detta regione. Soltanto alcune Usnee, varii Polipodj, Adjanti, Lingue cervine, delle Lonchiti, delle Osmunde si accostavano a quelle, che si hanno dalle Isole dell’America scoperte dal P. Plumier, e Sloane, ed a quelle spedite dall’Indie orientali agl’inglesi coltivate dal Pluknet in diversi giardini.

Che dirò adesso delle straniere produzioni marine, che tuttora troviamo per le nostre campagne?

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E chi non sà, che la celebre Chiocciola scalata abita nei mari dell’Indie orientali, rimarchevole per l’elegante sua struttura, e per l’eccessivo prezzo con cui si compra dai Naturalisti Europei. Quello che fa la rarità di quella conchiglia si è, che gl’Indiani la conservano fra le loro gioje più preziose, secondo che ci racconta Argenville. Eppure nel passare da Quercecchio luogo situato presso la Città di Montalcino ho trovato una Scalata esattamente conservata, ed altre tre furono trovate negli anni addietro dal nostro precettore Dott. Baldassarri, dal fu Dott. Caluri, e dal Reverendiss. P..... Olivetano cui appartiene questo luogo.

Presso Montalcino vi ho trovato molti Palati conosciuti col nome di Bufoniti, che spettano a quel pesce detto il Grondarore, indigeno dei mari del Brasile. Ho meco portato il murex ramosus abitatore della Persia, e della Giammaica, il Turbo terebre propio dei mari Europei, il murex tritonis indigeno dell’Arcipelago, e dell’America, il Dentalium Elefantinum che cresce nei mari Indiani, ed Europei, il murex colus abitatore del mare dell’Indie con molti più, che tralascio descrivervi per non andare troppo in lungo. Nelle nostre crete Sanesi, come alla Coroncina, ed in altro rinomatissimo luogo detto Mont’aperto, non menochè presso la Casa bianca Villaggio dei Sigg. Spannocchi vi ho trovato le stesse marine produzioni, menochè la Scalata. Nell’accennatovi ultimo luogo, non sono rari molti buccini stranieri come potete rilevare dal Rame num. 1, che vi rimetto (Tav. VI. fig. 1, 2, 3, 4, 5) con la loro crepidula segnata lettera A, e di tali crepidule se ne trovano ancora delle isolate, e conservate esattamente, come potete esaminarle a vostro bell’agio.

Finalmente per non più tediarvi passo a descrivervi brevemente alcuni prodotti marini non propri di quello clima, ne di questi mari, e che io ho trovato presso l’ameno Villaggio del Sig. Cavaliere Flavio Bandini, conosciuto col nome di Fagnano.

Tali produzioni, delle quali vi rimetto per adesso nove Rami esprimenti undici figure diverse, le ho trovate racchiuse, ed impresse tra lamina, e lamina di quella pietra scissile intesa da noi col nome di Galestro più, e meno compatto asperso di miche talcose colore d’argento.

Nè m’ingannai quando supposi, che tali sostanze sarebbero appartenute al regno animale e per la loro figura, e perchè in quel contorno mi si presentavano delle conchiglie marino-fossili. Se passerete per detto luogo vedrete un continuo ammasso di dette pietre, ove rimarcherete tra lamina, e lamina quanto vi ho narrato.

Per quella stessa direzione camin facendo presso altro villaggio del Sig. Cav. Cerrerani detto Valdipicciola si trova la stessa pietra, e le medesime produzioni.

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Una congerie di tali prodotti, e la quantità, e varietà loro mi determinarono a farne i ridetti rami, acciò meglio di me ne distinguiate se in Morisone, in Ellis, in Oeder, in Guettard ve ne siano delle consimili. A me sembra, che quelle espresse da Morisone alla Tav. III, sez. 15 fig. 3 pag. 650, e che esso chiama muscus marinus procumbens caule renuissimo, denticulis biogis si accostino molto ad alcune delle mandatevi scolpite in rame, come pure l’altra disegnata da Ellis alla Tav. XIX. lettera A, colla differenza però, che non si trovano nella nostra fossile i denti laterali descritti, ed espressi da Morisone, e che io noto al n. 2 (tav. VI.) fig. 1.

Queste produzioni, come rileverete dagli annessi rami, variano molto nella struttura, e grandezza loro. Una figura, che trovo espressa nel Tom. V. di Guettard Mem. 12 Tav. 3 molto ai accosta alle figure da me fatte disegnare nelle Tavole VII. e VIII. num. 3, 4, 5, e 6, fig. 2, 4, 5 e 7, uniformandosi ancora alla pietra in cui si trova espressa.

Gli altri tre rami poi num. 8, 9, e 10 (Tav. IX. e X.) che racchiudono le figure 8, 9, 10, e 11, come pure il rame num. 4 (Tav. VII.) che comprende la fig.  , siccome non trovo in alcun’Autore che ne abbian fatto menzione, perciò per adesso non mi esterno a dirvene il mio pensiero, ed a quale specie di Polipari possano appartenere.

Non sono molti giorni, che alla distanza di tre miglia fuori della porta Romana, e precisamente in luogo detto i Fuochi facevasi uno scasso non molto profondo in terra meramente argillosa, quando alla mia presenza si sfaldò voluminoso ammasso di detta terra distribuita a lamine, o sfoglie, che dir vogliamo, e fra una, e l’altra lamina osservasi elegantissime foglie del genere del Polipodj, delle Osmunde ec. Mosso da curiosità mi messi a sfaldare minutamente la detta terra, e vi trovai complicati varj Polipari non dissimili ai di già annunziativi, e tutte queste produzioni erano costantemente calcinate, e bianche. Quello che formò il mio maggior piacere si fu il ritrovamento di molti echini calcinati consimili fra loro nella figura, confusamente ammassati con le dette produzioni, e che avendoli confrontati con i riportati da Klen, raffiguro esser simili a quelli disegnati alla Tav. XIII. lettera C. D.

Altre volte vi ho dato notizia, che le crete situate fuori della nostra Porta Romana abbondano di produzioni marine, sieno di quelle spettanti agli univalvi, ai bivalvi, ai turbinati, siano delle altre, che passano sotto nome di Ortoceratiti, ed Ammoniti, come pure non rare vi si trovano le crepidule o isolate, o dentro il suo testaceo, come di già vi ho rimesso il disegno in rame.

Vi unisco per ultimo altri due rami n. 11, e 12 (Tav. XI.) ove sono raffigurate alcune produzioni, che io non saprei decidere e quale specie appartengano, e che trovai tre in quattro miglia [p. 6 modifica]lontano dai Lagoni di Castelnuovo di Valdicecina per la strada che porta al luogo detto la Selva.

In occasione del mio passaggio da questo luogo mi portò la curiosità ad osservare con qualche attenzione la pietra alberese, che ivi si trova, e rilevai, che alla medesima vi erano mischiati dei granelli, come vedrete n. 11 e 12 (Tav. XI.), fig. 12 e 13 fatte incidere a bella posta.

Tali pezzi di pietra non mi parvero dei comuni, onde deliberai di fermarmi in quel luogo per osservarli più minutamente, ma una dirottissima, e continuata pioggia mi costrinse a partire, e non mi permesse se non di raccorne alcuni pezzi per esaminarli doppo il mio ritorno a Siena conforme ho fatto.

A prima giunta credetti, che fossero le così descritte Ooliti, ma varj granelli, che vi trovo legati da sugo spatoso, e che mi sembrano formati di varie sfoglie, o circoli concentrici sino al numero di tre, o quattro me ne dissuasero; molto più poi, che non di rado si trova racchiuso nel centro dei grani più grossi un globettino molto fragile, che nella sua frattura lascia un voto formato di uno, o due circoli, e per quanto in due tavole relative alla descrizione delle Ooliti riportate da Ernesto Brucmanno nel suo trattato, che ha per titolo: Thesaurus subterraneus ducatus Brunsuigii si vedano figurate alcune pietre, che molto si accollano ai pezzi da me trovati, pur nonostante vi trovo qualche singolar diversità, onde non credo possano con sicurezza annoverarsi a quella specie.

Si uniforma ancora in gran parte ai ridetti pezzi di pietra la miniera di ferro limonosa, alla quale pure viene dato il nome di Oolite, come nota lo stesso Brucmanno, e Romé Delisle: ma i varj tentativi chimici che ne ho fatti mi hanno bastantemente persuaso, che sono di una sostanza diversa dalla detta miniera.

Ho rilevato ancora, che non tutti i detti pezzi di pietra sono simili fra loro, ma ve ne sono alcuni composti di un maggior numero di grani, ed i grani stessi sono di mole diversa: per esempio nello stesso pezzo vi sono dei grani della grossezza del panico, e ve ne sono di quelli, che arrivano alla mole di una grossa lente. Ancor questi però sono formati delle medesime durissime sfoglie concentriche in quel numero di sopra espresso, e strettamente legati assieme, colla differenza, che nella superficie esterna sono per la maggior parte appianati, e rappresentano vari circoli. In altro pezzo vi si trovano dei grani, che sono fra di loro ancor più diversi, perchè alcuni hanno una protuberanza in mezzo, come vedesi nel num. 12 (Tav. XI.) fig. 13 lett. A. altri sono divisi da una, o due linee in forma di croce (fig. 13 lett. E. H. K.), altri sono tagliati da più linee, che si partono dal centro si distribuiscono in sfera, e vanno sino alla loro circonferenza, come potete vedere nel [p. - modifica]n. 12 (Tav. XI.) lett. G. e D., ed altri finalmente racchiudono nel loro centro dello spato cristallino, come vedesi (ivi) lett. I. B. C. F.

Per ultimo non ho mancato di rompere alcuni di detti pezzi per esaminarli interiormente, ed ho osservato nel loro centro, per quanto mi è sembrato, dello spato cristallizzato in forma quadrangolare, come potrete rilevare dalla stessa fig. 13 lett. C.

I riscontri, che ho fatto in seguito di questi pezzi di pietra con quelli descritti da varj Autori, e che hanno qualche analogia con quelli da me trovati, mi portano a credere, che siano della specie delle porpiti, giacchè le figure riportate da Guettard Tom. III. delle sue memorie tavola XII., e XIII. non differiscono dai detti pezzi, se non che nella grandezza, e la descrizione, che fanno delle Porpiti Bomare, e Bertrand sembra che confermino il mio sentimento.

Voi che avete buon’occhio per le cose naturali, esaminati che averete questi prodotti, che vi presento, saprete meglio di me conoscere la vera specie, onde vi prego, che mi comunichiate il vostro savio parere.

Mi resterebbe da descrivervi altri prodotti da me trovati, e che meco conservo, tra i quali un Agarico molto singolare, due grosse petrificate Mandibole, un Viperetto petrificato, alcuni Dattili di singolar figura, alcuni cristalli di monte uniti assieme con dei cristalli di Zolfo, un Granchio totalmente petrificato, alcuni Corni d’ammone ripieni di spato bianchissimo, ed in essi elegantemente cristalizzatosi, rilegati, ed impastati con alcune Belenniti nella sostanza del nostro marmo così detto di Caldana, ed alcune altre produzioni, ma contentatevi, che mi riserbi di farlo ad altro tempo, giacchè i ristretti limiti di una lettera non mi permettono che più a lungo vi rechi noja.


Siena 15 Gennajo 1799.



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[p. Tav. II modifica]

[p. Tav. III modifica]
[p. Tav. IV modifica]
[p. Tav. V modifica]
[p. Tav. VI modifica]