Vai al contenuto

Re grande e forte, a cui compagne in guerra

Da Wikisource.
Vincenzo da Filicaja

XVIII secolo Indice:Zappi, Maratti - Rime II.pdf Canzoni Letteratura Re grande e forte, a cui compagne in guerra Intestazione 15 maggio 2025 75% Da definire

Le corde d'oro elette Oh di Figlio maggior gran Madre e Sposa
Questo testo fa parte della raccolta Rime d'alcuni Arcadi più celebri


[p. 185 modifica]

CANZONE III.

Re grande e forte[1], a cui compagne in guerra
     Militan Virtù somma, alta ventura
     Io, che l’età futura
     Voglio obbligarmi a far giustizia al Vero,
     5E mostrar quanto in tes’alzò Natura,
     Nel sublime pensiero
     Oso entrar, che tua mente in sè rinserra,
     Ma con quai scale mai, per qual sentiero
     Fia che tant’alto ascenda?
     10Soffri, Signor, che da sì chiara face,
     Più di Prometeo audace,
     Una favilla gloriosa io prenda,
     E questo stil n’accenda
     Questo stil, che quant’è di me maggiore,»
     15Tanto è, rincontro a te, dite minore.
Non perchè Re sei tu, sì grande sei;
     Ma per te cresce, e in maggior pregio sale
     La Maestà Regale.
     Apre Sorte al regnar più d’una strada:
     20Altri al merto degli Avi, altri al Natale,
     Altri ’l debbe alla spada.
     Tu a te medesimo e a tua virtude ildei.
     Chi è, che con tai passi al soglio vada?
     Nel dì, che fosti eletto,
     25Voto Fortuna a tuo favor non diede,
     Non pallìata fede,
     Non timor cieco; ma verace affetto,
     Ma vero merto e schietto.
     Fatto avean tue prodezze occulto patto
     30Col Regno, e fosti Re pria d’esser fatto.
Ma che? Stiasi lo scettro ora in disparte.
     Non io col fasto del tuo regio Trono,

[p. 186 modifica]

     Teco bensì ragiono,
     Nè ammiro in te quel, ch’anco ad altri è dato.
     35Dir ben può quante in Mar l’arene sono
     Chi può di rime armato
     Dir quant’in guerra e quant’in pace hai sparte
     Opre ammirande, in cui non ha l’alato
     Vecchio ragion veruna.
     40Qual’è alle vie del Sol sì ascosa piaggia,
     Che contezza non aggia
     Di tue vittorie, o dove il giorno ha cuna,
     O dove l’aere imbruna,
     O dove Sirio latra, o dove scuote
     45Il pigro dorso a’ suoi destrier Boote?
Sallo il Sarmato infido, e sallo il crudo
     Usurpator di Grecia; il dican l’armi
     Appese a i sacri marmi,
     E tante a lui rapite insegne e spoglie,
     50Alto soggetto di non bassi carmi.
     Non mai costà le soglie
     S’aprir di Giano, che tu spada e scudo
     Dell’Europa non fossi. Or chi mi toglie
     Tue palme antiche e nuove
     55Dar tutte in guardia alle Castalie Dive?
     Fiacca è la man che scrive;
     Forte è lo spirto, che a più alte prove
     Ognor la instica e muove;
     E quei, che a’ venti le grand’ale impenna,
     60Quei la spada a te regge, a me la penna.
Svenni e gelai poc’anzi allor, ch’io vidi
     Oste sì orrenda; tutt’i fonti, e tutti
     Quasi dell’Istro i flutti
     Seccar col labbro, e non bastare a quella
     65Del Frigio suolo, e dell’Egizio i frutti.
     Ohimè!, vid’io la bella
     Real Donna dell’Austria in van di fidi
     Ripari armarsi, e poco men che ancella

[p. 187 modifica]

     Porger nel caso estremo
     70A indegno ferro il piede: il sacro busto
     Del grande Impero augusto
     Parea tronco giacer del Capo scemo:
     E il genere supremo
     Volar d’intorno, e gran Cittadi e Ville
     75Tutte fumar di barbare faville.
Dall’ime sedi vacillar già tutta
     Pareami Vienna, e in panni oscuri ed adri
     Le spaventate Madri
     Correre al Tempio, e detestar degli anni
     80L’ingiurioso dono i vecchi Padri,
     L’onte mirando e i danni
     Della misera Patria arsa e distrutta
     Nel comun lutto e ne i comuni affanni.
     Ma se miserie estreme,
     85E incendi e sangue, e gemiti e ruine
     Esser doveano alfine,
     Invitto Re, di tue vittorie il seme:
     Di tante accolte insieme
     Furie, ond’ebbe a crollar dell’Austria il soglio,
     90(Soffra, ch’io ’l dica, il Ciel) più non mi doglio.
Della tua spada al riverito lampo
     Abbagliata già cade, e giù s’appanna
     L’empia Luna Ottomana.
     Ecco rompi trinciere, ecco t’avventi;
     95E qual fiero leon che atterra e scanna
     Gl’impauriti armenti,
     Tal fai macello sull’orribil Campo,
     Che ’l suol ne trema. L’abbattute genti
     Ecco spargi e calpesti;
     100Ecco spoglie e bandiere a un tempo togli,
     E ’l duro assedio sciogli;
     Ond’è, ch’io grido e griderò: Giugnesti
     Guerreggiasti, vincesti;

[p. 188 modifica]

     Sì, sì vincesti, o Campion forte e pio,
     105Per Dio vincesti, e per te vinse Iddio.
Se là dunque, ove d’Inni alto concento
     A lui si sporge, spaventosa e atroce
     Non tuona Araba voce:
     Se colà non atterra impeto folle
     110Altari e Torri: e se Empietà feroce
     Da i sepolcri non tolle
     Il cener sacro e non lo sparge al vento:
     Sbigottito Arator da eccelso Colle
     Se diroccate ed arse
     115Moli, e Rocche giacer tra sterpi e dumi;
     Se correr sangue i fiumi,
     Se d’abbattuti eserciti, e di sparse
     Ossa gran monti alzarse
     Non vede intorno; e se dell’Istro in riva
     120Vienna in Vienna non cerca, a te s’ascriva,
S’ascriva a te se ’l pargoletto in seno
     Alla svenata genitrice esangue
     Latte non bee col sangue.
     S’ascriva a te se inviolate e caste
     125Vergini e Spose, nè da morso d’angue
     Vìolator son guaste,
     Nè in sè puniscon l’altrui fallo osceno,
     Per te sue faci Aletto e sue ceraste
     Lungi dal Ren trasporta:
     130Per te, di santo amor pegni veraci,
     Si danno amplessi e baci
     Giustizia e Pace, e la già spenta e morta
     Speme è per te risorta;
     E tua mercè, l’insanguinato solco
     135Senza tema, o periglio ara il Bifolco,
Tempo verrà, se tanto lunge io scorgo,
     Che fin colà ne’ secoli remoti
     Mostrar gli Avi ai Nepoti
     Vorranno il Campo alla tenzon prescritto.

[p. 189 modifica]

     140Mostreran lor, donde per calli ignoti
     Scendesti al gran conflitto,
     Ove pugnasti, ove in sanguigno gorgo
     L’Asia immergesti. Quì, diran, l’invitto
     Re Polono accampossi:
     145Là ruppe il vallo, e quà le schiere aperse,
     Vinse, abbattè, disperse:
     Quà monti e valli e là torrenti e fossi
     Feo d’uman sangue rossi:
     Quì ripose la spada, e quì s’astenne
     150Dall’ampie stragi, e ’l gran destrier ritenne.
Che diran poi quando sapran, che i fianchi
     D’acciar vestiti non per tema, o sdegno,
     Non per accrescer Regno,
     Non perchè eterno inchiostro a te lavori
     155Fama eterna, e per te sudi ong’ingegno;
     Ma perchè Iddio s’onori,
     E al suo gran nome Adorator non manchi:
     Quando sapran, che d’ogni esempio fuori
     Con profondo consiglio,
     160Per salvar l’altrui Regno, il tuo lasciasti:
     Che ’l capo tuo donasti
     Per la Fè, per l’onore al gran periglio:
     E ’l figlio istesso, il figlio
     Della gloria e del rischio a te consorte,
     165Teco menasti ad affrontar la morte?
Secoli, che verrete, io mi protesto,
     Che al verfò ingiuria, e men del Vero è quello
     Ch’io ne scrivo e favello.
     Chi crederà quell’eroico dispregio
     170Di prudenza e di te, che assai più bello
     Fa di tue palme il pregio?
     Chi crederà, che a te medesimo infesto,
     E a te negando il maestevol regio
     Titol, di mano in mano
     175Sia tu in battaglia a i maggior rischi accinto,

[p. 190 modifica]

     Non dagli altri distinto,
     Che nel vigor del senno e della mano,
     Nel comandar sovrano,
     Nell’eseguir compagno; e del possente
     180Forte esercito tuo gran braccio e mente?
Ma in quel, ch’io scrivo, d’altri Allor la fronte
     Tu cingi, e nuove sotto ferreo arnese
     Tenti e più chiare imprese.
     Or dà fede al mio dir. Non io l’Ascrèo,
     185Che già la sete giovanil m’accese,
     Torbido fonte beo,
     Ma Clio la Croce, e mio Parnaso è il Monte,
     Quel Monte, in cui la grande Ostia cadèo.
     Se per la Fè combatti,
     190Và pugna e vinci sull’Odrisia Terra,
     Rocche e Cittadi atterra,
     E gli Empi a un tempo e l’Empitade abbatti.
     Eserciti disfatti
     Vedrai, vedrai ( pe’ tuoi gran fatti il giuro )
     195Cader di Buda e di Bizanzio il muro.
Sù sù, fatal Guerriero: a te s’aspetta
     Trar di ceppi l’Europa e ’l sacro ovile
     Stender da Battro a Tile.
     Qual mai di starti a fronte avrà balìa
     200Vasta bensì, ma vecchia, inferma e vile
     Cadente monarchìa
     Dal proprio peso a ruinar costretta?
     Se ’l ver mi dice un’alta fantasia,
     Te l’usurpata Sede
     205Greca: te ’l Greco inconsolabil suolo
     Chiama: te chiama solo,
     Te sospira il Giordano: a te sol chiede
     La Galilea mercede:
     A te Betlemme, a te Sìon si prostra,
     210E piange e prega, e ’l servo piè ti mostra:

[p. 191 modifica]

Vanne dunque Signor. Se la gran Tomba
     Scritto è lassù, che in poter nostro torni:
     Che al suo Pastor ritorni
     La Greggia, e tutti al buon Popol di Cristo
     215Corran dell’uno e l’altro Polo i giorni:
     Del memorando acquisto
     A te l’onor si serba. Odi la tromba,
     Che in suon d’orrore e di litizia misto
     Strage alla Siria intima.
     220Mira, come or dal Cielo in ferrea veste
     Per te Campioni celeste
     Scenda, e l’empie falangi urti e reprima,
     Rompa, sbaragli, opprima.
     Oh qual trionfo a te mostr’io dipinto!
     225Vanne, Signor; se in Dio confidi, hai vinto.

Note

  1. A Giovanni III Re di Polonia