Regole, ordini, statuti, transazioni e convenzioni della Giurisdizione e Communità di Segonzano/DI SINDICI LIBRO II

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DI SINDICI LIBRO II

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REGOLE, ED ORDINI ROGOLE ALLA REGOLA

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DI SINDICI LIBRO II·

CAPITOLO II.


Delli danni dati dalli Bestiami in le Vigne, Arbori,

e Possessioni.


I. ITem noi statuimo, ed ordiniamo, che li Sindici procurino che se alcuna bestia granda, o piciola mangiarà overo guastarà le Vigne altrui, o altri Arbori che fanno frutto, o à Salgari, o Stropari, siano pagati carentani otto per il padrone delle bestie, overo dal pastore, se il padrone non si potrà convenire dalli Sindici della Communità di Trento: per qualunque pie di Vigna, o Arbor, o Salgaro, o Stropar, mangiato, o rovinato dal giorno, e se sarà daneggiato la notte, pagherà il dopio, e refaci il danno al danneggiato secondo la stima di huomeni dabene nel dopio, e si dia fede a un solo testimonio di buona fede, ed opinione, overo anche si credi al danneggiato col giuramento se è di buona fama, overo si credi al Saltaro se dirà aver visto le dette bestie nella Possessione danneggiata; ma se sarà ritrovata quella bestia nelle biave, o nelle Vigne, in qualche horto paghi carantani otto per ciascheduna bestia, se sarà grande, e se piciola paghi per ciascheduna carantani quattro se sarà di giorno, e se di notte, paghi il dopio, e refare il danneggiato, [p. 6 modifica] e si credi come di sopra. Se si ritroverà bestie danneggiare nelli Prati d'altri paghi carentani quattro per cadauna bestia grande, se farà piciola paghi carantani due, e questo se sarà nel dì, e se sarà di notte paghi il dopio, nelli quali Prati sia solamente lecito pascolar dal primo d'Ottobre fino alli dodeci inclusive del mese d'Aprile, acetuando però li Broili, e gl'altri luoghi che si segano trè volte all'anno nelli qualli nè anche han lecito pascolare. Le qual pene siano la mettà applicate alla Communità, e la mettà al acusatore, e che li Sindici sijno obligati far ragione alla Communìtà sotto pena del dopio, e si credi come di sopra, e se per sorte non si potesse il padrone della bestia per Sindici convenir con ragione, all'hora il fameo delle bestie possi esser castigato nella pena come di sopra, e che il danneggiato possi senza danno pigliar la bestia, che l'ha danneggiato, e ritenerla tanto che sarà sodisfato del danno.

Ed il Saltar, overo padron della robba, trovando in qualonque Possessione un porco, o capra, ò asino, possi senza pena ammazzarli, contuttociò sia anco obligato il padrone dell'animale sodisfare il danno al danneggiato, e la pena alla Communitá, non ostante alcuna usanza di pascolare avanti questa osservata sino alla Festa di San Giorgio, la qual usanza se intende annularsi espressamente per questo Statuto. E così per l'avvenire vogliamo, che sia prohibito, non ostante alcuna usanza, che [p. 7 modifica] niuno con bestie grosse, come sarebbe bovi, asini, vache, cavalli, capre intri nelli Vignali, over Possessioni d'altri, dalli dodeci del mese d'Aprile inclusivè, fino alle Calende d'Ottobre, cioè fino alli primi d'Ottobre sotto le antedette pene, eccettuando pecore le quali possino pascolar nelli Vignali fatte le Vendemie, e nelle possessioni, che non sono seminate, e che il Saltar fatta la denonzia sia obligato avvisar il padrone, al qual è stato danneggiato sotto pena di perder la sua parte della condananza.

Delli huomeni, che non possono tenir bestie nelli pasco-

li della Communità oltre un dì.

CAPITOLO VI.


II. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che procurino, che niuno ò sia forestiero ò terriero ardisca ò pressumi tenir alcuna bestia da carne, sia di condizion si voglia, eccettuando porci nelli communi di Trento, e nelle sue pertinentie, oltre un dì, et una notte, salvo che se quelle bestie volesseron ammazzar, e vendere alla beccaria di Trento, possino senza pena tenerle, e pascolare, riservando anche, che li Cittadini possino per suo uso tenirle, e pascolare, e quello che contrafarà paghi per ciascheduna bestia bovina carentani quaranta, e per piccola paghi carentani otto: la qual pena la metà sia applicata alla Communità, e l'altra metá all'accusatore, e si credi come di sopra. [p. 8 modifica]

Che li forestieri non debbino con qual si voglia bestia

pascolar nelli Communi di Trento.

CAPITOLO VII.


III. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo che procurino, che niuno forestiero con niuna bestia sia di che sorte si voglia, ardisca ò presuma pascer, over pascolar nelli Communi di Trento, oltre un dì, ed una notte, come di sopra è detto, sotto pena di carentani quaranta per cadauna bestia bovina, e carentani otto per ogni picciola; la qual pena la mità sia applicata come sopra, salvo, ed eccetto che queli della Diocese di Trento, che sono consueti il tempo delle fiere pascolare con le sue pecore sopra quelli Communi, questi possino senza alcuna pena pascolare con le sue pecore sopra li antedetti Communi dalla Purificazione della Madonna sino alla Festa di San Giorgio, secondo però la volontà delli Consoli, Proveditori, e Cittadini di Trento. E non ardiscano in detto tempo sopra li divisi pascolare sotto l'antedetta pena, e si credi come di sopra, ed la pena sia applicata come sopra.


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Di quelli che vendono il Vino a mossa, e tengono

false misure.

CAPITOLO XXXII.


IV. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che ciascheduna persona che vende Vino alla menuta nella Città territorio, e distretto di Trento, sia obligato, e debbi misurare, e vendere con giusta misura commune di Trento, e non con bichieri, e dar buona, e giusta misura, e quello che contrafarà sia castigato, e condannato per ciascheduna volta che averà contrafatto in carentani due, e ciascheduno sia l'accusatore, e abbia la metà della pena, e se l'accusatore sarà officiale giurato gli sia creduto, e se non sarà official giurato, si credi con il giuramento, e si credi a un testimonio solo.

Delli Bettoglieri, ed altre persone, che vendono Vino

alla minuta, e che tengono scarse misure.

CAPITOLO XXXIII.


V. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo che se alcuno Bettogliere ò Bettogliera, overo venditor di Vino alla minuta sarà ritrovato tenir nella sua Bettola falsa misura in dar Vino sia castigato, e condannato in cinque lire di monetta Trentina, ed applicarli alla Communità per [p. 10 modifica]

ogni volta, che sarà ritrovato, e ciascheduno possi acusar, e abbi la metà della pena predetta, e si credi al official giurato, e se l’accusatore non sarà official giuriato si credi a quello con giuramento, se sarà di buona fama, overo si credi a un testimonio di buona fede.

Delli Bettoglieri che tengono boccali, e stagnate minori

della commune mesura.

CAPITOLO XXXIV.


VI. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che se alcun Bettogliere, e ciascheduno che vende Vino alla minuta, tegneranno nella sua bettola alcuna copa ò bichiero di minore misura commune di Trento sia condannato in carentani due per ogni uno, e per ogni una volta applicadi alla Communità, e ciascheduno sia l'accusatore, abbi come sopra.

Che li Molinari non debbano pigliar oltre la sua

moltura consueta.

CAPITOLO XXXXVI.


VII. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che li Molinari non debbano pigliar moltura de biade sia di chi voglia, oltre quello che è affermato e statuito, cioè di sedeci l'uno, e quello che contrafará per cadaun, e cadauna volta che [p. 11 modifica]

sarà contrafatto sia condannato in carentani vintiquattro, applicadi al Commun, e ciascheduno sia l'accusatore, e abbi parte del detto bando, e se non potrà paghar, sia posto in berlina, e rimanghi ad arbitrio delli Sindici, e si credi al querelante col giuramento, se sarà di buona fama, e opinione, e ancosi al querelante come di sopra, se dirà la farina esser destrutta, ed il Molinaro refaci detta farina, e per la terza volta, che ritrovato in fallo sia scovato, e privato del suo esercizio di masnar.

Che li Molinari tenuti à masnar a tutti quelli,

che si ricercano.

CAPITOLO XXXXVII.


VIII. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che ogni Molinaro, che sarà da qualunque persona ricercato, sia obligato doppo il terzo di, che sarà dimandato a masnar, anche che fosse solamente mezzo star di biada da masnar, e questo sotto pena di carentani quaranta la qual pena sia applicata l'amità alla Communità, e l'altra mità all'accusatore, tante volte sará da esser commessa, e levada, quante sarà contrafato, e si credi a quello, che vuol dar a masnar col sacramento. [p. 12 modifica]

Che ogni Capo di massaria sia obligato à sentir Messa

ogni festa grande nella Chiesa Cattedrale.

CAPITOLO L.


IX. 
I

Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che ogni Capo di massaria maschio, e femina sia obligato sotto pena di carentani otto, li trè giorni festivi della Natività, nella Festa della circoncisione, delle Pentecoste, della Resurrezione del Signore, della Ascensione, le quattro Feste della Beata Vergine, tutte le Feste degl'Appostoli, la Festa di Sant' Vigilio, e Santa Massenza, ed ogni Domenica la mattina almeno una messa sentir nella Chiesa Cattedrale, e le dette pene siano applicate alla fabrica di essa Chiesa.

Che le misure si tenghano giuste.

CAPITOLO LI.


X. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che ciascheduna persona debbi aver, e tener giusti bichieri, orne, brente, stari, mozi, galede, quartaroli, stari dall'oglio, e stari, e quarte dalla biada, e della sale, passi passeti, ed ogni altra mesura, stadere, pesaroli, piombi, pesi, lire, onze, balanze, ed ogni altra pesa, ne debbino mesurar, nè pesar, se non saranno [p. 13 modifica]

bolate con il bollo della Communità ò di Sindicis ò de altri de loro, e quello che contrafarà, e tenirá falsa mesura ò peso, averà, e darà, paghi lire dieci di danari de Trento per ogni volta, la qual pena l'amità sia applicata alla Communità, e l'altra parte all'inventor, overo accusator, la qual pena se non potrà pagar quello, che in essa incorrerà, sia posto in fondo di Torre, ed ivi stia per trè mesi.

Che non si tenghi appresso il pericolo del foco, ne sarmente

nè strami, nè paglie.

CAPITOLO LII.


XI. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che niuno non debbi in alcuna casa nella qual fà foco, tenir appresso, e circa, overo sopra il foco tenir sarmenti, paglie, feno, e strami, e cose simili dalle quali facilmente possa nascer rovina de foco, e quello che contrafarà paghi lire cinque alla Communità, per cadauna volta. E che li Sindici, e Proveditori della Città debbino spesse volte aver l'occhio alle predette cose, e procurino, che se vadi a veder per le case, e luoghi pericolosi al foco.


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Che non si porti pali sopra le spale, fori delle Vigne.

CAPITOLO LIII.


XII. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che niuno doppo che le Vigne sono podate, e palificade, non debbi, nè palli, nè late delle Vigne, ò siano proprij, ò d'altri, pigliar, nè a vender, nè da portar a casa, sino ad altro tempo, che si poda, se anco avesse licenza dal padrone del Vignal, la qual non puol dar, e quello che contrafarà paghi ogni volta delli suoi palli carentani quattro alla Communità, e se sono d'altri, e sia dal dì paghi carentani otto, se sarà di notte paghi il dopio, e refaci il danno al danneggiato, la qual pena l'amità sia applicata alla Communità, e l'altra metà all' accusatore. E nelli premessi abbino a procurar, e proveder li Sindici, ed i loro officiali, e si credi al Saltar, overo a un testimonio di buona fama, ed opinione, e si credi anco al danneggiato, se giurerà lui aver visto, e che li guardiani delle porte siano obligati di tor, e pigliar simile legne alle porte, sotto pena del dopio, e se pigliaranno le legne abbiano l'amitá della pena sopra imposta. [p. 15 modifica]

Delle Uve rubbate, e tolte dalli vignalli, e lochi d'altri

senza licenza del Padrone.

CAPITOLO LIV.


XIII. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che quello il quale ladronescamente dalli vignalli d'altri, overo orto, ò altre possessioni, Uva, ò altri frutti piglierà, paghi carentani quattro per ogni Uva nel dì, nella notte il dopio, e similmente grossi quattro per ogni pomo, ò pero, ò figo, e refaci il danno al danneggiato, la qual l'amità sia applicata come sopra, e se non averà da paghar, overo non potrà, sia posto alla berlina per un dì, e si credi come di sopra, e detto delli palli. Se anche in una volta piglierà dieci Uve, pomi, peri, ò fighi, paghi lire cinque, e per la seconda volta, paghi lire dieci di bona moneta, e per ogni volta sia messo alla berlina; Ma se il luogho sarà circondato da muri, ò di cese all'ora incorra nella penna doppia antedetta, nè si credi al padrone del luogho protestando lui aver dato licenzia avanti il fatto, se non giurerà lui aver dato la licenzia.

Delli Saltari che robbano le Uve.

CAPITOLO LV.


XIV. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che se qualche Saltar delle vigne ladronescamente [p. 16 modifica]

rubbasse Uve, ò altri frutti, e quelli, ò quelle venderà, ò donerà maliciosamente essendo nella saltaria paghi carentani dodeci, per ogni Uva, e per ogni pomo, pero, figo alla Communità se de dì, se di notte paghi il dopio, e refaci il danneggiato nel dopio, e se non potrà paghar sia posto in berlina, ed ivi rimangha al arbitrio delli Sindici, e Consoli, secondo che ricerca il delitto, e se insieme in una volta robbarà dieci Uve, pomi, fighi, o peri, paghi come nel prossimo Statuto, e sia posto in berlina e sia bandito per cinque anni, e la pena sia duplicada, se saranno luoghi circondati, nè si credi al padron della licentia, come di sopra nel prossimo Statuto. Item, è se il Saltar non provederà diligentemente, e ricercarà quelli, che fanno danno ò fraude nella sua, ò altra Saltaria, sia condannaro in carentani vintiquattro, e restituisca il danno al danneggiato nel dopio, e se non potrà paghar sia posto alla berlina, e si credi come di sopra è detto delli palli, e se non saprà nominare il danneggiante, e non sij in colpa, all' hora refaci solamente il danno al danneggiato.

Di quelli, che robbano erbe da mangiare, ò rave.

CAPITOLO LVI.


XV. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che chi robberà rave, ò erbe da mangiar, o rose, zei e [p. 17 modifica]

simili dalle Vigne ò horti serati, pratti, o terre aliene paghi lire doi di Marano, se li frutti rubbati valeranno grossi due, o manco de grossi due; mà se valeranno più la pena sia di quattro lire, e la berlina, se de dì, se di notte il dopio, e refaci al danneggiato nel dopio, e messo alla berlina, come sopra, ed ogni uno possi accusare, e abbi l'amità del bando, e si credi a un testimonio di bona fama, ed opinione, e si credi come di sopra delli palli.

Di quelli che tagliano le stropaje d'altri.

CAPITOLO LVII.


XVI. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che ogni uno che taglierà, o romperà, ò bruscarà le cese, spini ò seche, ò verde. Quelle porterà via paghi mezzo Ragnese, nel dì, nella notte il dopio, restituisca il danno al danneggiato, e se non pagherà la pena incorsa ò non possi paghar, sia posto in berlina, e sia tanto come sopra, e si credi come sopra de palli.

Di quelli che romperanno porte, overo seradure de

horti ferati.

CAPITOLO LVIII.


XVII. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che ciascheduna romparà, ò levarà via porte [p. 18 modifica]

altrui delli horti seraie, vignali, overo campi, ò seratura, ò serature, piglierà, paghi lire dodeci di bona moneta, se sará nel dì, nella notte il dopio, e sia posto alla berlina, e sia bolato, e stia nel bando per anni trè, e refaci il danno al danneggiato, e si credi come, e detto di sopra delli palli.

Di quelli che saranno ritrovati nelli horti, ò seraie

d'altri.

CAPITOLO LXL.


XVIII. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che se alcuno sarà ritrovato nelli horti, prati, seraie, over vigne serate al tempo dell'uva, nel qual tempo ci siano dentro li frutti, herbe, ed in quelli andará senza licenza del padrone di dette cose, o faci danno ò non faci, paghi alla Communità mezzo Ragnese, e refaci il danno al danneggiato, e si credi come di sopra delli palli.

Di quelli che rubbano legumi, ò biave fora delli horti

d'altri

CAPITOLO LX.


XIX. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che se alcuno fora delli campi d'altri portarà legumi, ò biave d'alcuno, se la cosa rubbata arivarà a dodeci grossi, ed in frà, paghi, se sarà dal [p. 19 modifica]

di un Ragnese, e se di notte il dopio, e refaci il danno al danneggiato. Ma se passerà la summa de grossi dodeci, sia la pena lire dieci di Marano nel dì, e sia messo alla berlina, se di notte paghi il dopio, e oltre di questa sia bolatto, e si credi come sopra di palli.

Che niuno faci herba nelle Possessioni d'altri.

CAPITOLO LXI.


XX. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che niuna persona ardisca ò presuma far herba alcuna nelle Possessioni d'altri, sotto pena de grossi dodeci, per ogni sasso, e per ogni volta dal dì, se di notte il dopio d'applicarsi al Comun, e se non potrà paghar, sia posto alla berlina, e stia per un dì, e si credi come sopra di palli.

Di quèlli che faranno panigali, ò meiare d'altri.

CAPITOLO LXII.


XXI. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che se alcuno sarà, over torà fora delli campi d'altri panigali, ò meiare ò forgali, se sarà de dì, paghi al Commun carentani dodeci, se di notte paghi il dopio, e se non potrá paghar sia posto alla berlina per un dì, e si credi come sopra di palli. [p. 20 modifica]

De' Saltari, che cometteranno fraude nella sua saltaria.

CAPITOLO LXIII.


XXII. ITem statuimo, ed ordiniamo, che se alcuno Saltaro ò di campagna, ò di vignali, ò de prati, cometterà fraude nella sua saltaria, ò da alcuno piglierà precio, over dono per occassion di lasciar pascolar bestie ò far erba nella sua saltaria, ò piglierà prezio, o dono ò per amore, o per qualunque altra causa, non accuserà, o denuncierà il danno, e li donatori sia condannato in trè lire de denari de Trento, ed si credi come sopra di palli, e refaci il dando al danneggiato, nel dopio, e niente di meno sia posto alla berlina.

Di quelli che toranno herba, ò feno fora delli prati

d'altri.

CAPITOLO LXIV.


XXIII. ITem statuimo, ed ordiniamo, che niuna persona debbi far, nè tuor herba, nè feno in niuno prato d'altri, ò Possessioni, se non fusse nelli prati Communi, e quello che contrafarà paghi per ogni cargha, o sasso, lire due de Marano, nel dì, nella notte il dopio, e refaci il danno al danneggiato, nel dopio, e se non potrà paghar sia posto alla berlina per un [p. 21 modifica] giorno, e per la seconda volta sia la pena di lire quattro, e un dì alla berlina, e quello che farà herba, o feno nelli terreni communi prohibiti, paghi solamente al Commun per ogni volta, e si credi come sopra di palli.

Che il letame, ed altre sporchizie si debbano levare.

CAPITOLO LXVII.


XXIV. ITem statuimo, ed ordiniamo, che procurino, che il ledamo, e le altre sporchizie, che sono nelle strade publiche di inverno, cioè dopo la festa di San Michele, sino alla festa dell'Annunciatione, siano levate fora del logo in termine di sei dì, dappoi che sono ivi, o sarà poste; Mà nell'está dalla festa dell'Annunciation, sino alla festa di San Michele infrà trè dì, sotto pena di lire cinque, tante volte, quante contrafarà, applicando la metà all'accusator, e che nelle piazze non si meti letame solo quel dì, ed il seguente dì sia levato via, sotto la pena predetta per ogni dì.

Delli Bojari, ed altri lavoranti, che hanno promesso di

servir, e quelli che saranno tolti a opera.

CAPITOLO LXVIII.


XXV. ITem statuimo, ed ordiniamo, che se qualche bojaro prometterá de servir col [p. 22 modifica] carro a qualcheduno, o qualche lavorante prometterà di servir, e lavorar a qualche persona, e di poi non anderà come hà promesso il bojaro paghi al Commune charentani quattro, ed il lavorante paghi carentani due, e quello, il quale prometterà il prezio d'un giorno, eccettuando però se avesse fatto con giusta causa, e quello al quale prometterà di servir.

Di quelli, che caveranno le strade, overo vie

publiche.

CAPITOLO LXX.


XXVI. ITem statuimo, ed ordiniamo, che se qualche persona caverà, overo guasterà con zappe, paldeferri, over con ogn' altro istrumento, o modo senza causa legitima qualche strada, o vie publiche, over metterà acqua per le strade, sia castigato, e condannato in trè lire di bona moneda da Marano, per cadauno, e cadauna volta, e refaci le vie destrutte, la qual pena la mità sia applicada al Commune, e l'altra metá all'accusatore, e si credi a quello, over a qualunque altro testimonio, se sarà di buona openion, e fama, con giuramento.


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Delle prove contra li Beccari, Bettoglieri, Molinari,

ed altre persone.

CAPITOLO LXXI.


XXVII. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che in tutti li soprascritti Statuti, che fanno menzione de beccari, di pescadori, di molinari, delle biave, delle mesure, che siano giuste, e de quelli, che danneggiano le Possessioni d'altri si credi al danneggiato col sacramento, se sarà di buona fama.

Di Vachari, e Cavallari da esser constituidi.

CAPITOLO LXXIII.


XXVIII. 
I
Tem, che essi Sindici procurrino di meter, constituir al debito tempo, e solito vachari, cavallari, Saltari secondo l'anticha consuetudine osservata in Trento, e niuno sia admesso a questi officii se non darà sicurtà idonea di governarsi bene.

Delle misure delle scandole.

CAPITOLO LXXIV.


XXIX. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che li Sindici solecitano, over procurino, che le [p. 24 modifica]

scandole, che si conducano a vender siano, e debbano esser di longhezza de piedi due, e mezzo alla mesura di Trento antichissima, e quello, che ne portarà di minor mesura, ò condurrà, paghi alla Communità carentani otto per ogni fasso, il qual fasso anco deve esser cento scandole.

Del numero de Cerchij.

CAPITOLO LXXV.


XXX. ITem noi statuimo, ed ordiniamo, che li cerchij delle castellade, e delli bottesini picioli siano per ogni fasso trenta, e li altri cerchij per ogni altro vaso eccettuando ceuri, ò tinaci, siano almeno al numero di vintiquattro per mazzo, over dodeci per ogni fasso, e quello, che ne condurrà di minor numero, paghi, ed incorra nella pena predetta, e perda li cerchij, d'ogni sorte debbano radoppiarsi un brazzo dalla stropa, dove se ligano, sino alla ponta, sotto l'istessa pena.

Del numero delle Strope.

CAPITOLO LXXVI.


XXXI 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che le strope tagliate per ligar li cerchi per ogni mano siano almeno vintisette, sotto pena de grossi due per ogni mano. [p. 25 modifica]

De' marchati, over salarj de lavorenti, over opere.

CAPITOLO LXXXII.


XXXII. ITem statuimo, ed ordiniamo, che essi Sindici procurino, che niuna persona ardisca, ò presumi, dar, e paghar li laurenti delle vigne, cioè huomeni, donne, putti da sedeci anni in zo, per loro faticha, o mercede, oltre il prezio infrascritto secondo li tempi, infrascritti destinti, e limitadi con le spese secondo il stile della Città di Trento consueto a paghar, nè anche essi lavoradori, donne, putti, ardiscano, o presumino, nè dimandar, nè tor per le loro fatiche, e mercedi, oltra il prezio infrascritto, sotto pena di carentani quaranta per ogn' uno, se per ogni volta, che sarà contrafatto, tanto dal condutor, quanto dal condotto, la qual pena l'amità sia applicada alla Communità, l'altra all'accusatore.

Primo delli mesi Marzo, Aprile, Settembre, Ottobre, non si paghi, nè pigli oltre quattro carentani per ogni homo, e per ogni dì due carentani per donna, e per ogni putto del età predetta.

Item li mesi di Marzo, Giugno, Luglio Agosto, non si paghi, nè pigli oltra cinque carentani per ogni huomo, e per ogni dì, ed oltra carentani trè per ogni donna, e per ogni putto dell'età perdetta. [p. 26 modifica]Item li mesi di Novembre, Decembre, Gennaro, Febraro, non si paghi, nè pigli oltra carentani trè per ogni huomo, e per ogni dì due carentani per ogni donna, e per ogni putto dell'età pernominada.

Salvo quello, che liga, ò zappa le vigne da ogni tempo, senza pena possi dar, e pigliar carentani cinque per ogni huomo, e per ogni dì, e non più sotto la predetta pena.

Della solecitudine di conciar le vie, e ponti.

CAPITOLO LXXXIV.


XXXIII. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che essi Sindici procurino che le strade, ponti, rozalli, e simili siano accomodati, ed à far questo possino comandar alli maestri del murar, bojari, e che questi siano pronti in comodar, e conciar sì come a loro parerà esser espediente, e possino castigare, e fargli pena di carentani sedese al dì, e scoder da quelli che contrafaranno la qual possino accrescere fino a lire dieci, e niuno al qual sarà comandato possi escusarsi sotto pretesto di qualche privilegio ò per altra causa, che non sia comparso dandogli però la sua degna mercede, e se li Sindici in far quello che è predetto saranno negligente, da poi che sarà a loro notificato all'hora essi incorreranno nella pena di lire cinque, applicando la metá alla Communinità, e l'altra all'accusatore. [p. 27 modifica]

Di quelli che carezano per le altrui Possessioni.

CAPITOLO LXXXV.


XXXIV. ITem statuimo, ed ordiniamo, che se alcuno intrarà carezando in alcuna Possessione d'altri senza licenza del padrone della Possessione sia condannato in cinque lire di bona moneda, per ogni volta, che averà carezado, la qual pena l'amità sia applicada al Commune l'altra metà al padrone della Possessione, e si credi a un testimonio, over anche al padrone della Possession, però col giuramento, ed il danno sia refatto al danneggiato.

Li stari, brente, ed altre mesure siano giustade, e

bolate.

CAPITOLO LXXXVI.


XXXV. 
I
Tem noi statuimo, ed ordiniamo, che li stari, brente, conzale, galede, quarte, quartaroli, pesaroli, stadere, balanze, onze, passeti, e similli siano giusti, e bolati almeno due volte nell'anno, e specialmente il mese di Settembre, ed il mese di Marzo, ò tante volte quante parerà esser espediente, e che le mesure, e pese debbano esser eguali à quelle di Trento. [p. 28 modifica]

Che le bestie magnabili, e vitualie non siano straportate

fori del distretto di Trento.

CAPITOLO LXXXXI.


XXXVI. 
I
Tem statuimo, ed ordiniamo, che niuno non debbi condur ò far condur fora del distretto di Trento, e suo Vescovado, senza licenza delli Consoli, e Proveditori di Trento, niuna bestia viva ò morta, nè le pelle, nè li corami, ò concii, o da conciar, nè formai, nè smalzo, nè sevo, nè grasso, nè altre cose mangiabili, accettuando quelle le qual se conducano fori del distretto di Trento in altre. Parte per transito non pregiudicando però alle ragioni è consuetudini antiche, permettendo il qninto, per li forestieri, e l'amitá per li Cittadini, e distrettuali, e quello che contrafarà perdi le robbe, e ciascheduno sia l'accusatore, ed abbi la quarta parte del banno, e si credi a un solo testimonio de bona fama, ed openion, salvo, che dalli mercati generali possino condur via animali vivi, e non morti, li quali siano comprati nella piazza di Trento senza malizia, e fraude in quelli quattro mercati generali della Città di Trento, di sopra espressi nelli altri Statuti, e che niuno official possi dar licenza de condur contra al detto Statuto sotto la predetta pena l'amitá della qual sia applicada alla Communità, l'altra all'accusatore.