e supponiamo che delle relazioni necessariamente sussistenti fra le funzioni lineari u, alcune soltanto, e non già tutte, abbiano la forma delle equazioni (4) del detto §, e precisamente sieno le seguenti:
(2)
,
,
,
dove m è un numero intero che non può mai essere maggiore di n, nè minore di 2. In questo caso l’equazione (1) non ha che m radici variabili colla posizione del punto e rappresenta quindi la tangente variabile di una linea razionale della classe m. [p. 30modifica]
Eliminando le quantità essenzialmente arbitrarie, comprese fra le A e le a, dalle equazioni che si ottengono dalle (2) eguagliando separatamente a zero, in ciascuna, i coefficienti di x, y, z, rimangono
relazioni fra le sole coordinate delle rette . Di queste rette sono dunque arbitrarie: ogni altra retta deve soddisfare ad una condizione per entrare a far parte d’un’equazione della forma (1), cioè per essere tangente d’una linea di classe m già toccata dalle prime rette.
Ora una linea razionale tangenti di classe m è determinata da tangenti arbitrarie1: dunque l’equazione (1), accompagnata dalle relazioni (2), è atta a rappresentare la tangente variabile di qualunque linea razionale di classe m, colla sola condizione che il numero delle rette sia sempre maggiore di m.
Quando m è , le relazioni (2) non costituiscono che una parte delle relazioni lineari che devono sussistere fra le funzioni u. Ne rimangono ancora , della forma
,
dove le c sono costanti individuate, relazioni delle quali si deve tener conto al bisogno.
Le equazioni (2) si possono, col processo nel § precedente, compendiare in una sola:
indicato
(3)
,
dove
,
e è una funzione intera di , del grado , a coefficienti arbitrarii.
Quest’equazione può servire alla determinazione di delle [p. 31modifica]funzioni u per mezzo delle rimanenti . Se, per fissare le idee, si vogliono esprimere le funzioni
Nelle due somme fra parentesi si può scrivere in luogo di , e, siccome la funzione è d’ordine inferiore a , si può applicare alle somme stesse il lemma (II). Si ottiene così
ossia finalmente
(5)
.
Da questa identità risulta che l’equazione primitiva (1), fra le rette , , equivale a quest’altra
dalla quale è reso evidente che, ammesse le relazioni (2), il primo membro dell’equazione (1), liberato dai denominatori, si spezza [p. 33modifica]effettivamente in due fattori, l’uno dei quali è il primo membro del
l’equazione (6), pure liberato dai denominatori, e l’altro è il prodotto dei fattori lineari corrispondenti alle radici fisse , . Questo secondo fattore può essere soppresso, in quanto è indipendente dalle coordinate x, y, z del punto variabile, e così riesce manifesta l'equivalenza delle due equazioni l'una fra , l'altra fra sole rette.
Notiamo ancora che se nella seconda di queste due equazioni, cioè nella (6), si fa , dove p è un indice , l'equazione stessa diventa
cosicchè si riconosce, anche a posteriori, che la nuova equazione (6), benchè non contenga più, esplicitamente, le rette , , non cessa tuttavia di riprodurne le equazioni in corrispondenza ai valori , di .
Per mostrare con un esempio l'utilità di questo processo, consideriamo il caso di una linea della 3a classe individuata da otto sue
tangenti , , e partiamo dall'equazione
.
Facendo
P(A) = (λ — 2¹)(λ — λ¹) (λ — 2¹¹) (2 — 2¹³) ,
x(2) = (λ — a¸ ) (2 — a¸) ( 2 — a ‚ ) (λ — a¸ ) ,
risulta da quanto precede che quest' equazione ad otto termini è ridu
cibile alla seguente a soli quattro :
-(aa )(α - a¸) ( α,k — a, ) (a, — αz8 )
Aµ µµ
--2
(a —·λ¹
2¹ )(α
) (a , — 2¹)(a, —— 2¹¹¹) ( aµ — 2¹) λ — a
0.
Se si introduce ora una relazione lineare arbitraria fra le quattro fun