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Ricordi di una festa (canto di Rodolfo)

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1846 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti Ricordi di una festa (canto di Rodolfo) Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Solo alla mite rondine il suo nido fa Dio trovare Una serata d'inverno
Questo testo fa parte della raccolta VII. Dalle 'Passeggiate solitarie'
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III

RICORDI DI UNA FESTA

(canto di rodolfo)



     Strappa, o gentil, dall’anima
strappa l’immagin mia,
s’ella vi resta ancor.
     Un dolce moto, un palpito
5fatal di simpatia
non ci seduca il cor!


     Spesso d’infauste lacrime
amaro fonte arcano
questi occhi miei solcò,
     10Nei concitati gaudi
d’un mondo iniquo e vano
piú confidar non so.


     Talché nel cor mi restano
della tua cara voce
15i suoni, e gli occhi, e il vel,
     come di fiori un pallido
serto alla ferrea croce
di sconosciuto avel.

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     Ma nelle dubbie tenebre
20perché mi segui ancora,
o immagine gentil?
     Deh! co’ miei tristi vesperi
non mescolar l’aurora
del tuo ridente april.


     25Eppur m’ascolta. Un tremito,
quand’io ti penso, il viso
trascolorar mi fa.
     Ah! perché mai gli oceani
da me non han diviso
30questa fatal cittá?


     Io de’ giocondi vortici
m’infusi al rapimento,
te sola a ricercar!
     Le strette consapevoli
35della tua man risento,
e gelo in ricordar.


     Di quelle tante fiaccole
com’eran foschi i rai,
indifferente il suon,
     40smorte le gemme e gli abiti,
quando, amor mio, trovai
della tua voce il don.


     Voluto avrei degli angeli
i guardi e la favella,
45cara, per darli a te,
     e un nome eccelso, e il fascino
d’una persona bella,
e lo splendor d’un re.

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     Ma solo un cor restavami
50da molte pene afflitto,
e non tel volii offrir.
     L’arbor avvezzo ai folgori,
deve solingo e ritto
sui monti isterilir.


     55Ma che tremori insoliti,
che gioie intense e amare
potesti in me svegliar,
     lasciando con lunga estasi
le tue pupille care
60su me, in silenzio, errar!


     Tutto da noi nell’aere,
tranne le nostre salme,
tutto vid’io vanir.
     Da quella cara ed intima
65comunion dell’alme
chi ci potea rapir?


     Non bieche larve, o strepito
d’armi, o vulcani ardenti,
o pelaghi in furor;
     70non dei temuti arcangeli
le tube onnipotenti
nel giorno del Signor.


     Cara!... Talor si volgono
momenti di dolcezza
75cosí profonda al cor,
     ch’egli vorría dissolversi
in quell’immensa ebbrezza,
come per vampa il fior.

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     Momenti inenarrabili!
80or son passati; e forse
non torneran mai piú.
     Sol Dio può far rivivere
l’ore per noi trascorse,
cara! non io, né tu.


     85Fuggi ed oblia. Terribili
potenze in noi dispose
bieca fortuna e amor;
     siam fulminati démoni,
cinti i capei di rose,
90ma con l’abisso in cor.