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Ricordi storici: i fatti delle Calabrie nel Luglio ed Agosto 1860/XII

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Mentre Garibaldi si preparava con ogni mezzo a compiere l’annunziata impresa, che dovea cancellare dagli Stati d’Europa il regno di Napoli, il Ministero, da parte sua, facea ogni pos[p. 45 modifica]sa per facilitargli il cammino. Il giovine re condiscendente sempre, sperava non già nel valore dei suoi soldati, su cui certo poteva contare, ma sulla devozione dei generali, ch’egli avea colmi di benefizi, e sulla lealtà del Re Vittorio Emmanuele, con cui i suoi rappresentanti aveano aperte le trattative della lega. Ma mentre il Cavour facea buon viso agl’inviati napoletani, senza promettere cosa, che il potesse vincolare, mandava a Napoli, oltre gli emigrati, il Finzi, il Visconte Venosta, Ribotti e varî altri, perchè di concerto col Villamarina e col Persano, a cui avea aperto credito illimitato sulla casa De Gas, promovessero ad ogni modo la rivoluzione, anche pria dell’arrivo di Garibaldi.

E in questo senso scriveva Cavour all’Ammiraglio, che riferisce per intero la lettera in data 3 Agosto, riportata nella seconda parte del suo diario. »Faccia quanto può per far scoppiare il moto in Napoli prima dell’arrivo del generale Garibaldi, non solamente per spianargli la via, ma anche per salvarci dalla diplomazia. Ove poi giungesse prima, prenda senza esitazione il comando di tutte le forze navali, tanto del continente quanto della Sicilia, andando d’accordo col generale, ma anche senza il suo consenso, ove occorre.

A costoro egli il Cavour credette aggiungere potente ausiliario il Nunziante, favorito in Corte, e malvisto dal popolo, perchè creduto stru[p. 46 modifica]mento e consigliere a dispotismo, dopo il 25 Giugno dimessosi dal real servizio, e allora, in Agosto, a suggello di sua fellonia, ritornava colla missione di far sollevare i soldati, e costringere il re alla partenza. Egli, contava sui battaglioni cacciatori da lui formati, i cui comandanti credeva a se devoti, e all’uopo il Pianell, a coadiuvarlo, avea da Napoli allontanati i reggimenti di linea, concentrandovi quelli, ma i loro disegni andaron falliti, dinanzi, alla provata fedeltà dei soldati. Cavour non pertanto fidava nei maneggi del Nunziante, e nelle promesse specialmente del comitato, detto Ordine tutto suo, tanto, che prevedendo la partenza del re, delegava Persano ad assumere la direzione suprema delle cose, e a lui telegrafava. »Aiuti le mosse del Generale Garibaldi colle regie navi, che Ella ha al faro. Se il Re se ne va, assuma il comando provvisorio di tutte le forze di terra e di mare.» E più tardi quasi a confermare la risoluzione già presa di nuovo telegrafava. »Se il moto ha luogo è mestieri, che il potere sia nelle sue mani. Se Siracusa acconsente a prestare il suo nome, se ne valga. Il caso avvenendo, profitti di Finzi, e Visconte Venosta.»

Persano, celebrato più tardi pel bombardamento di Ancona, e di Gaeta, in fatti codardo, e dappoco a Lissa, era tutto attività, dava denari, sbarcava armi, aiutava i comitati, dietro [p. 47 modifica]concerto col ministro D. Liborio Romano, e quel ch’è più lavorava nella marineria, e riuscì a farla quasi interamente defezionare, tanto, che scrive d’allora nel suo diario. »Siamo sicuri della marina reale: fatto della massima importanza, dappoichè isola il re, e ci rafforza, ove occorra, contro l’Austria.»

A ciò si aggiunga la fellonia manifesta del Ministero, tra cui v’erano pur degli onesti e devoti al Re costituzionale come lo Spinelli, La Grega, Torelli, ma questi servivano loro malgrado alle mire settarie del Romano, il quale Sovrano e colleghi, a riuscire nel suo intento, spaventava col fantasma della reazione. Il Sovrano, condiscendente accordava quant’egli chiedeva, e spesso la persecuzione delle persone a lui devote, l’esaltazione dei suoi nemici. Di quà questi operosi, ed arditi, timidi e perseguitati i regi partigiani.

La riunione del parlamento, a cui il Re si sarebbe presentato per giurare la costituzione largita, poteva creare ostacoli al movimento insurrezionale, per cui il Romano, che voleva ad ogni costo il Re isolato, prorogò la convocazione dei collegi elettorali dal 19 Agosto al 26, e quindi al 30 Settembre, certo, che a tale data la dinastia sarebbe sparita. Però con tutt’i suoi mezzi, e non ostante le premure di Cavour, i tentativi del Nunziante, gl’intrighi di Villamarina e Persano, gli sforzi dei Comitati, non si [p. 48 modifica]riuscì a far sollevare il popolo, pria dell’arrivo di Garibaldi, cioè pria che il Re avesse abbandonata la Capitale.

Cavour da parte sua, convintosi, che del Nizzardo non potea farne senza, gli facea premura perchè l’opera iniziata compisse sul continente, e all’uopo spedì dapprima il deputato Bottero a spingerlo, e mezzo milione di lire, e poi Casalis, con eguale moneta. Di più i piroscafi Franklin, Washington, e Oregon, comprati a Marsiglia dal Console Sardo, con boni sul tesoro piemontese. Guadagnata la regia marina, unico ostacolo al passaggio sul continente, Garibaldi non dovea che osare per assicurarsi la preparata vittoria, moralmente compiuta, giacchè îl ministero avea esautorata la regia potestà assolutamente perduta, quando il Re tenne a consiglieri quei ministri, che nel giorno istesso, in cui Garibaldi sbarcava a Melito, gli rivolsero a mezzo del Romano una lettera, con cui confessando la situazione estremamente grave gli si diceva: »Che Vostra Maestà si allontani per qualche tempo dalla terra, e dal palazzo dei suoi Avi, e voglia con pubblico atto disdire i sinistri macchinamenti, che si attribuiscono alla fazione prevalente nella regia.»