Riforma del Carnevale
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Sin dall'anno scaduto le Gazzette di Nangasaki annunziavano imminente una generale riforma in quel vastissimo Impero del Giappone. Ora da lettere particolari veniamo poi a sapere, che dopo molti piani su varj oggetti d'importanza suggeriti e con le pubbliche, e con le private memorie, o conferenze da una turba infinita di Politici, che nel proprio interesse mostrano un eroico patriottismo, si è finalmente dato principio con riformare il Carnovale introdotto colà sul gusto Europeo, e dato per la prima volta in quest'anno a spese della Camera del Signor Van der Welber Sindaco della Compagnia Olandese. Questi appena ricevuto il dispaccio che onoravalo della sovraintendenza, si consigliò tosto con i compagni, e venne stabilito di esaltare in sì bella occasione la memoria di Piero Bayle per dare ad intendere alla Giapponese Repubblica Letteraria, che non ha l'Olanda motivo d'invidiare a Paese alcuno certi nomi al dì d'oggi veneratissimi dopo avere nel passato Secolo accolto nel suo seno tra tanti milioni di Rifugiati Francesi anche il Principe de' moderni Pirroniti, e Spiriti-forti nella persona di lui, che guadagnossi con lungo illustre soggiorno la Cittadinanza, e il nome di Filosofo di Roterdam. Nel primo adunque de' tre giorni al Dio Libero consacrati, si fè vedere lo stesso Van der Welber in abito e volto di Bayle trionfante, cioè in una mascherata vaghissima sul modello de' trionfi conceduti dall'Antica Roma ai Capi d'esercito vittoriosi del nemico, quali descritti ci vengono da Panvinio, Bulengero, ed altri Antiquarj, senz'altra disparità se non che in quelli tutto riferivasi alla guerra, in questo unicamente alla letteratura. Così precedevano rappresentando la sinfonìa militare, i musici stromenti, che devono l'essere o la perfezione a valenti Scrittori, e Filosofi come p.e. i portentosi timpani formati dalla pelle di Zisca, il tamburo d'Addison, i pifferi di montagna, le trombe nel sacco, le sette trombe, la tromba parlante del Caval. Morland, l' apostolica del P. Ardia, la tromba grande, che spargeva un mirabil suono, la massima, e perfino v'eran alcune Zitelle, che suonavan le trombe faloppiane. Ai suoni tenevan dietro le vittime; e queste non erano già vacche, buoi, porci, pecore, o altre simili creature solite immolarsi dai Gentili a Giove Capitolino, ma in vece loro due belle Matrone sì ben vestite a simboli, ch'era facil cosa riconoscer in esse la Morale Filosofia, e la Religione rivelata. Dopo le vittime seguivan tosto i simolacri o carte d'interi Mondi, delle Provincie, Isole, Città, ed altri luoghi, dove il Pirronismo guerreggiò felicemente. I Pianeti abitati eran disegno d'Hugens, e Fontenelle, il Corpo Lunare del P.Riccioli, e la nostra Terra secondo i varj sentimenti sotto varie forme d'ovo, di cipolla, di melarancio. Rudbekio teneva in mano la topografia del Paradiso Terrestre collocato là nella Svezia; Isacco Pererio il paese de' Preadamiti, Mosieur Petit il Regno delle Amazoni, e Burnet quello de' Millenarj, altri una quantità d'Isole che in diebus illis nuotavano, danzavano tosto udita qualche sinfonia, e nel danzare mutavan figura, d'Isole disabitate, in una delle quali certo Missionario convertì nella prima sua Predica diecimila persone; di Città o celebri per la sterminata grandezza sino a tre giorni di viaggio, a cinquanta leghe di circuito, e alla capacità d'alloggiare trecento Nazioni, o se non intese mai più, almen poco note come quella presso i Trogloditi scavata in una rupe, quella sotterranea nelle Indie Orientali, un'altra nelle Occidentali piantata, dice un Viaggiatore, alla sommità degli alberi. Ma tutto questo non essendosi riputato bastante a dare una giusta idea de' paesi descritti, o di altri su quel gusto, colle stesse ampie carte geografiche, corografiche, idrografiche, topografiche, comparivano in longa serie vaghissima tutte quelle razze d'uomini, e di bestie per il Mondo disperse, la varietà, e singolarità delle quali somministra materia da formare grossi Volumi a chi viaggia ben provvisto di fame, e di fantasia. I Giganti di Brobdingnag alti Dio sà quante braccia! veduti dal Gulliver formavano, diremmo noi, la vanguardia, e cavalcavano quel grand'animalone detto Elefante, che sebbene privo di giunture nondimeno passando avanti l'Imperadore Giapponese inginocchiossi, e piegò riverente la testa, com'era stato assai bene ammaestrato. Poscia in bell'ordine disposti oltre ad una quantità di Europei a bianco, a bruno, a rubicondo colore vedevansi e i Negri abitatori di quasi tutta l'Africa, e i gialli che stanno là ne' contorni di Sierra-Leona, e quegli come neve bianchissimi dell'Istmo Americano, e gli altri bianchi a capelli e barba rossa nelle Terre Australi, e le femine o maschj effeminati sì delle colte, come delle incolte Nazioni, che giusta le idee formatesi della bellezza si dipingono pazientemente di bianco, e di rosso (quasi fossero Italiani, o Francesi) di giallo, verde, bleu, nero, insomma d'ogni colore, o si aguzzano la testa mentr'è ancor tenera, o si tagliano la faccia, o si trivellano il naso, i labbri, le orecchie adorne poscia di vetri, scaglie di pesci, e altre gemme, o si rovinano, e guastano stringendo con mano forte, e imprigionando barbaramente il petto, le coscie, i piedi, che non ne han colpa veruna. Così v'erano parimenti gli uomini a longhe code alcuni di scimia, o di cane, altri di bue, o di cavallo e quelli che portano un grembiale fino a mezza coscia prodotto dalla natura, e certi abitatori delle alpi che mirano con occhio di compassione chi non ha il gozzo, consolandosi poi essi internamente di non essere mancanti in alcuno de' loro membri. V'erano de' nostri Antenati, quali in figura d'essere usciti dal mare come ben se n'accorse il filosofo Indiano Telliamed, quali dai boschi giusta le scoperte del gran Rousseau, quali da certo gran buco ne' scogli d'Agra della Guinea, e v'erano quasi per saggio due o tre coppie di ciascheduna umana razza, figuratevi gli Artabatiti, che camminavano alla maniera de' quadrupedi con mani, e gambe, di quegl'Iberi che vedono sol di notte, de' Cinocefali, e Cinoprosopi che anno la testa intera o almen la faccia di cane, i Blemmi che l'ànno incastrata nello stomaco, e certi uomini del Canadà d'una sol gamba e mano, e gli Arimaspi d'un sol occhio in fronte, e i Brachistomi, cioè quelli che in luogo di bocca tengon un picciol foro, e gli Astomi senza bocca totalmente, e certi Americani senza peli, nè barba, alcuni senza lingua, ed altri finalmente de' quali si trova scritto che privi fossero de' condotti escrementizj. V'erano Fauni, Tritoni, Satiri, Nereidi, le Ninfe bianche, le Fate, i Centauri, gl'Ippocentauri, gli Onocentauri, e tutti per finirla gli animali ragionevoli del Mondo, i quali in segno del naturale dominio cavalcavano, tiravansi dietro legate, o portavano in pugno, e le bestie apprezzate per la rarità loro, e tra quelle del Paese nostro gl'individui, più rinomati. Là scrivono essersi veduto in compagnia di alcune cavalle Portoghesi, che diventan gravide allo soffiar de' venti e il cavallo del Gonnella, e la mula di Martin Navarro, che fermavasi passando vicino ai poveri acciò il padrone facesse limosina, e molti afini d'oro, che non vissero solamente ai tempi di Luciano, e di Apulejo, e l'asinello del Pentolajo solito fermarsi ad ogni uscio come alcuni miei amici, e l'asino di Buridan che si cita in filosofia, e quello d'Ammonio che sapeva di Greco, e quell'altro che fu visto da molti villani bever la Luna, e il cane del Quagliera pieno d'erudizione per aver mangiato un sacco di scritture, quello d'Alcibiade senza coda per far parlare gli oziosi, e la gatta di Masino che serra gli occhj per non vedere i sorci, e la bertuccia in atto di borbottare il suo paternoster, e i lupi smascherati che menavan l'orso a Modena; là il camaleonte che si pasce d'aria, e il feroce lioncorno che disinferocisce in grembo alle Donzelle, vive imagini de' nostri amorosi Eroi del secolo nientemeno del gallo di Madonna Checca; e così pure a proposito di gallo andarono in mostra la gallina Muggellese, che à cent'anni, e par di un mese, quella del Montecucoli, di Biondo, e la gallina bianca da piccol numero di figli accompagnata, ed altri volatili tra quali un basilisco dispensato in quel giorno dall'avvelenare con lo sguardo, un anitra di quelle in Iscozia nate dalle foglie degli alberi, e la cornacchia d'Esopo ch'è il simbolo di tanti Scrittori, e due colombi ad una fava, e i paperi che menavan l'oche a bere, molti uccelli di passaggio ritornati dalla Luna, come un Inglese opinò, altri de' paesi nostri venduti generosamente ancor su la frasca, e molte nottole da portarsi ad Atene, e una infinita raccolta di corvi di Parnaso, e finalmente dopo la vipera che mordeva il Ciarlattano, dopo alcune serpi che andar sembravano all'incanto, e il serpente Leviathan dell'Obbesio, e le api del Ruccellai, e quantità d'insetti regalati da Reaumur veniva la retroguardia consistente nella fanteria di granchi a secco, e in uno squadron volante di quegli uomicciattoli così lunghi del Liliput a cavallo de' farfalloni raccolti nel suo Museo dal P.Reverendissimo Lancellotti.
Eccoci ora alle spoglie fatte dai Pirroniti su l'inimico, le quali giusta le diverse facoltà in diversi carri distribuite formavano un errante Museo di cui non v'ha certamente l'eguale in tutta Europa. Il venerabile pesantissimo carro degli antiquarj portava molti preziosi marmi pervenuti a Grutero e Misson per fedecommesso di Frate Annio da Viterbo; portava una quantità di lucerne perpetue illustrate da Fortunio Liceto, certe lamine Granatensi a forma di reliquiario, la donazione di Costantino, le decretali raccolte da Isidoro, ed altre simili carte. Sul carro de' Matematici, e de' Mecanici, che da se movevasi al pari di quello nell'Arsenale di Coppenhague tutti erano collocati (siccome intender si dovea) gli stromenti e i lavori più celebri nella Storia Letteraria. I due telescopj a cagion d'esempio, erano quelli onde il celebre Fontenelle scoprì qualche fenomeno, e il Cavalier Neale un elefante nel corpo Lunare; il microscopio era di Levvenoek, o Dalempazio che videro infinite cose belle e perfino il sesso de' vermicelli spermatici, e v'erano contrassegnati lo specchio ustorio d'Archimede onde incendiata restò una intera armata navale, i serpenti di bronzo che fischiavano lavorati da Boezio, la colomba volante d'Archita, la testa parlante di Alberto Magno, la statova di Valentino Merbizio, che rispondendo in varie lingue anche Orientali prediceva il futuro, e le cose occulte manifestava, il gravicembalo elettrico del P. la Borde, l'oculare del P. Castel, certa nave per navigar l'aria sperimentata dal P. Lana, le ali che servirono ad un Inglese per volare e rompersi una gamba, la cintura di M. Desaguliers con l'ajuto di cui alla presenza di tutta la Corte un altro Inglese alzò un peso di seicento lire per ben tre volte, anzi seguitato avrebbe forse ancora, se alla terza non fosse disgraziatamente creppato. Quanto poi a lavori più sottili oltre a varie pulci incatenate perfino con una catena di cinquanta anelli d'oro, oltre alla carrozza d'avorio a sei cavalli coperta dalle ali d'una mosca, v'era a dir molto in poco tutta l'Iliade d'Omero in una noce rinchiusa. Meraviglie niente inferiori portava il carro de' Naturalisti, su cui vide in quel giorno il Giappone la verga divinatoria di Giacopo d'Aymar per iscoprire i ladri, e i tesori, la coscia d'oro di Pitagora, il dente d'oro a un fanciullo Tedesco, su la di cui produzione tanto dai Professori si è vanamente disputato, alcuni giuochi della natura che sembravan pesci, o animali d'altra razza impietriti, alcuni vasi dove si conservavano pioggie stravaganti, e fors'anche miracolose di carne, di sangue, di latte ec. alcuni pezzi di vetro, e sassi, ed aghi, e rottami di ferro concepiti non so in qual vase, poi vomitati da una giovane Cremonese, e una quantità di feti generati mirabilmente come a dire quello di Grenoble per forza d'imaginazione, quello nato da un maschio nelle Fiandre, quei 365. (che tanti sono i giorni dell'anno) dati alla luce in un sol parto da una Contessa d'Olanda, e quello altresì per arte chimica prodotto da Paracelso entro d'un ampolla. Ma sarebbe cosa tediosa lo descrivere al minuto tutti que' carri e de' Giuristi, e de' Logici, e degli Astronomi, e de' Medici, di tutti in somma i Letterati. Parlerò solamente del carro Teologico dove coronavan l'opera sedute su l'una, e l'altra sponda, le più belle figure grottesche del Mondo significanti l'ignoranza invincibile del gius naturale, il peccato filosofico, la resistenza alle leggi, la compensazione occulta, le restrizioni mentali, e lunghi un dito i tatti subimpudici, e somiglianti altre Deità le quali tutte facean corona al Probabilismo, che stava come in Trono raffigurato nel Satiro della favola, che con la mano medesima alla bocca si procurava freddo, e caldo giusta il bisogno. Presso i carri venivano alcuni forzieri, caffe, e caffettini pieni d'oro, e d'argento portati da Traduttori, Copisti, e Pedanti di buone spalle, tutto danaro guadagnato dalle persone di Foro con imbrogliare le cause, e lusingar i clienti, dai Medici con ammazzare i ricchi ammalati, o prolongar loro le malattie, dai Storici con adulare i Personaggi da quali dipendono, dai Sagri Oratori col procurarsi a forza d'impegni, anche i Virtuose, i pulpiti di maggior lucro per il maggior bene delle anime, dai Politici finalmente più che dagli altri con progettar novità che ridondino in proprio vantaggio.
Ora siamo ai titoli delle genti superate tituli vistarum gentium come del trionfo Romano parlano gli Scrittori. Platone il Divino, Aristotile il Filosofo, Seneca il Morale, Erodoto Padre della Storia, Ippocrate della medicina, Boyle della fisica sperimentale, Neuvton il Padre de' calcoli, Alberto il grande, Dionisio il piccolo, Suarez il profondo, Scoto il sottile, Erven l'acuto, Ales l'irrefragabile, Egidio il fondato, Riccardo l'autorevole, Enrico il solenne, Alano l'universale, Majrone l'illuminato, Bacone il risoluto, Capreolo il sodo, Vasquez il poderoso, e Sanchez (per quanto mi sembra) il pudicissimo; e facendo passaggio ad altri titoli che non lusingano troppo l'umana vanità il superficiale, ed affettato Magalotti, il cianciero, e secco, e pedantesco Salvini, Faggiuoli Principe de' seccatori, e i lodatori di se medesimi a vicenda l'un con l'altro Magliabecchi, Zeno, i due Salvini, Fontanini, Orsi, Maffei, Gori, e Muratori, uomini però che non sono da onninamente dispreggiarsi benchè più ricchi di memoria, e di flemma che d'intelletto, e d'immaginazione. Così leggevasi a lettere di scatola su certi dipinti cartelloni, che attaccati a lunghe aste portavano i Collegiali del Petroniano ai quali camminava dietro con la sua gamba di legno intatta intattissima, e con la frusta letteraria in mano quell'istesso istessissimo Aristarco Scannabue, che avendo generosamente dispensato questi ed altri titoli, acquistò egli pure quello (con annessa carica) di Bue Pedagogo. Ma passiamo dai titoli ad accennare i titolari, o coloro che d'esserlo meritavano almeno come impostori, combattuti perciò meritevolmente dal Pirronismo. Che bel vedere umiliati, e prigionieri di guerra tanti saputelli pronti sempre a decidere de' libri senza mai avergli veduti, e con la semplice cognizione de' frontispizj, degl'Indici di Ginevra, e d'Amsterdam, o al più di qualche Dizionario, e Giornale scientifico pronti a citare in qualunque proposito Autori Oltremontani, a riformare il Mondo, e scrivere in caricatura. Movea parimenti a riso la untuosa malvestita schiera de' Scolastici, che a forza di simpatie, antipatie, qualità occulte, di specie intenzionali, d'orror del vuoto, d'antiperistasi, atti, e potenzialità spiegan tutto e nulla dicono, ripresi perciò dai moderni Metafisici scuopritori delle forme plastiche, del principio ilarchico, delle monadi, della musa intelligente, della materia pensante, della natura energica, e d'altre belle cose! Bel vedere que' Letterati ciarlattani che vantarono la pietra filosofale, il moto perpetuo, la quadratura del cerchio, la cabala, il dissolvente universale, il sudore simpatico, l'arte di ringiovanire, di campare più secoli, di trapiantar le malattie! Ma senza ulteriormente diffondermi a rammemorare tutte le classi, dirò su le relazioni avute qualmente chiudevano cotesta serie i Teologi della più buona fede, i più accreditati Pubblicisti, gli Storici meno parzìali, e que' Filosofi stessi da quali fu il Mondo illuminato, ed arricchito di utilissime cognizioni, se non che urtando essi pure nello scoglio di qualche pregiudizio volgare, o di qualche paradosso confortarono i Pirronisti a sempre dubitare.
- Taciti, soli, sanza compagnia
- N'andavan l'un dinanzi, e l'altro dopo
- Come i Frati Minor vanno per via.
Vi sarà stato, m'imagino, tra gli antichi persino Ippocrate in virtù del segreto insegnato a generar femina o maschio come di vuole, persino Aristotile, e suo Maestro Platone, quello per i dubbj lasciati su l'immortalità dell'anima, questi per la comunità delle mogli, e tra i moderni lo stesso giudiziosissimo Filosofo Pier Gassendo per gli automi uncinati, Cartesio per il suo Romanzo della produzion del Mondo, Campanella per il senso a tutte le cose attribuito, Malebranche difensore de' nei o macchie impresse nel feto, Montesquieu del suicidio, Maupertuis dell'astrologia giudiziaria, Nevuton dello spazio reale, Leibnizio finalmente più dell'ottimismo difensore, che della libertà. Questi però, ed altri che lascio immaginare all'erudito Leggitore, come riprensibili meno, anzi d'alto merito ricolmi non aveano al pari di quelli sopra, in massa, nominati
- Cinto di ferro il piè, le braccia il collo,
ma come valenti Ufficiali d'onore privi soltanto delle armi, e del cimiero restavano affatto vicini al ricchissimo augusto carro dove il trionfante M. Bayle sedeva d'imperial manto vestito, e di corona d'alloro maestosamente fregiato. Circondavalo armati nella più terribil guisa Orlando furioso, Astolfo borioso, Girone il cortese, Bovo d'Antona, Guerin meschino, Amadis de Gaula, D. Florisello, D. Cristaliano di Spagna, D. Silves de la Selva, il Capitan Spavento, il valorosissimo, ed invittissimo Cavaliere Tirante il bianco, ed altri Eroi della tavola rotonda. Seguivanlo a cavallo i più intrinseci di lui amici, e parenti così prossimi che rimoti, così ascendenti che discendenti Pirrone ch'è lo stipite da cui venne denominata la famiglia de' Pirronisti, Anassagora, Sesto, Carneade, Lucrezio, Abailardo, Macchiavelli, Brigard, Charron, Spinosa, Obbes, Montagne, Vanino, Svvift, Collins, Tolando, Tindal, Voolston, St. Euremont, Voltaire, Bolingbroke, d'Argens, Hume, d'Alembert, Helvetius, Diderot, la Metrie con molti altri, dopo i quali veniva tutto l'esercito distribuito in varie legioni di Atei (diversi però da quelli che pretende aver scoperto il P. Arduino) di Panteisti, Deisti, Naturalisti, Idealisti, Materialisti, Fatalisti, Liberi-Muratori, e d'altre somiglianti coterie, o Accademie di bei spiriti, e di sedicenti onestuomini, senza eccettuare quella de' Muti che ha per istituto primario il non parlare di Dio nè in male, nè in bene, o molto meno la Società Socratica dove tutto si finisce per omnia pocula poculorum.
Or chi potrebbe mai spiegare il giubilo, e i trasporti del popolo Giapponese alla vista d'uno spettacolo sì vago, e sì ben concertato! Chi gli applausi ridire, i Sonetti dispensati, e gl'inni di lode cantati in particolare da que' Poeti? Io per verità sarei, quando pure avessi le cento lingue, e cento da essi loro sempre desiderate, sarei nondimeno incapace a darvene una giusta idea, e altronde credo che il Bayle medesimo ad onta del suo ammirabile Stoicismo non si sarebbe trattenuto dal cadere in qualche atto di vanagloria; se non che per tenerlo in riga, secondo lo stile degli antichi Romani, stavagli dietro assiso su lo stesso carro un vile schiavo, e ripetevali ogni poco quelle parole: hominem memento te: ricordati che sei uomo cioè a dire un impasto come gli altri (e forse più ancora) di vizj, d'ignoranza, di contraddizioni, d'errori solito appannaggio della umanità, il quale opportuno suggerimento acciò meglio il penetrasse D. Chisciotte come gran Priore de' Cavalieri erranti, tenendo lo scudo impugnato, e lancia in resta, frapponeva la sua voce ai viva popolari, Viva, gridando anch'egli, viva il Legislatore della Repubblica degli Atei; viva l'Avvocato de' Manichei; viva il Predicator della fede opposta alla ragione; della carità contraria alla prudenza; viva lo Storico imparziale che dà ogni forza maggiore agli argomenti degl'increduli, e tutto languido risponde a nome de' Fedeli; viva lo spirito-forte che hà per ben due volte mutato religione; viva il Protestante per ischerzo che contro tutte le religioni vantavasi di protestare; viva l'onest'uomo che hà raccolte quante disonestà, e sordidezze si leggono nelle novelle di Boccaccio, ne' Dialogi dell'Aretino, nelle memorie di Brantome; viva il disinteressato che non volle per qualunque offerto regalo dedicare ad alcuno il suo celebre Dizionario, e lo arricchì poscia di così abominevoli galanterie per esitarne più facilmente le copie. Questi, e simili altri elogj facevangli unitamente a D. Chisciotte anche i di lui compagni rinfacciando al nostro Censore universale molte contradizioni, e le digressioni troppo frequenti a pompa d'erudizione, e 'l poco rispetto usato da un buon Cristiano par suo verso i Padri, e le maldicenze, o esaggerazioni contro i Ministri del Santuario, e le calunnie contro alcuni Monarchi della Francia, e le ingiurie e i strapazzi contro i più rispettabili Scrittori e le ripetizioni infinite, che hanno ridotto il prefato Dizionario a quattro tomi d'un solo che, per osservazione di M. Voltaire, esser doveva, le quali cose, mentre a lui suggerivansi, lo schiavo, ad ogni poco, ripeteva: hominem memento te, ed Orlando furioso per intimorirlo dava colpi da disperato con la sua durindana sopra la terra. Tante in somma se ne facevano, tante se ne dicevano, che 'l povero Trionfatore
- Stavasi tutto umile in tanta gloria.
Così tra le grida, ed i suoni, tra gli applausi, e le ingiurie s'accostava egli al Tempio dove con sacrifizio solenne terminar si dovea la rappresentazione. Nel mezzo di esso innalzavansi due Statve delicatamente lavorate una femina cioè di vago aspetto, di allegra fisonomia, di libero vestire, o anche impudico, cui stava a lato un bambolino con benda agli occhj, e l'arco teso in mano. Tutti gli antiquarj che andarono ad esaminarle dopo aver lodato l'artefice convenivano rappresentarsi in esse la dea Venere, e l'amato suo figlio Cupido; ma s'ingannarono, perchè la prima era l'imagine della Libertà di pensare, l'altra il Pirronismo da essa nato, alle quali Deità doveano essere sagrificate (come già dissi) la Filosofia de' costumi, e la Rivelazione. Quand'ecco una pioggia improvisa (gran disinganno delle cose del mondo!) incominciò a bagnare le Signore Maschere non meno delle spoglie preziose che su i carri giacevano esposte, e quantunque vi si procurasse rimedio coprendosi ogni cosa con le Stuore del Menochio, l'acqua finalmente continuando caricò di tal maniera che costrinse a ritirarsi, e fuggire Spiriti-deboli, e Spiriti-forti, vinti, e vincitori. Per verità che quel giorno sortiva un fine molto patetico se la provida sagacità del Signor Direttore non avesse prima disposto un altro divertimento ai Teatri. Erano questi sino al numero di sei, due de' quali appellati nobili perchè nobilmente pagavasi l'entrata, e 'l sedere a veder la Musica, e ad ascoltare i balli con attenzione; dove negli altri siccome destinatari al popolo, ed ai Signori della Camera de' comuni spendevasi di meno, e riuscì più strepitosa, e grata l'allegria, più soddisfacente la verità; che in questo rappresentossi esempigrazia il Convitato di pietra non mai abbastanza veduto, ed ammirato, in quello una Commedia che faceva piangere, in uno repplicavasi una certa Farsa mai più rappresentata, nell'altro si gustava l'addottoramento di Trufaldino, con Brighela e Pantalone mezzani onorati, con voli, trasparenze, orsi che ballano, macchine, fuochi artificiali, comparse di diavoli, e un bellissimo quartetto all'Inglese. I quali divertimenti poichè furono terminati tutta si disperse la folla de' Spettatori, altri con passare del Teatro al Caffè, alla Malvasia, o in una Locanda per qualche piccolo ristoro, altri con ritirarsi alle lor case immediatamente, ove soddisfattissimi del piacere gustato da i sensi più nobili s'accontentarono ben molti della cena di Salvino, che pisciava, poi andava a letto.
Scrivono per altro, che nell'andare a letto ebbero le Signore femmine quest'avvertenza di adagiare il collo su certa specie di forca; giusta il costume degli Abissini, per tenere il capo sollevato, e non guastare l'architettura de' capelli. Ottima economia che risparmiando loro una paga al perucchiere, e quel che più importa, due ore di toeletta dopo mezzodì altrettante gliene fece guadagnare di azione, e divertimento. Questo nel secondo giorno riguardo al popolo avea per centro la gran Piazza; imperciocchè quanto al corso delle Carrozze chi hà buon senso non potea egli averne molta soddisfazione: vederle andare in sù, e in giù senza nemmeno che vi rendano l'inestimabil saluto le Belle annicchiate ivi dentro, ed occupatissime soltanto a sindacarsi l'una con l'altra, e fare atti di superbia, o pur d'invidia, e di gola a misura che si credono di superare, o d'essere iniquamente superate nella varia esterna pompa, nell'avvenenza del volto, e nel merito de' rispettivi Serventi. Ma nella Piazza, dica chi vuole, quale pascolo ameno, filosofico, ed anche interessante! Ivi da ogni canto venivano le nobil maschere invitate a vedere, sotto padiglione, presso il suo servo Inglese l'equilibrio de' solidi, o delle marionette i moti difficili ed ingegnosi, o i canerini versati nelle belle lettere, nell'arimmetica, nell'arte militare, o qualche raro animale de' nostri paesi, o qualche mostruosa creatura umana capace p.e. di parlare avvegnachè senza gambe, o senza naso. Ivi pronte aveansi le Astrologhe a predire il futuro da certe linee geometriche nella mano, pronti egualmente i Secretisti a regalarvi il gran rimedio per i calli, a levarvi di bocca un dente sano che vicino al guasto era troppo in pericolo, pronte le Segretiste venute di Francia a somministrarvi belletti, saponette, acque odorifere, pronto qualunque degli uomini più laceri, e giusta le apparenze più inetti a pascere l'erudita vostra curiosità con nuove distinte relazioni da ogni parte di questo Mondo, e dell'altro: tutto con pochi soldi. Che più? senza nemmeno spendere un soldo poteasi godere la bella varietà di maschere sì naturali, che stravaganti, suoni, canti di belle canzoni su l'aria moderna, le bravure di Pulcinella, e persino ammirare la faconda vena d'un Improvisatore che ogni due o tre stanze all'improviso terminava con raccomandar divotamente la limosina. Passò adunque il tempo allegramente finchè, giunta la sera, quasi tutti si ridussero dentro in un vasto Palazzo destinato al ballo, al giuoco, e ad ogni sorta d'onesta conversazione. Colà ebbero i Cortigiani, ossia Damerini Giapponesi campo d'essercitarsi e far spiccare l'abilità loro, e premura lodevole verso il bel sesso. Mezzi saluti all'Inglese, complimenti alla Francese, occhiate gelose alla Spagnuola, ma sopra tutto assiduità Italiana in servire l'altrui moglie, or al giuoco animandola, massimamente a quello semplicissimo e legale del mio, e del tuo come s'esprimono appunto i Leggisti, or alla Sala di ballo dove poi essercitarsi lodevolmente insieme con l'onesto fine (come vuole Rousseau) di svegliar l'amore che sinifica nella union matrimoniale, ora umilmente occupandosi quand'essa gode straniere grazie in custodire la sedia, il ventaglio, e 'l manicotto, insegne maravigliose di due opposte combinate stagioni, ora con destrezza riducendola in disparte a discorsi politici, e di tutta premura, o per finirla in altre laboriose incombenze disportandosi valorosamente al pari d'Achille in Sciro alloracchè
- Lieto languìa nel dilettoso esiglio
- Prigioniero d'amor di Teti il figlio.
Nel terzo, ed ultimo giorno si diede finalmente una regia Caccia di Tori, o buoi come gli appella il volgo, assistiti da quarantotto esperti Professori nella pubblica loro difesa contro una immensa copia di cani scolastici che argomentavano all'orecchio senza mai conchiudere per molte ore sino a tanto che non si produsse certo nuovo indissolubile argomento che tagliò la testa, come appunto si suol dire, ad alcuni di essi predestinati a dare di se uno spettacolo per molti sommamente dilettevole. Dico per molti, giacchè a riserva della turba popolare solita lasciarsi reggere senz'altro pensiero da i pregiudizj, e dal costume, quanto a i Filosofi non erano già tutti del sentimento medesimo, condannandosi per empia, e barbara sì fatta delizia carnevalesca non solo da i Pitagorici, assai numerosi nel Giappone, i quali nel proprio sistema della metempsicosi o passaggio delle anime da un corpo all'altro, temevano fors'anche nella morte di quegl'innocenti animali un parricidio, ma così pure da tanti altri modesti Pensatori, che sospettando eguale in perfezione, benchè legato a macchine diverse, lo spirito umano a quello de' Bruti devono in conseguenza disapprovare nell'uomo l'incrudelire contro i suoi simili sia per golosità, sia per divertimento. Ad ogni modo sopra cotesti filosofici scrupoli non ebbe il Signor Direttore Van der Welber alcuna riflessione, giacchè Filosofo anch'egli a Pirronista, giudicò bene accomodarsi alle patrie costumanze, rimmettendo le sue discolpe alla Setta Cartesiana, che niega il dolore ne' bruti, siccome puri automi, e la crudeltà nell'uomo che apparentemente gli affligge; o pure a quella d'Hobbes nel secol nostro assai più applaudita, la quale persino anche su gli uomini giustifica e consacra l'intrinseco naturale diritto del più forte; onde sia o non sia legittimo cotesto divertimento alle spese di que' poveri animali buoni amici, e servidori dell'uomo, il fatto stà, che di esso godette la moltitudine sino all'ora determinata per finalmente recarsi ad un Collegio di Sindosiù che sono certi Monaci del paese, i quali, siccome per istituto esclusi dagli accennati trattenimenti, con un Academia di belle lettere su le pazzie del Carnevale se ne vendicarono, e al Carnevale medesimo posero fine. Prima d'ogni altra cosa recitossi una corona di Sonetti in lode dello Imperadore presente, che per modestia mostrava di non aggradirla, e contorcendosi diceva di essere alla berlina. Quindi s'alzò l'Oratore Accademico, e fatto un profondo inchino all'Uditorio, incominciò la sua Cicalata composta in linguaggio pretto Fiorentino, e a tenor delle leggi municipali tutta piena di riboboli, anacronismi, e giuochi di parole, e disse che "Conciosiacosamassimamente che fosse montato in bugnola così a chius'occhi per compiacere agli amici, prima però di favellare, vedendosi alla preferenza di tanti Uomini Letteruti, che ànno pisciato in più d'una neve s'era già pentito d'aversi affibbiata la giornea, conoscendo pur troppo, che per essere un dabben uomo tondo come l'O di Giotto non era in istato di poter fare con essoloro il quamquam, e lo sputatondo. Per la qual cosa rinnovando solennemente il voto già anni-domini di non prendersi più mai gl'impacci del Rosso; tuttavia dovendo a quel fiasco bere o affogare, perciò a fine di non tener troppo a disagio tanti benignissimi che lo ascoltavano Signori miei sì, disse, che voglio entrare in argomento anche in sentenza di far la zuppa nel paniere, e comparire un Meo, Baggeo, Babbaleo, Squasimodeo, e Bartolomeo." Con questi, e simili sentimenti di solita modestia guadagnossi degli ascoltatori la benivolenza, sicchè dopo alcuna erudita digressione mai sempre necessaria propose, e si accinse a provare il suo assunto, il che per lo contrario nelle cicalate della nostra Italia bene spesso si trascura. Il nostro Oratore adunque con sode ragioni dimostrò ad evidenza li divertimenti carnevaleschi porgere a noi (considerata la somma de' beni, e de' mali) assai più di amaro, che di dolce, ed essere regolati, più che dalla ragione, dal fanatismo, e dalla imprudenza. Ben accordava necessario qualche sollievo agli animi, ed ai corpi oppressi dalle fatiche mentre,
- Per troppo contemplar l'ingegno manca
- Per soverchio curvar l'arco si sferra
- Per molto camminar l'uomo si stanca
- Chi sempre corre dà del culo in terra
Nè bastare a tal uopo lo spendere il tempo e il danaro in pranzi, o in frequenti cene, mentre il solo mangiare, bere, e dormire può dirsi un carnevale comune anche ai porci. Ma per l'altra parte fece vedere, e toccar con mano il nostro cicalante Simposiù, che dove le altre cose tutte carnascialesche sono piene di difetto, e di amarezza può solo eutrapelicamente divertirci la Musica, e la Poesia. Cicero pro domo sua borbottarono allora con voce intelligibile i saputelli per mostrare che sapevan di latino, ma l'academico senza badarvi proseguì con tutto il calore declamando contra il giuoco, rovina secondo lui di molte famiglie, contro le maschere bella commodita, diceva egli, per far del male, contro la danza, le moderne conversazioni troppo libere nel parlare così in palese, che in segreto, e finalmente contro i Teatri a segno di guadagnarsi il titolo consueto di misantropo, di Rigorista, di Giansenita. E bensì vero, ch'egli stesso temendo avere in qualche maniera ecceduto, e di essersi diportato da Missionario piuttosto che da Oratore Accademico mutò frase, ed accordando anche per leciti, quando sieno presi con moderazione simili divertimenti passò tuttavia a farne il confronto con la soddisfazione inesplicabile che provano i Saggi nell'ascoltare un Academia di belle-lettere, dove non si getta, come nel giuoco, e negl'impegni di servitù alla Bella, non si getta ne il superfluo ch'è patrimonio de poveri, nè il necessario a pagare i domestici, e chi somministra vitto, e vestito, dove non si pregiudica alla salute come nelle veglie, e ne' stravizi, non si prostituisce la dignità dell'uomo come ne' travestimenti, e ne' balli or troppo languidi, e molli, ora troppo fervidi, ed impetuosi, non si corrompe il buon costume colle insidiose massime, coll'effeminatezza e 'l tristo esempio che sogliono essere a giudizio di Rousseau il frutto principale del Teatro, dove per finirla, non si perde il tempo di cui solamente onesta è l'avarizia, ma s'impiega con vantaggio in fecondar la mente di utilissime cognizioni, la fantasia d'imagini graziose, e dilettevoli, e un divertimento si gode degli altri tanto più nobile quanto l'intelletto sopra il senso s'innalza, e l'uomo dalle bestie distingue. Che se pure ad ogni patto vuolsi anche al senso alcuna cosa concedere avvi per le orecchie più delicate quella dolce armonia, che la misura stessa de' versi graziosamente produce, avverandosi in tal maniera secondo ogni sua parte quel detto & prodesse volunt, & delectare Poetae. Qui cessò l'Oratore di far parole rivolgendosi a i compagni, ed invitandoli a far eco e confermare quant'egli detto avea con tutta ragione, il chè eseguì prontamente ciascuno di essi recitando una quantità di Sonetti, Capitoli, Frottole, Canzoni ed altre poesie, quali nel dialetto volgare della Città in cui erano, quali nel Greco più non esistente idioma, in Latino, in Francese, conchiudiamo, in ogni erudita lingua. D'Italiano, sebben molti fossero i componimenti recitati, altro finora non hò potuto avere che un Sonetto decorato maestevolmente della sua coda, il quale per saggio quì agli occhj del benigno lettore sottopongo, e finisco.
Oh dolce letto in cui sì ben m'appiatto
Che non ne sbucco più per dodic'ore
E conviene ben dire che sia matto
Colui che in te non pone ogni su'amore.
5Io son sì pago quando a te m'addatto,
Che non invidio un Re, un Imperadore
Oh dolce letto io voglio ad ogni patto
Io voglio co' miei versi farti onore.
Soffj Borea crudele, ed Aquilone
10E cacci neve pur su 'l nostro piano
Gelar facendo in piede le persone;
Se tu ristoroo del genere umano
De' matterassi tuoi del tuo saccone
Mi sei cortese per me soffia in vano
15Oh cieco volgo insano
Come puoi mai a un notturno banchetto
Posporre un caldo, un ben agiato letto?
Oh cieco volgo inetto
Come puoi mai per il giuoco lasciare
20Il piacer che dà un letto singolare?
Ite o pazzi a danzare
Ite a passar le notti con la Bellam
Che spesso il cor spietata vi martella;
Io non ò le cervella
25Come voi impastate senza sale;
Nè vò che le pazzie del Carnevale
Faccianmi il grave male
Di tenermi svegliato per mezz'ora;
Che vadan tutte quante alla malora,
30E 'l vaso di Pandora
Sovra di que' Castroni sia versato
Che vendon così caro un pò di fiato
Ed or l'innamorato,
Il politico or fanno, ora il guerriero.
35Che fosse un po lor dato un buon clistero,
Ma buono daddovero,
E a tutti que' che danno in frenesia
Nel carnevale, Amenne, e così fia.
IL FINE.
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