Rime varie (Alfieri, 1903)/LII. Stanze. O dolce mio pensier sola mia cura

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LII. Stanze. O dolce mio pensier, sola mia cura

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LII. Stanze. O dolce mio pensier, sola mia cura
LI. Stanze. Dimmi Amore colei che in roseo letto LIII. Agil pie che non segni in terra traccia

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LII.

STANZE.

O dolce mio pensier, sola mia cura,
Per cui soffrire ogni più rio tormento,
E perfin morte io stimerei ventura;
Per cui più grato ho il sospirare al vento,
Che ad altra in braccio l’amorosa arsura
Temprar, qual suole ogni amator contento:
Deh! tu pietosa ascolta i detti miei.
Sallo Amor, se sian veri, e il san gli Dei.

Il mio temer per te, donna, a te spiace?
Ma, poss’io, non temendo, amar davvero?
«A tutte voglie d’un vecchio rapace»
Inquïeto villan maligno e fero,
Candidetta colomba esposta giace,
Nè da sue inique man ritrarla io spero:
Tale è pur troppo il tuo dolente stato;
Degg’io vederlo, e non parer turbato?

Fresca vermiglia mattutina rosa,
Dal suo cespo felice or dianzi tolta,
Che l’aria fa di se tutta odorosa,
E beata la mano che l’ha colta;
Chi può non pianger, nel vederla ascosa
Entro a rio lezzo fetido sepolta?
Chi può veder così d’amore il regno
Sconvolto tutto, e rattener suo sdegno?

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Eppur (nuovo d’amor miracol strano)
Io d’ira pien, l’ira raffreno in petto,
E piacevol mi mostro in volto umano
Del tuo tiranno all’abborrito aspetto:
Mentre, s’io udissi il mio trasporto insano,
Sapria ben ei qual chiude in seno affetto;
Ei, con suo danno, al paragon vedria,
Qual di noi degno di ottenerti sia.

Ma, poichè a far tuoi dì meno infelici
Giova ch’io soffra e taccia, abbiti in dono
Quanti moti potran le Furie ultrici
Destarmi in cor, dove han perpetuo trono;
Dove, di nuove pene aspre inventrici,
Dì e notte intente a tormentarmi sono.
Io soffrirò, tacendo; e, pria che dire,
Tu mi vedrai di rabbia e duol morire.

Ma, non ti do del non temer parola:
Solo in pensar, che preda sei di un vile,
Cui tua beltade ed innocenza sola
Oppor tu puoi con pazïenza umíle,
Parmi ch’uom v’abbia ognor, che in su la gola
Minaccioso mi tenga ignudo stile.
Nè mai per me tanto tremar poss’io,
Quanto in pensare a un tuo destin sì rio.