Rime varie (Alfieri, 1912)/CXLIII. Capitolo ad Andrea Chénier

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CXLIII. Capitolo ad Andrea Chénier

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CXLIII. Capitolo ad Andrea Chénier
CXLII. Amore del poeta per ciò che ha scritto CXLIV e CXLV. Parigi sbastigliato

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CXLIII.1

CAPITOLO


Ad Andrea Chénier

a Londra.

Parigi, 12 aprile 1789.


Ecco alfin giunta quella tanto attesa
Dolce epistola tua, Chénier diletto,

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3 Ch’io avrei bramata un pocolin piú estesa.2
Ma la tua pigrizietta in blando aspetto
Sí ben sapesti appresentar, ch’io credo
6 Non fosse il tacer tuo di amor difetto.3
Io, che pure in pigrizia a nullo cedo,4
Vo’ non solo risponderti, ma in versi
9 E magri5 assai, per quanto io già mi avvedo.
Ma perché appunto io so che gli alti e tersi6
Piacciono a te, che bevitor del fonte7
12 Carmi scrivi di mèle attico8 aspersi;
Voglio or perciò queste rimacce impronte9
Farti ingoiare in pena del silenzio,
15 Cui giusto è pur che in modo alcun tu sconte.
Odo che amara è a te piú che l’assenzio
Codesta Londra, ove stranier ti trovi:10
18 Ed è vero il supplizio di Mezenzio11
Lo star fra gente, ove nessun ti giovi
Co’ bei legami d’amistà giuliva.
21 Ah! ben tu osservi che di ferro ha i chiovi
Necessitade,12 inesorabil Diva;
Solo Nume a cui cede anco il tiranno,

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24 Quand’ella a farsi gigantesca arriva.
Di quant’io dico13 un bell’esempio or danno
Questi tuoi Galli a libertà vicini,14
27 Perché forse il servir logorat’hanno.15
Qui non s’ode altro piú, grandi e piccini,
Uomini e donne, militari e abati,
30 Tutti soloneggiando i Parigini
Non s’ode altro gridar che «Stati Stati»:
Onde, se avran gli Stati e mente e lena,16
33 Cesserà, pure, il regno dei soldati.
La trista gente onde ogni Corte è piena,
Mormora pure; e fra se stessa spera
36 Che risaldar potrassi la catena.17
Quel che avverrà nol so: ma trista sera
Giunger non puovvi omai, che vie men trista
39 Della notte non sia che in Francia v’era.18
Io frattanto, cui l’alma non contrista
Né stolta ambizïon né avara sete,19

42 Traggo mia vita dolcemente mista

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Di gloria e amor presso alle luci liete20
Della mia Donna, a cui tu pure hai scritto;21
45 E imparo che l’allòr punge a chi ’l miete:22
Ma instancabile sto, tenace, invitto
Nel sublime proposto;23 e giorno e notte
48 Limo, cangio, e riscrivo il già riscritto;
Perch’alle mie tragedie non si annotte,24
Quand’io poi muto giacerommi in tomba,
51 Come accader suol delle carte indòtte.25
E’ ci vuol molto a far suonar la tromba
Della ciarliera che appelliam poi Fama,
54 Se de’ secoli a lei l’eco rimbomba.26
Pur può in me tanto questa eterna brama,27
Ch’io sopporto per essa anco i tormenti
57 Del duol che a torto morte non si chiama;
Cioè, del rivedere i mancamenti
De’ correttori e stampatori e proti,28
60 L’un piú dell’altro stolti e disattenti:
Quind’io tra punti e côme ed effi e ioti29
Vo consumando i giorni e mesi ed anni,
63 Perch’a intender pur m’abbian gl’idïoti.30
Ma tu che fai tra i liberi Britanni,
La cui pur mesta taciturna faccia
66 Delle dense lor nebbie addoppia i danni?
Non v’è fra i dotti lor uom che ti piaccia?
Ciò avvien, perché da quelli è d’uopo a stento
69 Uncinar la risposta che t’agghiaccia.31

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Si apparecchia costà, per quel ch’io sento
Pel risanito Re pomposa festa:32
72 Ben di letizia è ricco l’argomento.
Maraviglia davver fu espressa33 questa
(Tale ai saggi almen par), non ch’ei trovasse
75 Ma ch’ei smarrir potesse un Re la testa.34
Se ne rallegri or dunque Londra, e passe
Il bel nuovo miracolo ai futuri,
78 Per tornagusto a quei ch’un Re noiasse.
Tu scaccia intanto i pensamenti oscuri;
E allo scriver sol pensa, a scriver nato;
81 Ché non è cosa al mondo altra che duri.35
Amami; e riedi ove ognor sei bramato.36


Note

  1. Andrea Chénier nacque il 30 ottobre 1762 a Costantinopoli, dove suo padre occupava l’ufficio di console generale. A tre anni, fu condotto a Parigi e venne, co’ suoi fratelli, messo nel collegio di Navarra; ivi diè i primi saggi del suo ingegno poetico e del suo amore alla poesia greca e romana, imitando in alcuni versi un passo dell’Iliade, in altri uno dell’Eneide. Nell’81 lasciò il collegio e poté abbandonarsi alle sue desiderate letture, ogni testo annotando e parafrasando con pazienza infinita. Ma, poiché di soli studi letterari egli non poteva vivere, e gli era pur necessario darsi all’esercizio di una professione, entrò in un reggimento, di guarnigione a Strasburgo; come all’A. cosí allo Chénier la vita militare divenne presto insopportabile, onde l’abbandonò e nell’84 intraprese un viaggio, prima in Italia, poi in Isvizzera; doveva stare due anni fuor della Francia, ma, allo scadere del primo, lo assalí irresistibile il desiderio di rivedere i suoi cari. Il periodo che succedé, e precisamente gli anni dal 1785 al ’91, furono quelli della maggiore operosità letteraria dello Chénier. Nel 1787, essendo stato nominato ambasciatore di Francia in Inghilterra il Marchese De Luzerne, suo amico, egli lo seguí, tanto piú che il suo amore ai classici greci e latini poteva essere appagato là dove ogni giorno se ne stampavano di correttissimi. Londra ne’ primi tempi gli piacque, poi, a grado a grado, gli divenne odiosa: «la maladie noire des Anglais le gagnait», scrive Gabriele Chénier, suo biografo; il poeta fu assalito da fieri accessi di malinconia e solo poté sopportare la dimora in Inghilterra mercé l’assiduo studio, a cui si diede, de’ nostri poeti umanistici e particolarmente del Sannazaro, e mercé la prospettiva di rimettere di quando in quando il piede sul suolo della Francia. Nel 1791, essendosi ammalato l’ambasciatore De Luzerne e avendo ottenuto di lasciare il suo ufficio, anche lo Chénier fece ritorno a Parigi, quando già da tre anni la Rivoluzione era scoppiata: egli aveva applaudito, come plaudí l’A., come plaudí il Pindemonte ai princípi di essa, ma, allorché il 10 giugno 1792, vide invaso il castello delle Tuilleries e il re insultato e deriso, protestò contro tale irriverenza e tale abuso e, nel silenzio del suo studio, abbozzò il discorso che, se fosse stato Luigi XVI, avrebbe rivolto al popolo. Sospesa, dopo i fatti dell’agosto, la pubblicazione del Journal de Paris, a cui egli collaborava, volendo star lontano dalla Capitale e dai partiti, si ritirò nella solitudine della campagna e attese a’ suoi studi letterari. Ma il processo del Re, che egli riteneva inviolabile per la Costituzione del ’91, lo trasse novamente dalla solitudine degli studi alla tormenta della vita politica. Ucciso Luigi XVI, che il Poeta aveva gagliardamente difeso, lo Chénier stimò prudente appartarsi e distrarre l’attenzione del popolo dalla sua persona; ma poco gli valse, che il 7 marzo del ’94 fu arrestato dai membri del Comitato di sorveglianza: in prigione compose l’ammirabile ode La jeune captive per la Duchessa di Fleury, e il giorno 25 luglio 1794 veniva condotto al patibolo. Abbondante è l’opera di questo poeta morto sí giovane: egloghe, poemetti, elegie, inni, odi egli compose e di tal grazia che, tra’ moderni francesi, il solo V. Hugo può reggergli al paragone. — Quando l’A. lo conobbe non so, né credo sia possibile stabilirlo con precisione; può darsi nell’84, quando lo Chénier venne in Italia.
  2. 3. Piú estesa, piú lunga.
  3. 5-6. Io credo che la tua pigrizia non derivasse da mancanza di amore.
  4. 7. Quasi in ogni lettera, specialmente quando scrive alla madre, l’A. si scusa di questa sua invincibile pigrizia, e la prega di non volerla ascrivere a dimenticanza o a poco amore. — Nullo, nessuno.
  5. 9. Magri, poco belli, meschini; altrove, versuccini.
  6. 10. Tersi, ben condotti, sapientemente levigati; come il Parini, nell’Educazione.
  7. 11. Del fonte; quello d’Ippocrène, intorno a cui vegg. la nota al v. 5° del son. Lunga è l’arte sublime, il viver breve.
  8. 12. Di mèle attico, di bellezze greche.
  9. 13. Impronte, improvvisate, non preparate.
  10. 16-17. Scriveva lo Chénier in un bel frammento sulla sua dimora in Inghilterra (Oeuvres poétiques, Paris, Lemerre, II, 217):
    Sans parents, sans amis et sans concitoyens,
    Oublié sur la terre et loin de tous les miens,
    Par les vagues jeté sur cette ìle farouche,
    Le doux nom de la France est souvent sur ma bouche;
    Auprés d’un noir foyer, seul, je me plains du sort;
    Je compte les moments, je souhaite la mort;
    Et pas un seul ami dont la voix m’encourage,
    Qui près de moi s’asseye, et, voyant mon visage
    Se baigner des mes pleurs et tomber sur mon sein,
    Me dise: «Qu’as tu donc?» et me presse la main.
  11. 18. Mezenzio; re etrusco che aveva inventato il supplizio di legare i vivi con i morti.
    Mi pare che il ms. dia di questo verso una lez. migliore:
    Ed è in vero il supplizio di Mezenzio.
  12. 21-22.... di ferro ha i chiovi Necessitade: essa ha, vuol dire l’A., tal forza che nessuno può resisterle, neppure il tiranno.
  13. 25. Di quant’io dico, che la Necessità impera su tutti.
  14. 26. A libertà vicini, prossimi a riconquistare la libertà.
  15. 27. Logorat’hanno, sono stanchi dal lungo servire, non ne possono piú.
  16. 28-32. Il discorso procede opportunamente disordinato, a indicare l’agitazione nella quale si viveva in quei giorni a Parigi, ma il senso di esso è lampante. — Soloneggiando, sentenziando come tanti Soloni. — «Stati stati»: tutti erano esultanti perché Luigi XVI, con lettera del 24 gennaio 1789, aveva finalmente ordinata la convocazione di quegli Stati generali che dal 1614 nessun re aveva piú convocati. Allorquando l’A. scriveva all’amico Chénier, mancavano ancora 23 giorni alla data stabilita per la prima riunione, ed egli fremeva nell’attesa del grande avvenimento non meno degli altri; il 14 marzo scriveva (non però che la inviasse) a Luigi XVI una lettera, esortandolo «ad afferrare l’occasione che si presentava di conquistare la gloria piú vera e durevole a cui un uomo possa aspirare; di anticipare tutto ciò che il popolo gli avrebbe domandato, di distruggere, lui per primo, l’odioso dispotismo che si era esercitato in suo nome». — Mente, se sapran governarsi con saggezza, lena, se avran forza di resistenza. — Il regno dei soldati: fra tutte le tirannie, fors’anche piú della sacerdotale, l’A. odiava quella militare: vegg. a tal prop. la sat. 14ª e si legg. le segg. parole del cap. 7° del l. I della Tirannide: «La moderna milizia, colla sua perpetuità, annulla nelle moderne tirannie l’apparenza stessa del viver civile; di libertà seppellisce il nome perfino; e l’uomo invilisce a tal segno, che cose politicamente virtuose, giuste, giovevoli, ed alte non può egli né fare né dire né ascoltar né pensare».
  17. 36. Che si potrà tornare alla condizione di prima.
  18. 37-39. In modo analogo l’A. aveva scritto alla madre il 25 ottobre 1788: «Qui si sta in grande aspettativa di questi Stati generali, che si aduneranno al prossimo gennaio, ed è da sperare che riordineranno un poco le cose pubbliche, che sono veramente all’ultimo grado di dilapidazione». A questi versi l’A. appose la seg. nota, che è nell’edizione di Londra, MDCCCIV: «Confesserò che qui io sbagliai grossamente, stimando il mal governo e la tirannia della Francia eretta a monarchia assoluta non potessero mai accrescersi: ma non era dato forse ad uom libero e puro il prevedere e poter vedere gli effetti della oligarchia dei pessimi».
  19. 40-41. Il Tasso (Gerus. lib. VII, 10):
    Né cura o voglia ambizïosa o avara
    Mai nel tranquillo del mio petto alberga.
  20. 43. Le luci liete, gli occhi sereni.
  21. 44. A pag. 51 e segg. della cit. biografia dello Chénier è riferita una lunga lettera della Contessa al Poeta, con la data del 5 maggio 1791; lettera interessante, perché la Signora vi parla, con affettato stoicismo, de’ suoi interessi e
    del pericolo che essa correva di perdere la pensione assegnatale dalla Corte di Francia.
  22. 45. Cioè, chi vuole giungere alla gloria bisogna che se la guadagni con fatiche ed istenti. Il Testi, nell’ode A Carlo Emanuele I:
    Per dirupate vie vassi alla gloria
    E la strada d’onor di sterpi è piena;
    Non vinse alcun senza fatica o pena,
    Ché compagna del rischio è la vittoria.
  23. 47. Proposto per proposito è anche in Dante (Inf. II, 138):
    ... io son tornato nel primo proposto.
  24. 49. Non si annotte, non scendano sopra esse le tenebre dell’oblio.
  25. 51. Indòtte, incolte, rozze.
  26. 53-54. Intendasi: questa ciarliera prende il nome di Fama, se il ricordo di quanto operammo vive nelle età venture.
  27. 55. Eterna brama vale quanto brama dell’eternità.
  28. 59. I correttori son quelli che tolgono gli errori dalle bozze di stampa rivedute dall’autore: i proti (dal greco πρώτος, primo) sono coloro che sorvegliano il lavoro dei tipografi.
  29. 61. Come, virgole; effi e ioti: veramente delle lettere dell’alfabeto non si fa il plurale, ma il popolo dice due essi, tre emmi, quattro elli.
  30. 63. Gl’idioti, gli ignoranti.
  31. 64-69. Scrive il cit. biografo dello Chénier: «Si le jeune poëte eut [en Angleterre] quelques agreables distractions, la société officielle des Anglais le glaçait; la tristesse et la morgue britanniques lui étaient insupportables; la pruderie dans la conversation lui paraissait parfaitement ridicule, et faisait à ses yeux un contraste singulier avec les moeurs faciles de jeunes filles qu’il n’était pas impossible de rencontrer dans des réunions où la gaieté juvénile agitait ses grelots sans pour cela dégénérer en orgie comme on l’entend aujourd’hui». Uncinare, cavar fuori a fatica.
  32. 71. «Il re Giorgio III regnante, per una non so qual malattia diede volta al cervello, e rimase alcuni mesi affatto fuor di sé. Il dotto trattamento fattogli da alcuni esperti medici lo ripristinò poi perfettamente in salute ed in quella mente stessa ch’egli avea avuta prima dell’ammalarsi». (Nota dell’A.)
  33. 73. Espressa, manifesta.
  34. 75. È facile sottintendere: non avendola mai avuta.
  35. 81. Rifacimento del già cit. v. del Petrarca:
    Ahi, null’altro che pianto al mondo dura!
  36. 82. Anche la Contessa nella cit. lett. scriveva allo Chénier: «Revenez bien vite, puisque vous ne pouvez pas passer l’été en Angleterre, soyez persuadé que j’aurais un grand plaisir à vous voir et à vous entendre. Le comte Alfieri me charge de vous dire la même chose».