Rime varie (Alfieri, 1912)/L'America libera, odi/Ode quarta

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L'America libera, odi - Ode quarta

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XXXV.1

Ode quarta.

Commenda il Generale Washington.

I.2

Tu, rapitor del fulmine celeste3
Già fin da’ tuoi verdi anni,
Ch’or con piú ardire e non minore ingegno

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Apportatrici di piú lunghi affanni
Saette ai buoni infeste
6Tolte hai di man di terren Giove indegno
D’aver sui forti regno;
Tu, vivo ancor fra’ semidei già posto,
Francklin, padre, consiglio, anima, mente4
Di libertà nascente;
11Tu mi sii scorta al canto: ho in te riposto
Speme, che di nascosto
Dramma5 d’etereo foco,
Ond’hai tu il tutto, entro il mio petto or spiri;
Sí che, se laude in te piú non ha loco,
Nel tuo Secondo audacemente io miri.

II.


Ma dove a vol, dove mi ha ratto l’alta
Accesa fantasia?6
Ecco a me spalancarsi, ecco le grotte
Di Tènaro,7 là dove ampia dan via,
Chi il cor d’acciar si smalta
6A profondarsi entro la eterna notte.8
Febo, d’abisso rotte
Per me le leggi, oltre mi spinge: io scendo;9
E il can trifauce e la negr’onda e il fero
Spaventoso nocchiero10
11Dietro mi lascio io già; già lieto intendo11
Dove non piú d’orrendo
Pianto saettan strali;12
Già sono io là del dolce Lete in riva,
Dove in mille color fiori immortali
Fan argin lento all’acqua fuggitiva.

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III.


Ecco, là dove ei torce il molle giro,
Seder sul destro lato
A consiglio fra lor poche ma grandi
Alme, già figlie di benigno fato,
Che or dal mondo spariro.13
6Tu che sangue Affrican cotanto spandi,
Scipio; e tu che ne mandi
Tant’alme schiave a Stige, ove combatti
Per libertade infra mortali strette;14
E tu che hai l’onde infette
11Di sangue in Salamina; e tu che abbatti15
Il Cimbro; e tu che a patti
Di servitú negasti
Vita in Utica a te; con altri forti16
Di gloria ascritti ai sempiterni fasti;
Chi fia che a voi doglia sí immensa porti?17

IV.


Una donna, già altera, or lagrimosa
Veggio e supplice starsi
Dinanzi a voi, le dure sue vicende
Narrando; e ognun di voi nel volto farsi
Piú che infiammata cosa...18
6«Sí, Dea, sí; tutto ad invasarne or scende
«Quel che a bell’opre incende
«Sacro furore onde a noi larga fosti.
«Se, del tuo nume pieni, alla adorata
«Patria nostra oppressata19
11«Acquistar libertà contro gl’ingiusti

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«Assalitor vetusti
«Nostra virtú poteo;
«Ciò che a noi desti allor, ti rendiam ora:20
«Ogni tuo don che noi piú di noi feo,21
«Riprendi, aduna e il tuo campion ne onora.

V.


Sí disser quelli: e Libertà togliea
Dell’uno il fero brando;
Dell’altro l’ampio impenetrabil scudo:
Qual di sublime gioia lagrimando
Suo ardire a lei rendea:
6Qual del sagace antiveder fea nudo;22
Qual del non troppo crudo
Contro a’ tiranni mai sdegno feroce;
Qual del pronto eseguir; qual del gran senno
Che usare i duci denno;
11Qual della marzïal tonante voce,
Che all’assalir veloce
Anco sforza il codardo.
Cosí, poich’ella i pregi23 tanti ottenne,
Tutti velò del pregio di quel tardo
Ma invitto che Anniballe a bada tenne.24

VI.


Oh come ratte l’ali al vol dispiega
Di sua nobile preda
Lieta la Diva, oltre ogni dir splendente!
Giunta è già donde mai non fia che rieda,
Là dove25 in forte lega

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6Stanno valor, costanza, ed innocente
Costume, e voglia ardente
Di morir mille volte anzi che sola
Una servire. Al capitan che in pregio
Ivi sovr’ogni egregio
11Stassi, mentr’egli ad ogni onor s’invola
Sotto modesta stola,26
Il multiplice dono
Reca ella: e in lui piú capitan sovrani
Ecco ristretti con bell’ordin sono. — 27
Deh quanto i vostri sforzi, Angli, or fien vani!

VII.


Insolentir, perchè piú numer28 sete,
Già vi vegg’io da prima:
Che pro? se chiuso entro al suo vallo29 il duce,
De’ suoi ch’egli a ragion uomini estima
Serba le vite, e miete30
6Senza sangue lo allòr che piú riluce,31
Finché sorga la luce
Che scorrer veggia il vostro32 ov’ei v’investa. —
Cosí ben anni, ancor che presto33 a morte,
Stassi nel campo il forte
11Per la patria far salva; a cui non resta,
Se a perir mai vien questa,
Altra gente né altr’arme.
Oh bene speso indugio! Ecco consunto
Il compro ardir34 Britanno esser già parme;
Ecco, ecco al fin di libertade il punto.

VIII.


Esci Washington, esci: ecco l’istante35
Ove scontar le offese

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Ai traditor di libertà farai.
Tra le guerriere memorande imprese
Nulla starà davante
6A questa tua. Già incontro all’oste vai
Recando ultimi guai. —
Oh dell’uman tuo cor vittoria degna!
Poca è la strage: e intero intero hai stretto
Il men crudo che inetto
11Nemico stuol, sí che depor la insegna
E il brando a lui convegna
E l’onor, se mai n’ebbe,
E la baldanza, che pur tanta ell’era. —
Or sia che vuol (ma pace36 esser dovrebbe),
Mai non vedrai, gran duce, ultima sera.37


Note

  1. La prima strofe di questa quarta ode fu scritta il 27 dicembre 1781, la seconda, la terza, la quarta e la quinta furon composte il 30 dello stesso mese; la sesta, la settima e l’ottava il 1° gennaio 1782. Narrare estesamente la vita di Giorgio Washington sarebbe impresa che ci condurrebbe troppo in lungo; ci accontenteremo però di accennare i fatti di maggior importanza e le rispettive date:
    1732: (22 febbr.:) nasce a Bridges Creek nella Virginia;
    1775: assume il comando dell’esercito nazionale;
    1776: toglie Boston di mano agli Inglesi;
    1776: ottiene le vittorie di Trentown e di Princetown;
    1777: Si ritira a Germantown;
    1777: (17 ott.:) ha parte indiretta nella vittoria di Saratoga;
    1779: si adopra a rimettere la concordia fra gli insorti;
    1781: (19 ott.:) costringe il Gen. Cornwallis a capitolare in Yorktown;
    1782: alcuni ribelli offrono al W. la corona di re, che egli rifiuta;
    1782: si ritira ne’ suoi possessi di Montvernon;
    1787: è nominato presidente dal Congresso di Filadelfia;
    1788: (3 apr.:) assume la carica;
    1793: è rieletto presidente e rinunzia l’ufficio;
    1799: è nominato generalissimo dell’esercito americano, nella guerra contro la Francia.
    1799: (14 dic.:) muore improvvisamente.

    Al Washington l’A. dedicò il Bruto primo con le parole: «Il solo nome del liberator dell’America può stare in fronte della tragedia del liberator di Roma.... Felice voi, che alla tanta fama vostra avete potuto dar base sublime ed eterna! l’amor della patria dimostrato coi patti».

  2. I. A Beniamino Franklin rivolge il discorso il nostro Poeta in questa strofe, chiedendogli ispirazione, affinché, se non gli è possibile lodar convenientemente lui, possa almeno cantare del W., che, per merito, gli vien súbito dopo; gradazione, a mio parere, del tutto arbitraria, perché affatto diversa la parte sostenuta da questi due uomini, egualmente necessari, nella lotta intrapresa contro la potenza britannica.
  3. 1-7. La scoperta del parafulmine, la piú nota fra le moltissime che dobbiamo alla poliedrica mente del Franklin, è del 1752, e allora il Franklin aveva 46 anni. Eripuit caelo fulmen sceptrumque tyrannis, disse del Franklin il Turgot, e l’A. riprende, modificandolo un po’, questo pensiero. Il terren Giove etc., Giorgio III d’Inghilterra.
  4. 9. Padre, poiché il Franklin destò e alimentò la fiamma della rivoluzione americana; consiglio, per il senno, la chiaroveggenza, la prudenza; anima, forza ispiratrice e suscitatrice; mente, direzione suprema.
  5. 13. Dramma, piccola quantità.
  6. II. 1-2. Ratto, rapito. — L’alta accesa fantasia, espressione dantesca: cosi nel Par., XXXIII, 142:
    All’alta fantasia qui mancò possa.
  7. 4. Tènaro, i regni infernali.
  8. 5-6. Per chi ha sí fermo il cuore da affrontare sicuramente le tenebre dell’Ade. — L’eterna notte ricorda la profonda notte del c. I del Purgatorio.
  9. 7-8. Catone a Virgilio e a Dante (Purg., I, 46):
    Son le leggi d’abisso cosí rotte?
  10. 9. Il can trifauce, Cerbero; la negr’onda: Acheronte; il fero Spaventoso nocchiero, Caronte.
  11. 11. Intendo, mi avvio, alla latina.
  12. 12-13. Dante (Inf., XXIX, 43):
    Lamenti saettaron me diversi....
  13. III. 1-5. Simile concilio d’immortali immaginò anche il Monti nella Mascheroniana; ma forse cosí il Monti come l’A. si ispirarono al libro VI, 636 segg. dell’Eneide. — Che or dal mondo spariro, quali non si trovano piú ai nostri giorni.
  14. 7-9. Questo personaggio è Leonida: le mortali strette sono le gole della Tessaglia.
  15. 10-11. Temistocle, che il 27 o 28 settembre 480 riportò la celebre vittoria contro i Persiani. — Tu che abbatti Il Cimbro, Mario, che a Vercelli nel 101 a. C. sconfisse questo popolo celta, con tale strage
    Che memoria de l’opra anco non langue,
    Quando, assetato e stanco,
    non piú bevve del fiume acqua che sangue.
  16. 12-14. Catone, «il santo petto», suicidatosi nel 46 a. C.
  17. 16. Var.:
    Che fia che a voi la immensa doglia apporti?
  18. IV. 1-5. Questa donna è la Libertà. — Piú che infiammata cosa, piú rosso di un ferro incandescente.
  19. 10. Var.:
    Patria nostra inceppata.
  20. 14. Opportunatamente il De Benedetti (L’America libera, odi commentate, Senigallia, 1911, 37) richiama a questo punto il verso del Leopardi:
    La vita che mi desti, ecco ti rendo.
  21. 15. Che fece noi superiori a noi stessi.
  22. V. 6. Fea nudo, privava.
  23. 14. I pregi, la speciale virtú di cui ciascuno dei guerrieri si era privato.
  24. 15-16. È questi Q. Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore (Cunctator) dalla sua tattica di stancare il nemico, punzecchiarlo, molestarlo, senza venir mai ad una battaglia decisiva: il Jefferson, che tracciò magistralmente il profilo del Washington, dice che il «tratto piú forte del suo carattere era forse la prudenza; non operava mai, finché non era stata giudicata e pesata ogni circostanza, ogni considerazione» (in Hopp, op. cit., 338, in nota): Giovanni Fantoni, nell’ode A Francesco Saverio Petrucci:
    Washington piú giovin Fabio
    Coprí la grata patria coll’egida
    Dalla furia maligna
    Dell’Europa matrigna.
  25. VI. 5. Là dove, nell’America del Nord al campo del Washington.
  26. 12. Sotto modesta stola, sotto abito modesto.
  27. 14-15. E le virtú accolte di capitani diversi formano di lui il perfetto capitano.
  28. VII. 1. Piú numer, piú numerosi.
  29. 3. Vallo, trincea, steccato.
  30. 5. E de’ quali deve perciò risparmiare piú che gli è possibile la vita.
  31. 6. Lo allòr che piú riluce, la fama di prode guerriero; ricorda il verso di Dante (Purg., XXI, 85 seg):
    Col nome che piú dura e piú onora
    Era io di là....
  32. 8. Il vostro sangue.
  33. 9. Presto, pronto, preparato.
  34. 15. Il compro ardir, l’ardimento delle milizie mercenarie.
  35. VIII. 1-6. La caduta di Yorktown, difesa dal generale Cornevallis e assediata dal Washington segnò veramente la fine della guerra tra gli S. U. d’America e la Granbrettagna (18 ottobre 1781). Il giorno dopo, nelle case di Moore, furono segnati i preliminari della pace.
  36. 15. La pace, come vedremo, non fu segnata effettivamente che nel genn. 1783.
  37. 16. Vivrai eternamente nella memoria degli uomini.