Rivista di Cavalleria - Volume I/II/Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) II

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (II parte)

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (II parte)
II - Nella nebbia II - L'iniziativa e l'autonomia degli squadroni

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SULLE


EVOLUZIONI DELLA CAVALLERIA




CONCETTI E PROPOSTE




(Continuazione, vedi fascicolo primo).


VII.

Cambiamenti di direzione, conversioni e cambiamenti di fronte.

I cambiamenti di direzione, le conversioni ed i cambiamenti di fronte, sono in oggi tre modi differenti di girare di un riparto.

Cambia direzione un riparto in colonna, ed affinchè questo cambiamento non porti scosse lungo la medesima, è necessario che il perno non si arresti, onde contro di esso non vada ad urtare il riparto che segue. Ecco perchè il cambiamento si fa avanzando, descrivendo col perno un arco molto pronunciato e facendo regolare il movimento dalla guida che conserva la cadenza.

Dicesi invece che converge il riparto in linea, quando gira a perno fisso. Questo modo di girare non è però cavalleristico, perchè alle celeri andature provoca un brusco arresto del perno, costringe questo a girare ed a spostarsi sul posto e rende tanto più rigido il movimento quanto più estesa è la fronte del riparto.

Le conversioni adunque, secondo il mio modo di vedere, dovrebbero eseguirsi anch’esse a perno mobile, ma solo di quel tanto che valga ad evitare gli inconvenienti succitati, vale a dire facendo descrivere al perno un arco di piccolissimo raggio. [p. 119 modifica]

Si obbietterà che, in allora, sarebbe impossibile disporre di fianco e sul posto una linea od una massa senza farla avanzare; ma questo movimento non può essere imposto che dalla necessità di spostarsi da quella parte, dunque tanto meglio se essa incomincerà a spostarsi fin dall’inizio del movimento stesso.

Un’altra obbiezione, che mi si potrà affacciare, sarà che, se il movimento dei plotoni a destra (o sinistra) non incontrerà difficoltà ad essere eseguito avanzando, quando si tratti di connettere lo squadrone (dalla colonna alla linea) altrettanto non sarà nel caso inverso, quando cioè si debba sconnetterlo (dalla linea alla colonna), perchè il perno andrà ad urtare contro l’ala marciante del plotone situato dalla parte verso cui si gira. Ciò però non deve avvenire; inquantochè, mentre il perno diminuisce subito l’andatura e gira lentamente, l’ala marciante all’opposto dovrà avanzare e girare raddoppiando di velocità; ossia, se il movimento è eseguito ad es. al trotto, il perno si metterà al passo, mentre l’altra ala prenderà il galoppo, com’è appunto prescritto nel girat. Del resto la fila cieca (che non esiste in Francia) facilita presso di noi di molto lo sconnettimento, il quale avverrebbe inoltre senza l’altro poco cavalleristico spostamento sul posto, tanto marcato, dei quadrupedi del perno di 2a riga.

Finalmente, una terza obbiezione mi sarà fatta pel dietro fronte, facendomi osservare che nel girare avanzando, non si potrà impedire che le ali vadano ad urtare nei reparti viciniori; ma oltrechè ciò sarà evitato coll’esercizio, coll’ottenere cioè che i perni descrivano archi eguali, si eviterà sopratutto dai comandanti di plotoni, i quali sposteranno se occorre il proprio riparto, onde penetri esattamente nell’intervallo che a lui spetta, tanto più che anche attualmente se la guida non sa girare convenientemente, e si sposta in fuori, costringe l’ala marciante a spostarsi anch’essa mandandola ad urtare contro il perno del riparto viciniore.

Sia poi che si voglia conservare o no la conversione a perno fisso, in tutti i modi, tanto il cambiamento di fronte, quanto il dietro fronte del plotone, che rispondono ad una [p. 120 modifica]impellente necessità di spostarsi, di far fronte al nemico, o di ritirarsi non debbono essere eseguiti facendo diminuire di un grado l’andatura della guida come è attualmente prescritto.

Si dirà che, se si vuole effettuare il dietro fronte od il plotone a destra (o sinistra) in questo modo, basterà ordinare l’andatura di un grado superiore; ma a parte l’anomalia di dover comandare un acceleramento di andatura per far sì che la guida (incaricata di mantenere la cadenza) conservi quella che ha, sta contro tale prescrizione il principio di: evitare i comandi per quanto è possibile, onde meno facili riescano gli equivoci, per non essere stati compresi. Giova d’altra parte tener presente che di fronte al nemico, scopo a cui debbono mirare le nostre evoluzioni, i movimenti debbono avere l’impronta della celerità e che quando quei movimenti si vogliono eseguire con una diminuzione di andatura della guida, allora si potrà ordinarla; ciò che trovo sia più razionale che non l’inverso. Senza contare infine che, attualmente, eseguendo il movimento al passo, la guida dovrebbe prendere un’andatura inferiore della metà, cioè un passo che non esiste.

Il cambiamento di fronte poi dello squadrone in linea, a perno fisso, e quand’anche limitato ad un semplice diagonale dovrebbe, a mio credere, bandirsi assolutamente dalle nostre evoluzioni, lasciando che desso sia riserbato alle armi a piedi, ma non all’arma a cavallo, la quale esige, per la scioltezza dei suoi movimenti, per la conservazione dei quadrupedi e pel suo modo di combattere, di manovrare sempre avanzando e senza scosse od arresti. In tal modo la guida potrebbe fare a meno di convergere con andatura inferiore di un grado a quella che aveva o che venne comandata, limitandosi semplicemente a rallentare alquanto il trotto od il galoppo per facilitare il movimento.

Altra osservazione puossi fare a riguardo del cambiamento di fronte del reggimento dagli ordini in linea che, allo stato attuale delle cose, col far convergere la fronte come in un pezzo solo, per la regolarità e l’apparenza del movimento, [p. 121 modifica]converte in un sistema rigido e tardo, un nucleo di riparti snodati ed indipendenti, quali sono appunto gli squadroni.

l cambiamento di fronte, l’ho già accennato e torno a ripeterlo, risponde al bisogno di parare un attacco che si presenta in direzione obliqua, ond’è necessario che si abbiano anzitutto e sollecitamente gli squadroni nella nuova direzione.

Non è però col girare su enormi archi di circolo, come si vede in figura, che ciò si potrà ottenere; inquantochè oltre ad essere questo movimento lunghissimo, v’è l’aggravante che nessuno squadrone è al caso di fronteggiare l’attacco sino a tanto che l’intero reggimento non ha compiuto la conversione. L’ideale da raggiungersi è invece che: il comandante, senza tanto specificare andature e cambiamenti diagonali, si slanci nella nuova direzione, seguito dal riparto centrale, e che tutti gli altri imitino il movimento, cambiando dapprima direzione alla fronte e portandosi poscia sulla linea ed al giusto intervallo, di galoppo e pel più corto cammino.

La fronte, in tal modo, si cangia da se sul centro anzichè su di un’ala, senza comandi o tutto al più col comando o suoneria: fronte al nemico, senza perdita di tempo, di quel tanto [p. 122 modifica]che il comandante vuole ed anche con spostamento verso la destra o la sinistra di quanto fosse necessario per meglio colpire l’avversario e senza che il capo sia costretto a seguire rigidamente la traccia fissata dal regolamento che, a parte il lungo percorso, non sarà spesso la più conveniente per ben dirigere l’attacco.

In una parola: il cambiamento dovrà avvenire a guisa di scaglioni di squadrone, per essere ciascuno pronto subito a fronteggiare corrispondenti riparti nemici od a parare attacchi avvolgenti, e tanto meglio se si avrà poi il tempo di riportarli tutti sulla linea; mentre intanto al 2° tempo se ne avranno già due (i centrali), poscia nell’avanzare, fronteggiando sempre il nemico, cioè al 3° tempo, gli altri due laterali, e finalmente anche gli esterni. A tal uopo, il comandante dovrà regolare l’andatura dei reparti centrali per favorire l’avanzata di quelli d’ala, mentre i riparti del perno dovranno a loro volta regolarsi su quelli di base per ritornare sulla linea ed al giusto intervallo, spostandosi se occorre in fuori od in dentro a seconda delle circostanze.

Nel caso infine della massa, non deve essere necessario di comandare e far eseguire dapprima il cambiamento di fronte e poscia lo spiegamento, inquantochè il comandante, nell’ordinare lo schieramento, cangerà nel tempo stesso direzione, seguito dal riparto di base, e gli altri approfitteranno dello spostamento che debbono fare per venire contemporaneamente a spiegarsi sulla nuova linea.

Colà dove si dirige e va il capo, tutti gli altri, a cominciare dal riparto centrale debbono seguirlo; ecco il gran principio per ottenere la rapidità della manovra e specialmente i rapidi cambiamenti di fronte.

Con truppa così addestrata sarà facile di poterla maneggiare in spazi e tempi ristretti, per fronteggiare qualunque eventualità, epperciò di raggiungere una illimitata superiorità su altra più numerosa, ma meno manovriera e non altrettanto alla mano del comandante. Questi potrà, in allora, attendere ad es.: che l’avversario abbia iniziato il suo spiegamento a [p. 123 modifica]distanza forte e si trovi nell’impossibilità di cambiare rapidamente di fronte, per piombargli addosso obliquamente su di un’ala, con rapido cambiamento di direzione della massa, contemporaneo allo spiegamento.

Concludendo, canone fondamentale dei cambiamenti di fronte (come in generale di tutte le evoluzioni) dev’essere che: gli squadroni si rechino al loro posto per la via più breve, col minor numero di movimenti possibili ed all’andatura che maggiormente facilita e senza brusche scosse, la nuova formazione; andatura però che, normalmente, a partire dal centro verso l’ala esterna, sarà, pei cambiamenti di fronte, il galoppo, senza che vi sia bisogno di specificarla col comando.


VIII.

Delle andature.

Dopo quanto venne detto, relativamente: agli spiegamenti, ai ripiegamenti, ai cambiamenti di fronte, di direzione, ecc., sarà facile il persuadersi che: l’andatura non è che un mezzo, del quale ciascuno deve sapersi servire a seconda delle circostanze. Intendo, non già a capriccio, sibbene seguendo principi e norme nettamente tracciate, e ciò sempre in omaggio all’ordine ed alla disciplina, che debbono essere base d’ogni manovra; con questa differenza però che, attualmente, il regolamento fissa tassativamente che l’andatura dev’essere comandata, e la prescrive per ogni formazione, mentre io opino invece essere inutile, o meglio non necessario ed anzi da evitare d’indicare col comando, caso per caso, l’andatura da usarsi.

L’andatura dev’essere fissata come principio e norma di massima pel caso più generale e per quello che corrisponde all’eventualità di avere il nemico di fronte e che facilita le evoluzioni. Essa deve quindi risultare in modo naturale ed essere assunta senza bisogno di comandi; salvo invece a specificarla quando il movimento, per istruzione ed in tesi generale, per eccezione, si voglia eseguire altrimenti; come appunto venne fatto rilevare nei paragrafi precedenti.

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Regola generale deve inoltre essere la seguente: l’individuo od il riparto di base, deve seguire il comandante alle varie andature che esso prende, e tutti gli altri, informandosi al criterio che lo scopo deve avere la preminenza sui mezzi, si regolano, per spirito d’imitazione e d’iniziativa sull’individuo o sul riparto centrale, non perdendo mai di vista l’obbiettivo da seguire e secondando il comandante nelle sue intenzioni.

Pertanto il comandante parte al trotto, e tutti gli individui e i riparti fanno altrettanto; il comandante incontrando una stretta, rompe al galoppo, ed il riparto centrale, seguito ed imitato successivamente dagli altri, s’incolonnano colla fronte più ampia possibile; superata la stretta il terreno consente di riformarsi come prima ed il comandante diminuisce l’andatura o si arresta ed i riparti successivamente si riformano e si arrestano; il capo ordina lo spiegamento, e gli squadroni al galoppo, prendono l’intervallo e si spiegano poi al galoppo allungato; il comandante vuol facilitare agli squadroni d’ala, rimasti alquanto indietro per le circostanze del terreno, di portarsi più facilmente in linea, ed egli rallentando l’andatura, costringerà i riparti già spiegati a fare altrettanto; ecc.

In tal modo saranno soppressi i dettagli ed i comandi inutili, dovendo bastare a tutti l’indicare l’obbiettivo, lasciando che ciascuno lo raggiunga a sua volta, in base al concetto generale al quale dev’essere improntato il nostro regolamento, pel più corto cammino, nel tempo minore e nelle migliori condizioni possibili; senza dimenticare mai che tanto gli spiegamenti, quanto i ripiegamenti imposti dal terreno in presenza del nemico, rappresentano dei momenti di crisi.

L’andatura normale di manovra dovrebbe adunque essere il galoppo, riserbando il trotto puramente e semplicemente per le marce e per istruire, non mai per esercitare i riparti, perchè solo col galoppo si potrà rimediare all’attuale lentezza dei movimenti e rendere una cavalleria manovriera per eccellenza.

In Russia venne difatti adottato non solo il galoppo di manovra (di circa 284m al minuto), ma benanco il galoppo di [p. 125 modifica]campagna (di 426m), mentre da noi si continua ad evoluzionare a base di trotto e di trotto di strada, di appena 200m al minuto, riservando il galoppo quasi esclusivamente per la marcia di fronte per l’attacco.

Ciò dipende dal fatto che il regolamento specifica potersi usare, per ogni movimento, il trotto ed il galoppo, quasichè in presenza del nemico si potesse, a piacimento, evoluzionare con l’una o l’altra andatura.

Se vogliamo invece che, in allora, si usi esclusivamente il galoppo, per guadagnare il fianco dell’avversario, per non fare spiegamenti prematuri, ecc., bisogna, fin dal tempo di pace, esercitare i nostri riparti e costringerli a manovrare a tale andatura; perchè in cavalleria nulla s’improvvisa e finiremo altrimenti coll’avere una cavalleria la quale farà bella mostra di sè in piazza d’armi, pel suo modo ordinato e tranquillo di evoluzionare, ma che non sarà mai una cavalleria manovriera, la di cui caratteristica sia la rapidità.

Questo basti a dimostrare quanto urga, a mio credere, di incamminarsi sulla nuova via, ed a spiegare il perchè io mi sia deciso a scrivere queste pagine, abbenchè sia stato pubblicato, or ora, il nuovo regolamento di esercizi e di evoluzioni.

Nè vi sarà a temere che possa avvenirne un logoramento maggiore nei quadrupedi; inquantochè ciò che sciupa il cavallo non è il galoppo, ma sono i bruschi arresti, il manovrare su piazze d’armi ghiaiose o su terreni duri che, specie nell’estate, quando le unghie aride dei piedi sono poco elastiche, producono col ferro percosse tremende sulle articolazioni.


IX.

Della guida e della direzione.

Coll’adozione della guida al centro si dimostrò di avere compreso come, in cavalleria, spettasse al comandante, e non alla fila d’inquadramento di destra o di sinistra di trascinare il riparto all’attacco, e come senza la guida al centro, il comandante non potesse mai avere la propria truppa alla mano, sia [p. 126 modifica]per ben dirigerla nel punto preso di mira, sia per comunicarle immediatamente la propria volontà.

Tale guida al centro non deve adunque mai cessare, in nessuna circostanza, vuoi nelle marce di fronte, vuoi negli spiegamenti ed i ripiegamenti, vuoi infine nei cambiamenti di fronte, sia che questi si facciano a perno mobile e snodati, sia che si vogliano a perno fisso e rigidi. In una parola: noi dobbiamo manovrare col centro e sul centro, e non altrimenti.

Però, se la guida al centro, presso di noi, si ottenne pel plotone, altrettanto non si raggiunse per lo squadrone, il mezzo reggimento ed il reggimento.

Difatti, affinchè una truppa possa, in certa guisa, essere collegata col proprio comandante è necessario, ed è anche suffìcente che: la fronte del riparto sia resa solidale con la direttrice di marcia tracciata dal capo, ossia colla normale passante pel centro del riparto e che ne rappresenta l’asse. Ora, ciò avviene appunto pel plotone, in cui, l’individuo del centro trovasi in corrispondenza e segue il comandante. L’asse è pertanto materializzato da due individui e variando esso di posizione, la fronte è costretta anch’essa a convergere a destra od a sinistra, secondochè l’asse si volge dall’una o dall’altra parte.

Nello squadrone, nel mezzo reggimento e nel reggimento invece, nei riparti cioè in cui maggiormente si fa sentire il bisogno della guida al centro, il comandante viene a trovarsi in corrispondenza dell’intervallo segnato dai due plotoni o dai due squadroni centrali; epperciò l’asse non è rappresentato che da un solo punto, non avendo egli sulla fronte dello squadrone o del reggimento altro individuo di riferimento e di collegamento.

Come può pertanto il comandante, dell’uno o dell’altro riparto, assicurare la direzione d’attacco ed imprimerla mediante quella segnata dal proprio cavallo, nonchè di far eseguire un cambiamento di direzione od uno spiegamento obliquo con celerità ed esattezza?

Persuadiamoci che, un comandante di cavalleria, non potrà essere padrone del proprio riparto, non potrà cioè dire di averlo [p. 127 modifica]alla mano, se non quando potrà comunicargli la sua volontà d’un sol colpo, d’un sol comando, d’un sol gesto rapido come il fulmine e non con ordini dettagliati, o con comandi lunghi.

Dobbiamo dunque attribuire alla mancata traccia della direzione, nonchè dal non essere abituati a seguire il comandante, tutte le volte che, nel momento convulso dell’azione, i riparti sfuggono dalla mano del capo, o dall’orientazione dello spiegamento e dell’attacco, perchè in allora il comandante avrà un bel gridare, gli squadroni, a guisa di voce dal sen fuggita, che richiamar non vale, continueranno a puntare per loro conto o nel vuoto.

S’aggiunga poi che, presso di noi, allorchè il comandante si allontana momentaneamente, l’incarico di mantenere la direzione, negli ordini in linea (N. 13) è assunto: dal comandante del riparto centrale per lo squadrone, e pel reggimento, dal più elevato in grado o più anziano dei due comandanti di mezzo reggimento. Io domando però, tanto l’uno quanto l’altro, ma specialmente quest’ultimo, come possono guidare dalla posizione eccentrica in cui vengono a trovarsi? Senza contare che, se si dirigono nella direzione designata dal comandante, non potranno fare a meno di portare una oscillazione ed uno spostamento della fronte.

Da quanto sopra ne emergono quindi questi tre principi dì somma importanza, cioè:

1° Che il comandante di qualunque riparto, deve trovarsi dinanzi ed al centro della fronte, onde possa essere veduto da tutti, e possa tracciare l’attacco, ossia costituire la guida di direzione.

2° Che desso dev’essere collegato col riparto centrale, a mezzo del comandante di questo, incaricato di seguirlo e segnare la guida d’allineamento.

3° Infine, che la direzione non deve sparire coll’assentarsi, anche momentaneamente, del capo e dev’essere conservata dal comandante in sottordine che trovasi sull’asse.

Per noi, allo stato attuale delle cose, e come ripiego ogni qualvolta la fronte sia costituita da un numero pari di riparti, [p. 128 modifica]l’unica soluzione possibile si è quella di porre, come in Francia, il comandante dello squadrone e del reggimento in corrispondenza del riparto così detto centrale (ma che non lo è affatto), ossia sull’asse tracciato dal comandante il 2° plotone e del 3° squadrone; ma si avrebbe pur sempre l’inconveniente di non avere realmente la guida al centro, motivo per cui non sarebbe agevole, al comandante, di centrare l’attacco.

D’altra parte, non seguendo il sistema suddetto, è impossibile che non si manifestino nella fronte tutte quelle oscillazioni che ora si lamentano; vuoi pel fatto che il comandante dello squadrone, nello spiegamento, deve portarsi al centro di figura, vuoi perchè è assolutamente non pratico che il comandante del plotone centrale possa regolarsi, per la direzione, sul proprio comandante di squadrone, e l’uno o l’altro sul comandante il reggimento, stante la loro eccentricità rispettiva, che li condanna ad un continuo sforzo di orientamento per approssimazione.

L’ideale sarebbe adunque di costituire lo squadrone ed il reggimento in formazioni dispari, cioè: l’uno costituito da tre plotoni e l’altro da cinque squadroni.

Non conviene costituire anche lo squadrone su cinque plotoni perchè risulterebbero troppo piccoli, specie durante il tempo di pace, giacchè anche attualmente si trova difficoltà a formarne quattro; sicchè spesso si è costretti a scomporne uno per rinforzare gli altri. Ciò è di non lieve gravità, inquantochè i plotoni, che formano la base dello squadrone, sia per ragioni disciplinari, sia per quistioni tattiche e tecniche, non dovrebbero mai sfuggire dalle mani del proprio comandante.

In secondo luogo poi, con tre plotoni soltanto, gli spiegamenti sarebbero più rapidi che non su cinque, come lo sarebbero anche rispetto agli attuali su quattro, stante il ritardo del quarto plotone per portarsi in linea, mentre invece si può dire che lo spiegamento del 2° e 3° è quasi contemporaneo, gettandosi l’uno sulla destra e l’altro sulla sinistra.

La forza organica di questi plotoni dovrebbe essere di 38 cavalli nelle file, ossia 20 in prima riga e 18 in seconda.

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A primo aspetto essa sembrerà un po’ forte, ma se si pensa che ben difficilmente arriveremo a mobilitarci colla forza al completo e che, in tutti i modi, dopo i primi giorni, andrà subito diminuendo, si vede che sarà molto se potremo raggiungere quella che dovrebbe essere ora normale (di 16 e 14), specie quando vi si difalchino tutti gli individui che saranno comandati in servizio isolato.

I reggimenti, ho detto, vorrei che fossero costituiti su cinque squadroni, onde renderli anche più maneggevoli, qualità assolutamente indispensabile per noi1.

Le brigate invece dovrebbero essere composte di tre reggimenti, perchè se è importante che il reggimento possa essere guidato dal comandante, a più forte ragione lo è la brigata quando debba costituire la prima schiera, o meglio ancora costituirsi in schiere; giacchè io ritengo che, la nostra unità tattica per eccellenza debba essere la brigata, composta come sopra è detto, rinforzata da 1 batteria a cavallo, non consentendo i nostri terreni l’impiego di unità maggiori sotto l’impulso diretto di un sol comando. Nulla vieta però che, ad ognuna delle armate, siano assegnate due di queste brigate, normalmente dipendenti entrambe soltanto dal comandante supremo d’armata; ed in circostanze eccezionali di tempo e di luogo, riunite sotto il comando di un solo.

Queste brigate dovrebbero inoltre essere costituite in modo permanente, giacchè se v’è un’arma che richieda affiatamento fra i vari comandanti e le unità dipendenti questa è appunto la cavalleria, senza di che è impossibile, alle celeri andature, trascinare, guidare e farsi comprendere dai propri riparti.

Lo stendardo del reggimento dovrebbe poi essere affiancato al comandante del plotone centrale, onde fosse bene in vista a tutti ed affinchè quel riparto costituisse la base [p. 130 modifica]d’allineamento; perchè, è inutile illudersi, è essenzialmente su di esso che gli altri riparti prendono norma per allinearsi, specie nei cambiamenti di fronte, mentre in oggi non è designato da nulla.

Difatti, la fronte d’attacco, oltrechè non può essere segnata dal solo comandante il riparto centrale, non può nemmeno essere rilevata dai comandanti dei riparti eccentrici, senza il concorso di questo riparto, che la traccia invece in modo chiaro. Ora tutti comprendono quanta importanza abbia la fronte d’attacco, perchè io abbia bisogno di spendervi parole attorno, per dimostrare la necessità che sia designato con appariscenza il riparto di base.

Eppertanto lo stendardo varrà a trascinare gli squadroni sulla via della vittoria, a non sfuggire dalle mani del comandante, e sopratutto a guidarli nella direzione d’attacco; tale appunto dovendo essere la sua elevata missione, col richiamare e designare la guida al centro.

Sopprimerei poi senz’altro la suddivisione in mezzi reggimenti, ed i relativi ufficiali superiori, non avendo essi nessuna ragione, nè amministrativa, nè tecnica, nè tattica di esistere; e conserverei soltanto un comandante in 2a a 10 passi dietro il comandante in 1a, per sostituirlo nella direzione, quando egli si assenta e per comandare due degli squadroni, quando venissero distaccati (gli altri tre dovendo in allora rimanere agli ordini del comandante il reggimento).

Anzi, gli ufficiali superiori, dinanzi alla fronte, ritengo siano dannosi, inquantochè sono un’altra delle cause per cui gli squadroni fuggono spesso dalla mano del comandante il reggimento. Difatti, dovendo gli squadroni seguire il proprio comandante di mezzo reggimento, perdono di vista il colonnello e la guida al centro, talchè avviene che, nell’orgasmo della azione, gli ufficiali superiori, puntando per loro conto, lasciano il comandante il reggimento senza truppa dietro di sè, mentre gli squadroni non debbono avere che un solo capo diretto e seguirlo: il colonnello.

Inoltre, è impossibile che gli ufficiali superiori possano segnare l’intervallo giusto dal centro, non avendo sulla propria [p. 131 modifica]linea, in corrispondenza dell’asse, alcun punto di riferimento, motivo per cui creano continue oscillazioni nella fronte. Di più nel mezzo reggimento di destra, risultano adesso due squadroni centrali, uno cioè di mezzo reggimento, che deve seguire l’ufficiale superiore, ed un altro di reggimento che deve regolarsi sul primo e contemporaneamente seguire il comandante il reggimento.

L’abolizione degli ufficiali superiori renderebbe per giunta gli squadroni più indipendenti nella formazione del reggimento, sia nella raccolta, sia nell’ammassamento, mentre in oggi essi debbono portarsi sulla destra o sulla sinistra, intraversandosi e creando magari inciampo all’adunata, secondochè appartengono all’uno od all’altro mezzo reggimento; contrariamente al principio delle riunioni sul centro successivamente ed alternativamente a destra ed a sinistra qualunque sia il numero d’ordine amministrativo dei riparti. Lo stesso dicasi per quanto riguarda i ripiegamenti, che avverrebbero sul centro, alternativamente, dalla destra e dalla sinistra in modo più naturale e con minori arresti.2

Ravvicinerei anche il comandante del reggimento, portandolo a soli 23 passi dai comandanti di squadrone, inquantochè la linea spiegata venendo assunta soltanto all’alto dell’attacco [p. 132 modifica]e quando non vi è più possibilità alcuna di manovrare, non è necessario che il comandante sia molto distante dalla fronte, ed anzi sarà più facilmente raggiunto dai riparti (come vuole il regolamento), mentre attualmente è impossibile che in 150 o 200 passi di carica, essi ne possano guadagnare 50, sul percorso del comandante, per raggiungerlo.

Si noti infine che, dalla distanza di 23 passi, dal comandante il riparto centrale, egli potrà imprimere meglio alla linea, la fronte che intende di darle, inquantochè quanto più è vicino ad essa e tanto più celeremente e più fortemente è marcato il proprio spostamento nella nuova direzione.3

Così pure trovo che non v’è alcuna necessità che il comandante lo squadrone stia a 7 passi dal capo plotone nell’ordine in colonna e si porti poi a 15 passi in quello in linea, obbligandolo, ogni volta, a fare uno slancio avanti od un arresto nello spiegamento o nell’incolonnamento, che, se fosse realmente eseguito, potrebbe creare dei malintesi nel plotone centrale, e che in tutti i modi perturberebbe l’andamento delle evoluzioni. Proporrei quindi che fosse lasciato sempre a 5 passi di distanza, anche per le ragioni accennate pel comandante il reggimento.

L’ordine di schieramento sarebbe pertanto il seguente:


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Coll’istituzione poi della guida al centro, le file d’inquadramento hanno perduto molto della loro importanza e ne ha invece acquistata una grandissima l’individuo destinato ad essere il centro del plotone. Quivi adunque, dovrà essere destinato il più elevato in grado, dopo il comandante del plotone, ed in mancanza di graduati, il cavaliere più intelligente; anche perchè qualora cadesse il comandante, l’altro potesse subito sostituirlo nel comando, con un salto avanti.4

Per ultimo gli zappatori dovrebbero rimanere alle ali della 2a riga; onde non scomporre tutto il plotone quando occorra chiamarli fuori, per aprire celeremente dei passaggi o per altra missione di loro spettanza, e dovrebbero far parte, per la stessa ragione del plotone di testa nella colonna che, diviene poi centrale nello spiegamento.

Riguardo agli intervalli, parmi che sia di troppo l’averli fìssati a 10 passi fra squadrone e squadrone e 15 fra i due mezzi reggimenti in linea; giacchè per quanto si predichi che questi intervalli sono fatti per dare elasticità di manovra e che debbono sparire all’atto dell’urto, il più spesso avviene che sono invece aumentati, sicchè i comandanti di reggimento, che dovrebbero essere destinati a sfondare la linea avversaria, caricano invece non sostenuti da nessuno e con un largo vuoto dietro di loro.

È anche per questo motivo che io propugno sempre più lo schieramento su cinque squadroni e che l’intervallo sia ridotto, per tutti, a 5 passi.5

Il sesto squadrone, poi, quando non si credesse di dovere variare l’organizzazione attuale, dovrebbe portarsi al centro e dietro la linea, per costituire lo squadrone di riserva pronto a parare ogni evenienza; tanto più che la nostra fronte, quando anche costituita su 5 squadroni di 4 plotoni l’uno, sarà sempre eguale o superiore a quella dei reggimenti delle altre potenze.


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X.

Dello spirito d’imitazione e d’iniziativa.

Nello svolgere i precedenti paragrafi, mi si porse sovente l’occasione di accennare alla necessità che, nella cavalleria, fosse sviluppato lo spirito dell’imitazione e dell’iniziativa, che per me rappresenta l’anima vera della nostra arma, il fondamento della sua azione e d’ogni suo successo, come pure la migliore sua egida.

Senza questo ben inteso spirito, il comandante è forzatamente costretto ad intervenire in tutti i dettagli, a dare un’infinito numero di disposizioni, di ordini e di comandi; e siccome per quanto si moltipli e pensi, specie nel trambusto dell’azione (quando deve essenzialmente tener d’occhio il nemico), non può trovarsi dappertutto, nè indicare tutto, così è che, tosto o tardi, il difetto d’iniziativa si manifesta: con uno spiegamento non prontamente eseguito, con un cambiamento di fronte non riuscito, con una sorpresa di cui il riparto è vittima, con un’arresto di fronte ad un ostacolo, e con tanti altri sgraziati incidenti che decidono spesso della sorte di una cavalleria.

Eppertanto, io ritengo della massima importanza che questo spirito d’imitazione e d’iniziativa sia sancito dal regolamento, onde sia sviluppato e coltivato in sommo grado e sotto sani principi di massima, affinchè non degeneri in anarchia e licenza; inculcando in tutti che: l’iniziativa e l’imitazione debbono estrinsecarsi, esclusivamente, per mantenersi nelle mani del proprio capo, per agevolargli il comando, non perdendo all’uopo mai di mira, nè il comandante, nè lo scopo che egli si propone.

Io mi limiterò qui ad accennare alcuni casi, nei quali lo spirito d’imitazione e d’iniziativa deve esplicarsi, e dove il difetto di esso debba costituire una grave colpa, imperdonabile pel comandante in sott’ordine, o per lo meno servire a giudicare della sua intelligenza, della sua abilità e della sua attività.

Considerando anzitutto le andature, dev’essere sottinteso, che le medesime, senza bisogno di sonerie o di comandi (che [p. 135 modifica]impediscono ogni avvicinamento di sorpresa) debbono venire assunte per imitazione di quanto fanno il comandante ed i riparti viciniori ed in base ai principî precedentemente stabiliti.

Pertanto, è per spirito d’imitazione che i vari riparti e gli individui di una colonna in marcia debbono regolarsi per: partire, fermarsi, cambiare andatura, sdoppiare e raddoppiare, estrarre o rimettere la sciabola, rendere onori, ecc., a seconda di quanto vedono fare successivamente da quelli di testa; ed anzichè produrre continuamente scosse per serrare e riprendere le distanze perdute, ciascuno deve conservare la cadenza riguadagnando poscia la distanza prescritta coll’attendere a diminuire l’andatura od a partire quando lo fa il riparto che precede.

Insomma si deve avere una colonna elastica e non un riparto rigido che si muove, poco praticamente, tutto d’un pezzo con suonerie; cosa del resto che non si potrà mai ottenere: sia perchè le suonerie non si trasmettono a guisa di scosse elettriche, ma successivamente; sia perchè è nell’istinto dell’uomo e del cavallo di non partire o di non fermarsi se non lo fa l’individuo od il quadrupede che lo precede.

Cosi pure è per spirito d’imitazione che i riparti e gli individui delle ali o retrostanti debbono regolarsi per obliquare, convergere, incolonnarsi, spiegarsi, ed in tesi generale per far fronte al nemico.

Nelle marce poi d’avvicinamento, spetta ad ogni singolo comandante di provvedere alla sicurezza dei fianchi durante le soste; ed a quello di coda di premunirsi contro ogni attacco da tergo.

Disposizioni analoghe debbono prendere i riparti d’ala durante il periodo d’ammassamento e d’aspettativa, coll’inviare pattuglie di combattimento; e tutti indistintamente i comandanti debbono assicurarsi il facile sbocco, facendo per tempo abbattere ostacoli, aprire passaggi, esplorare il terreno, ecc.

Durante l’azione, spetta ai comandanti d’ala di parare agli attacchi avvolgenti, di costituire la scorta dell’artiglieria collocata da quella parte e di correre in suo aiuto se minacciata da altra cavalleria.

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Finalmente, è incarico del comandante della riserva a cavallo, durante l’appiedamento di garantire la sicurezza dei cavalli scossi, a mezzo di posti d’avviso collocati in punti favorevoli.

Laddove però si manifesta spiccato il carattere dell’iniziativa e che costituisce la pietra di paragone di una cavallerìa, si è nel passaggio degli ostacoli, ed in ispecie dei terreni difficili. In tali circostanze, vediamo generalmente, tanto i riparti quanto gli individui, tendere a passare l’uno dietro all’altro, come i montoni di Panurgio; ciò che è la negazione d’ogni iniziativa, e l’errore più grave che possa commettere una cavalleria; giacchè così operando, il passaggio dura un’eternità, la colonna si allunga enormemente, e si protrae indefinitamente la crisi durante la quale il riparto è paralizzato d’ogni sua azione.

A partire invece da ogni singolo riparto, da ogni singolo individuo, è necessario che ciascuno provveda ad aprirsi, a cercarsi per suo conto un passaggio, allargandosi sulla fronte e non allungandosi in profondità, salvo a ricostituire il proprio riparto appena siano cessate le difficoltà del terreno. Sarà solo col regolarsi in tal modo che si vedranno le masse allargarsi, sconnettersi, restringersi, riformarsi, con calma, in silenzio, senza sensibile arresto, senza comandi, e quel che più monta, sempre pronte al cenno del comandante, a parare qualsiasi eventualità. Quivi adunque si parrà la vera disciplina, nonchè l’abilità di una truppa e si proverà la sua solidità.

Io non nego che anche pel passato si sia fatto uso dell’iniziativa e dell’imitazione, ma non in quella misura che io ritengo necessaria per poter manovrare, senza comandi, sui nostri terreni; e le circostanze suaccennate, che avrei potuto moltiplicare all’infinito, nelle quali spessissimo vediamo non applicarsi nessun atto d’iniziativa e d’imitazione, sono là ad attestarci che queste qualità non possono essere lasciate all’arbitrio degli individui, ma che vogliono invece essere sancite e sviluppate in sommo grado in virtù dei nostri regolamenti, tanto nel comandante in capo, quanto nell’ultimo soldato.

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Sarà forse esagerazione la mia, ma sono convinto che, dati nostri terreni di manovra, una cavalleria che sia priva dello spirito dell’imitazione e dell’iniziativa, oltrechè vi si troverà impacciata come un pulcino nella stoppa, sarà fatalmente preda sia delle altre armi, sia d’ogni cavalleria che sappia avvalersi di quelle due impareggiabili qualità.



(Continua)

Col. D’Ottone.

Note

  1. Presso le altre potenze i reggimenti sono o si mobilitano su 4 o 5 squadroni, e non vi è ragione per cui noi si debba avere questa unità maggiormente pesante, mentre i nostri terreni, le nostre evoluzioni, la nostra tattica, la esigono invece più leggera.
  2. Gli organici attuali permetterebbero così di aumentare di 6 il numero dei reggimenti, formandone, per le ragioni già accennate, brigate di 3 ciascuna; come si può facilmente riscontrare calcolando: 10 brigate, 30 reggimenti, 150 squadroni, 450 plotoni; le prime comandate da maggiori generali o colonnelli, i secondi da colonnelli o tenenti colonnelli, i comandanti in seconda costituiti da tenenti colonnelli maggiori, i relatori da maggiori, ed abolendo i capitani a disposizione. Di questi 30 reggimenti, dodici varrebbero pei 12 corpi d’armata, e diciotto per formarne 6 brigate o 3 divisioni di cavalleria indipendente.
         S’intende che non vorrei soppresso neppure uno degli squadroni attuali, perchè come dimostrerò in altro mio studio avente per titolo: Storia e determinanti della funzione strategica della cavalleria, ritengo sia assolutamente indispensabile, appena si potrà, di aumentare quest’arma, senza di cui è impossibile l’attuazione di qualsiasi concetto strategico o d’impedire quello dell’avversario, che nelle guerre future si baserà sulle grandi masse di cavalleria.
  3. Una distanza molto forte, non è neppure necessaria per facilitare la propagazione del comando; inquantochè, come vedremo, è essenzialmente a segnali e per spirito di imitazione che si deve manovrare; e d’altronde una volta spiegati non v’è altra manovra da eseguire che partire celeremente a fondo, non dovendo subordinare le evoluzioni reali a quelle di piazza d’armi.
  4. Ricordiamoci inoltre che noi si manovra, si attacca e si sfonda col centro e qui deve esservi adunque l’elemento migliore e su cui dobbiamo fare a fidanza per essere seguiti.
  5. In Germania è di 6 passi per tutti.