Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/Dalla morte alla vita

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Dalla morte alla vita

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Carlo Emanuele IV in Roma Un messaggero-miracolo

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Dalla morte alla vita.


Il Governo pontificio non ha lasciato certamente il suo nome alla storia per l’ordine, nè i suoi sudditi per l’osservanza alle leggi; quella baraonda di motupropri, bandi ed editti, susseguentisi l’uno all’altro, poche volte veniva presa sul serio e ciascuno faceva liberamente il comodo suo, poco curandosi dell’Autorità, quantunque le pone comminate fossero spesso stragrandi e venissero non poche volte pazzamente applicate. Anche in questo però i meno furbi e più sfortunati pagavano sovente per gli altri nel beato Stato romano.

Nel novembre del 1804 si sparse per Roma come un baleno la triste nuova che un male di natura epidemica fosse scoppiato [p. 17 modifica]in Livorno; il Governo fu sollecito a prendere opportuni ed energici provvedimenti, mettendo i cancelli a Ponte Molle e formando un lazzaretto nella vigna di Papa Giulio, molto più impressionato dalle nuove che l’infezione si andasse propagando anche in Pisa. Le notizie giungevano in Roma ogni giorno più tristi ed il Segretario di Stato si vide costretto ad emanare un secondo editto, contenente molte misure riguardo alle persone ed alle merci, provenienti dalla Toscana; e, davanti all’imminenza del pericolo, si dovè ricorrere all’istituzione della quarantena nel suddetto lazzaretto, ma, come al solito, anche questa volta si credè prendere a riso l’editto ministeriale.

Il giorno 19 novembre, provenienti dalla Toscana, giungevano in Roma l’avvocato Ferretti e l’ab. Alborghini, aiutante di studio di Monsignor Serlupi; questi, per sottrarsi alle misure di sanità, si occultarono in una vigna a Grottaferrata, credendo anche in questa occasione di poter ridere delle leggi e degli editti, ma l’affare prese questa volta una brutta piega. Colà stesso furono arrestati dalla truppa e condotti loro malgrado al lazzaretto, mentre, con sollecitudine degna di miglior causa, la Consulta si affrettò ad istruire contro di loro un regolare processo; a dieci giorni di distanza così troviamo scritto nel nostro Diario: — 29 novembre — «Questa mattina è andata in Consulta la causa dei due avvocati Ferretti ed Alborghini, come rei di trasgressione delle leggi di sanità, e detenuti nel Lazzaretto di Papa Giulio. La risoluzione non si è ancora saputa. — 30 novembre — Si è resa pubblica la sentenza contro Ferretti ed Alborghini emanata nella congregazione di ieri. Essa porta la pena all’ultimo supplicio per ambedue, ma coll’aggiunta di un Consulendum pro minoratione poenae, in virtù di cui è stato commutato in quella della fortezza a vita, e della galera a vita per il servitore».

Nè si arrestò a questo la collera del Governo di Roma: il tre dicembre faceva carcerare il maestro di casa del duca Cesarini, per nome Troili, ed il suo figlio, come rei di aver dato ricetto nella loro vigna all’avvocato Ferretti ed all’ab. Alborghini già condannati. — Tuttavia con quella stessa facilità con cui questi gingilli e zuccherini di condanne a morte, o all’ergastolo a vita si regalavano, con quella stessa facilità si modificavano o [p. 18 modifica]toglievano completamente, creando così quella confusione e disordine, che caratterizza il Governo di Roma. I nostri condannati, appena ebbero passato nel lazzaretto i giorni prescritti, furono mandati al forte di Castel S. Angelo per pagare la pena del loro reato, ed i chiavistelli del carcere si richiusero loro dietro rumorosamente. Ma neanche questa seconda condanna venne mantenuta: il 1° marzo dell’anno dopo troviamo registrato nel nostro Diario: «Oggi, giorno anniversario della creazione di S. Santità, sono sortiti da Castel S. Angelo i due avvocati Ferretti ed Alborghini, stati ivi rinchiusi per il noto affare di sanità».

I condannati a vita nella fortezza erano stati liberati dopo tre soli mesi. Però, bisogna confessarlo, questi pochi mesi dovettero valere per i poveri reclusi una vita intera. Quante dolorose sensazioni provate! Erano stati condannati a morte, questa pena era stata poi commutata nell’altra della fortezza a vita ed in ultimo improvvisamente erano stati posti in libertà! Quanti dolori! quante palpitazioni in sì breve lasso di tempo! Chi ci assicura però che i due avvocati, espertissimi delle cose di Roma, non avessero spesso riso sotto i loro baffi, sicuri del felice scioglimento finale?