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Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/Primi segni di tempi nuovi

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Primi segni di tempi nuovi

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Il Carnevale del 1809 Il Potere Temporale - Sua prima caduta nel secolo XIX

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Primi segni di tempi nuovi.


In mezzo alle rovine, di cui era stata apportatrice la tragica fine del secolo XVIII, Roma s’era andata lentamente trasformando; la rivoluzione francese, la repubblica romana ed i miracoli della spada di Napoleone avevano sconvolto non poco la storica apatia dei Romani e nella stessa aristocrazia, io questa rocca del conservatorismo e tradizionalismo, s’era venuto a poco a poco infiltrando. lo spirito dei tempi nuovi. Qua e là, nei primi anni del secolo XIX, si colgono fatti e manifestazioni che rivelano un nuovo orientamento nell’animo dei Romani; abbiamo già veduto come il popolo cominciasse a far sentire la debole sua voce di protesta, vedremo ora come anche le classi privilegiate, accanto a queste vittime del passato e timidi ribelli nuovi, cominciassero ancor esse a puzzare di ribellione. Nel passato avevano occupato tutta la loro vita giornaliera nelle feste, nelle caccie e nei divertimenti, non avevano mai aspirato ad altro che a servire nella corte papale, non avevano mai fatto buon viso ad alcuna novità, ora invece noi le vediamo dimenticare quasi tutta la prosopopea che le distingueva, scendere a trattare con gli umili, tributare onori e feste ai più veri rappresentanti delle idee della rivoluzione francese. La stessa Corte comincia a tentennare nelle sue tradizioni: il cardinal segretario di Stato, Ercole Consalvi, volendo festeggiare con un pranzo, nel dì 23 giugno 1803, la venuta in Roma del Comandante in Capo delle truppe francesi nel Regno di Napoli, passando sopra a viete tradizioni, invitò ad onorare il pranzo a Monte Cavallo varie elette e distinte signore dell’aristocrazia con grave scandalo e stupore di tanti buoni Quiriti.

Il 14 febbraio 1805, trovandosi in Roma di passaggio la baronessa M.me de Stael, figlia del ministro di Luigi XVI, M. Necker, che nei tempi della rivoluzione aveva tanto fatto parlare di sè, fu invitata ad intervenire in Arcadia, e tutti quei vecchi nobili e prelati, dimenticando in quel giorno le loro passate diatribe contro la rivoluzione francese, fecero grandissime feste a questa legittima figlia della rivoluzione stessa ed, attratti dalla grazia e dal sapere della libera viaggiatrice, l’acclamarono [p. 33 modifica]pastorella, mentre, tra gli scroscianti applausi di tutti gl’intervenuti, questa recitava, volto in francese, il sonetto dell’Abate Minzoni sulla morte di Cristo. Né minori furono le feste e gli onori, che l’aristocrazia volle tributare all’organizzatore Saliceti, che nel 1806 passava per Roma diretto a Napoli; la terribile Convenzione non faceva più spavento. Molti e molti altri fatti potrei qui ricordare, che Io scrupoloso Diarista non ha mancato di notare, ma quello che meglio d’ogni altro mostra che un nuovo ordine d’idee, un nuovo orientemento si veniva delineando nell’ambiente di Roma, è la riabilitazione del proscritto Voltaire. Questo dannato enciclopedista aveva, sino a pochi anni addietro, spaventato col solo suo nome, come l’apparizione del più nero dei diavoli, non solo la Corte di Roma, ma tutto il mondo cristiano; quante leggende non ne avevano falsato la fisionomia! eppure egli entra ora riverito e festeggiato tra quella società che più l’aveva maledetto; compare in attitudine di vincitore in faccia al Vaticano che l’aveva proscritto; i tempi s’erano di molto cambiati. Luciano Bonaparte, il relegato fratello di Napoleone, aveva aperto in Roma un’altra corte di fronte a quella del Papa, e, dando nelle sue splendide sale, nelle quali conveniva tutto il fior fiore della nobiltà e della prelatura, ricevimenti, conversazioni e rappresentazioni, aveva terminato col rendere simpatiche a tutti i Romani le idee che egli rappresentava. Nella sera del 6 febbraio 1806, egli invitò tutti nelle sue sale per assistere alla rappresentazione della Zaira di Voltaire e tutti accorsero senza scandalizzarsi; Luciano e la sua Signora affrontarono ogni fatica per far entrare nelle buone grazie della società romana questo grande artefice della rivoluzione, assumendo, nella rappresentazione del dramma, le parti principali; e tutti quei baroni, principi, marchesi, cardinali e monsignori d’ogni colore applaudirono freneticamente autore ed attori. Grande fu l’entusiasmo suscitato: dopo pochi giorni il forte dramma si dovè ripetere con soddisfazione e contento generale. Voltaire era vendicato; i tempi nuovi si affrettavano a gran passi.