Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana/Novello - Nuovo

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Novello - Nuovo

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NOVELLO - NUOVO.


L’uno e l’altro di questi due vocaboli s’adopera parlando di persone e di cose; l’uno e l’altro ha relazione col tempo, ma con questa differenza, che nuovo si applica generalmente ad indicare l’esistenza d’una persona, e l’uso d’una cosa, e novello è proprio solamente dell’età senz’altra idea concomitante. Nuovo ha più affinità con moderno, novello con giovane. Parlando di persone si dice uomo nuovo [p. 84 modifica]a colui che non ha uso del mondo, che è inesperto, e mal pratico, e gente nuova, famiglia nuova a quelle famiglie nobili che non hanno antichità d’origine. In questi esempj non si potrebbe sostituir novello a nuovo.

Parlando di cose diciamo un abito nuovo, una casa nuova, una foggia nuova, un nuovo stromento, un novo modo di dire, e simili, senza che novello possa nè anche qui sottentrare a nuovo, perchè l’uffizio principale dell’addiettivo è in questo caso di dimostrare non già il tempo nel quale l’abito, la casa, lo stromento sono stati fatti, e la foggia ed il modo di dire sono stati immaginati, ma bensì il tempo in cui sono stati posti in uso.

Per lo contrario dirai rettamente alba novella, perchè l’alba non trae con se altra idea che quella del tempo, e chiamerai co’ toscani buoi novelli e non nuovi, quelli di terza età, che non possono ancora noverarsi tra i vecchi. Il Borghini volendo tradurre con una sola voce toscana il soprannome junior dato a Plinio il giovane, dice: «Plinio rovello a modo nostro, o il più giovane all’uso romano.»

A conferinare questa idea caratteristica di novello citerò due bellissimi esempj tratti dall’Oreste [p. 85 modifica]dell’immortale Alfieri. Chi non ricorda la terribil scena, nella quale Oreste e Pilade compajono sconosciuti al cospetto d’Egisto che gli interroga, e di Clitennestra, che pende con vario affetto dal loro labbro? Quivi Oreste vien tratto con impareggiabil maestria a dar alcun terribil lampo del vero esser suo; Pilade tenta ancor di salvarlo col dargli il proprio nome, e dirlo l’amico d'Oreste: allora Clitennestra gli si rivolge con materna tenerezza, e credendolo Pilade gli dice:
     » .......Oh! vieni; dimmi,
     » Novel mio figlio.......»
e qui novello sta per secondo; ma con ben altra forza le rimanda indi a poco Oreste questa stessa parola, quando la vede non abbastanza certa della veracità della morte del figliuolo, scagliandole questo mortal rimprovero:
     » Tremi tu già, che il figlio tuo riviva,
     » Novella madre?»
cioè, tremi tu di ritornar madre, di esser madre una seconda volta?

Ogni dichiarazione sarebbe inutile per chi non sente la proprictà della voce novello in questi due passi, e la sua differenza da nuovo.

Di qui apprenderanno i giovani amanti delle [p. 86 modifica]buone lettere, e dotati di cuor caldo, e di mente elevata, di qual vantaggio riesca la cognizione profonda delle proprietà della lingua nelle grandi opere dell’ingegno; nè si lascieranno sedurre da quel falsissimo e funesto principio invalso da alcun tempo in quà negli studj d’Italia, aversi nelle moderne scritiure a por mente alle cose e non alle parole, come se a dir le cose acconciamente non occorressero parole acconce, e come se le parole non fossero cose. Strano abuso di dottrina, la quale ci condurrebbe ben presto alla barbarie, se non avessimo per nostra buona fortuna innanzi agli occhi l'esempio di quegli italiani che da cinque secoli in quà seppero dire alte cose con eloquenti parole, ed ebbero eterna fama appresso i posteri; e se non ci stesse pure sugli occhi la sorte che toccò a quel grande ingegno del Vico, e ad alcuni altri filosofi nostri, i quali giacciono inonorati appunto perchè s’occuparono delle cose sole senza l’amabile compagnia delle parole, le quali imbalsamano i concetti, e gli preservano dalla corruzione.