Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XII. - Rubra Canicula. Considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio

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XII. - Rubra Canicula. Considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio

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XII. - Rubra Canicula. Considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio
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XII.

RUBRA CANICULA

CONSIDERAZIONI SULLA MUTAZIONE DI COLORE

CHE SI DICE AVVENUTA IN SIRIO




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Dagli Atti della Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati di Rovereto, Serie III, Vol. II, Fascicolo II — Anno 1896.

Alcune aggiunte che lo Schiaparelli fece al manoscritto di questa memoria, dopo avvenuta la stampa, sono state introdotte nella presente edizione.

L. G.



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Sirio si chiamava già ai tempi d’Esiodo la fulgida stella, che tiene il primato nella costellazione del Gran Cane, ed è collocata nella bocca della figura. Di essa, come di un astro poderoso per il suo splendore e per le sue influenze parlava anche prima Omero, descrivendo il presentarsi d’Achille all’ultima pugna con Ettore (Iliade, Monti XXII. vv. 30-38):

                                        ....Primo lo vide
Precipitoso correre pel campo
Priamo, e da lungi folgorar, siccome
L’astro, che Cane d’Orïon s’appella,
E precorre l’Autunno; scintillanti
Fra numerose stelle in densa notte
Manda i suoi raggi; splendidissim’astro
Ma luttuoso, e di cocenti morbi
Ai miseri mortali apportatore.

Questa stella è stata sempre, così dagli antichi, come dai moderni, stimata la più brillante del cielo. Scrive Igino nella sua opera sulle costellazioni e sul loro significato mitologico1: Canis habet in capite stellam alteram, quam Isis suo nomine statuisse existimatur, et Sirion appellasse propter flammae candorem, quod eiusmodi sit, ut prae ceteris lucere videatur. E Manilio nel suo poema astrologico (libro 1, vv. 417-418) dice di Sirio comparato alle altre stelle:

Cetera vincuntur specie, nec clarius astrum
Tingitur Oceano, caelumve revisit ab undis.

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Ma per tutte vale l’autorità di Tolomeo, il quale nel libro VIII, capo 3 dell’Almagesto, descrivendo la costruzione della sfera solida stellata, dice che per segnarvi sopra ordinatamente le stelle bisogna cominciare dalla più brillante di tutte che è nella bocca del Cane: τὸ μὲν λαμπρότατον αὐτῶν, λέγω δὲ τὸν ἐν τῷ στόματι τοῦ κυνός.

Non vi è dunque ragione di supporre che nell’intensità luminosa di Sirio sia avvenuta alcuna sensibile mutazione negli ultimi venti secoli2.

Lo stesso non possiamo però risolutamente affermare del colore di questa stella. Trovansi infatti presso alcuni scrittori antichi diversi accenni, i quali con sufficiente concordia ci condurrebbero a supporre, che intorno al principio dell’èra cristiana Sirio fosse di color rosso intenso; mentre oggi tutti vediamo esser questa stella del bianco più puro, anzi si potrebbe sostenere, che la sua viva luce contenga qualche poca mescolanza di colore azzurro. Se la verità di una tale mutazione si potesse metter fuori d’ogni dubbio, notabili conseguenze ne verrebbero per la storia fisica non solo di Sirio, ma del Sole ancora, e di tutte le stelle. Negli ultimi anni infatti è venuta acquistando molto favore fra gli astronomi un’ipotesi, secondo la quale le stelle di color rosseggiante sarebbero (relativamente) prossime ad aver finito di esistere come corpi lucenti di luce propria; in altri termini, le stelle rosse sarebbero, più presto che le altre, votate alla totale estinzione del loro splendore, a parità di circostanze. Invecchiando e perdendo continuamente calore da esse irradiato nello spazio indefinito, muterebbero di colore passando dal bianco per diversi gradi intermedi al rosso e dal rosso all’oscurità totale, come si osserva in una massa di ferro che si vada raffreddando dopo di essere stata riscaldata fino al calor bianco. Una vicenda inversa di colorazioni, il passaggio cioè dal rosso al bianco [p. 183 modifica]sarebbe, secondo questa teoria, impossibile; o almeno richiederebbe molte essenziali modificazioni. Sarebbe dunque assai importante di poter dimostrare che tal passaggio è realmente avvenuto, anche per una sola stella.

Questa così grandiosa e singolare mutazione di Sirio può essa considerarsi come storicamente provata? Parecchi dotti di grande autorità hanno risposto affermativamente. Humboldt scrive nel III volume del Cosmos3 «Sirius offre l’unique exemple d’un changement de couleur constate historiquement». John Herschel ammette pure la realtà del fatto, e come spiegazione probabile del medesimo è disposto ad adottare l’interposizione di una nube cosmica capace di assorbire una certa parte dei raggi di vario colore onde si compone la luce della stella4: «It seems much more likely that a red colour should be the effect of a medium interposed, than that in the short space of 2000 years so vast a body should have actually undergone such a material change in his physical constitution». Egualmente affermativa è l’opinione di Arago5: «Tout bien examiné, tout bien pése, il semble donc que Sirius était jadis rougeâtre, et qu’en moius de 2000 ans il est passe de cette teinte au blanc le moins équivoque».

Considerando però attentamente tutto quello che ho avuto occasione di leggere su quest’argomento, son venuto nell’opinione che un esame rigoroso, imparziale, e completo di tutte le testimonianze non sia ancor stato fatto, e che il processo meriti essere riveduto. Ciò che qui presento non ha la pretesa di risolvere definitivamente la questione; non è altro che un tentativo di aggiungere qualche cosa a quanto su tal proposito fu scritto anteriormente. Incominciamo adunque con quello dei testimoni, la cui deposizione sembra più chiara e la cui autorità sembra più decisiva: col grande astronomo d’Alessandria Claudio Tolomeo.

Note

  1. Hygini, Astronomica, recensuit B. Bunte. Lipsia, 1875. Lib. II, c. 35.
  2. A questa conclusione sembra contraddire quanto scrive Gemino nei suoi Elementi di Astronomia, Capo XIV, che «la grandezza del Cane è superata da altre stelle». Ma Gemino fra gli antichi è uno di quelli che ammettono fra le stelle una grande varietà di distanze dalla Terra. «Non si deve pensare che tutte le stelle sian poste sopra una stessa superficie (sferica): ma invece è da credere che alcune sian più alte, altre più basse». Ibidem. Capo I. Pertanto la difficoltà accennata si risolve ammettendo che Gemino intendesse parlare della grandezza reale del Cane, non dello splendore apparente.
  3. Cosmos. Essai d’une description physique du Monde, edizione francese di Milano (1854): vol. III, p. 105.
  4. Astronomische Nachrichten, 1839, N. 372.
  5. Annuaire du Bureau des Longitudes, 1842, p. 353.