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Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XIII. - Rubra Canicula. Nuove considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio/VIII. - Sirio, stella ardente

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VIII. - Sirio, stella ardente

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VIII. SIRIO, STELLA ARDENTE.

All’epoca d’Omero (che supponiamo precedesse di circa nove secoli l’èra volgare) e sotto il parallelo della Grecia, Sirio usciva dai raggi solari e cominciava ad essere visibile al mattino circa 25 giorni dopo il solstizio estivo, nella stagione che secondo il nostro calendario corrisponderebbe alla metà di luglio. Nel primo e secondo secolo di Cristo la medesima [p. 220 modifica]fase aveva luogo intorno al 25 di luglio per lo stesso clima. Noi possiamo dunque ammettere che per tutto l’intervallo dai tempi di Omero a quelli di Tolomeo l’apparizione mattutina di Sirio avesse luogo circa un mese dopo il solstizio estivo, che è l’epoca dell’anno, nella quale sogliono manifestarsi i calori più opprimenti della state.

A partir da quell’epoca brillava dunque Sirio nel cielo mattutino, prima per pochi minuti, poi per una parte sempre più considerabile della notte. Incominciava allora pei Greci d’Omero la stagione dei frutti, detta ὀπώρα, che durava fino al novembre, occupando la parte più grave e malsana dell’estate e tutto intiero l’autunno. Quindi il nome di ὀπωρινός ἀστὴρ con cui Omero designa Sirio nel primo dei passi dell’Iliade qui sopra allegati1.

Seguendo il pregiudizio popolare diffuso in tutta l’antichità classica, i poeti greci e latini attribuirono ad influsso degli astri la causa di molti fenomeni naturali che si manifestavano dopo l’apparizione dei medesimi o nell’epoca della loro maggiore visibilità notturna. Di qui le numerose allusioni al nemboso Orione, alle Hyadi tristi o pluvifere, al gelido Arturo. In simil guisa Sirio fu incolpato degli ardori della state e della siccità delle campagne; al suo esiziale influsso furono attribuite le febbri che nei luoghi paludosi si manifestavano dopo il culminar del caldo, ed altri effetti ancora che si possono veder descritti in parecchi scrittori e nominatamente in Plinio. Questa, e non il color rosso della stella, è l’origine degli epiteti di ardente, disseccante, infocato, estifero, protervo, rabbioso... applicati spesso dai classici autori quando parlano di Sirio. Di questi il dott. See ha citato un certo numero a sostegno della sua opinione dell’antico rosseggiare della stella, e con molta facilità avrebbe potuto accrescerne il catalogo2. [p. 221 modifica]Nè più difficile sarebbe formare un altro catalogo di luoghi classici, dove gli epiteti sopradetti si applicano al Sole o ad altri oggetti di colore certamente diverso dal rosso. Ma non mi pare che sia utile discutere più oltre sopra una classe di testimonianze, dalle quali non è probabile possa mai derivare alcuna luce sulla presente questione.

Un solo passo sembra meritare qualche attenzione: ed è quello dove Plinio, parlando dei colori dei pianeti, dice: Color Solis quum oritur, ardens: postea radians. Questa è una delle mille occasioni in cui Plinio sembra voglia oscurare l’espressione del proprio pensiero coll’uso di vocaboli male appropriati. Chi ha mai saputo che fra i colori esista il colore ardente e il colore radiante? L’osservazione diretta del fatto ci avverte, che qui ardente sta per rosso e radiante pel colore della luce bianca del Sole meridiano; ma se ciò non fosse, chi ne capirebbe qualche cosa? Non può dunque Plinio fare autorità per indurci a ravvisare nella parola ardens l’equivalente di rosso. Che ardens tragga seco l’idea di calore e non di colore era certamente noto agli antichi; i quali dall’esperienza dei metalli roventi e dei carboni in combustione avevano appreso benissimo, che il calor bianco è accompagnato da una temperatura più elevata che il calor rosso3.

Note

  1. La parola autunno con cui il Monti traduce l’ὀπώρα di Omero non è perfettamente esatta, come si vede: ma non era possibile far meglio. Nel passo del libro XII qui sopra citato egli ha cercato di compensare questa piccola infedeltà con un’altra che ne distruggesse l’effetto, in vero il dire col Monti che l’apparizione di Sirio precorre l’autunno è esatto. Omero aveva detto che sorge coll’ὀπώρα; ed è vero anche questo. Sul significato della parola ὀπώρα presso diversi scrittori ed in diversi tempi vedi Ideler, Handbuch der Chronologie, vol. I, pp. 214 e segg.
  2. I passi citati dal dott. See sono, oltre ai due di Omero (Il. V e Il. XXII) già discussi nell’articolo precedente, questi altri: Esiodo (Opp. et Dies, 685): Euripide (Hecuba, 1080): Apollonio Rodio (Argon. II, 517): Arato (Phaen. 331): Virgilio (Georg. IV, 325): Orazio (Od. I, 18 e III, 13): Manilio (Astron. V, 17 e 208): Columella (De cultu hort. 286): Plinio (H. N. II, 47 e VIII, 63). Vi si può aggiungere: Esiodo (Scut. Here. 153 e 397): Arato (Phaen. 596): Quinto Smirneo (Paralip. VIII, 30): Nonno Panopolita (Dionys. XLVII, 254): Tibullo (I. Eleg. IV, 6 e 42): Properzio (II. Eleg. XXVIII, 4): Persio (Sat. III, 5): Lucano (Phars. X, 211): Silio Italico (Pun. I, 256): Stazio (Sylv. lib. I, III, 5: lib. II, 1, 216: lib III, 1, 54): Seneca tragico (Herc. Oet., 68): Columella (De cultu hort. 400): Marziale (Epigr. IV, 66): Palladio (De Re Rust. XI, 12): Nemesiano (Laudes Herc., 124): Rutilio Namaziano (Itiner. I, 479 e 638): Ausonio (Eclog. III, 10 e Eydill. VIII, 16): Claudiano (Eidyll. VI, 33 e VI, 92 e parecchi altri luoghi). Nè la lista è completa: ma a che può servire il prolungarla?
  3. V. su ciò la curiosa teoria dei colori di Democrito presso Teofrasto, De Sensibus, pubblicata da Diels nei suoi Doxographi Graeci, p. 521.