Scritti vari (Ardigò)/Articoli/La scuola classica e la filosofia

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8.
La scuola classica e la filosofia.


I

Colla scuola classica s’intende d’informare la parte più eletta della gioventù studiosa, della cultura fondamentale del mondo civile: e come potrebbe farsi lasciando in disparte la filosofia?

Tutte le scienze particolari sono uscite, per divenire poi a poco a poco autonome, dalla matrice comune della speculazione filosofica precorsa, ritenendone in buona parte le essenzialità costitutive: e quindi non è possibile intenderle a dovere essendo all’oscuro di quella speculazione. Ed è tutta la letteratura del mondo civile, e anche l’arte, imbevuta nel suo fondo della tradizione, diventata natura nei letterati e negli artisti, delle idee filosofiche, più o meno sempre in ogni epoca dominanti. E come dunque orientarvisi ignorando le idee che l’inspirarono? E lo stesso è da dire per le leggi dominanti, per le istituzioni vigenti, pei costumi, pel modo di pensare nella società, in cui si vive; per tutte queste cose, che hanno la loro ragione di essere massimamente nelle correnti filosofiche dei tempi nei quali si sono maturate e si stabilirono.

Ai problemi della filosofia non è possibile che il giovane avviato alla riflessione non volga, tanto o quanto, la sua mente. Si lascierà che egli ne tenti da sè una soluzione, mentre può soccorrerlo all’uopo l’opera dell’intera umanità precedente? Sarebbe come mettersi ad un mestiere, e non approfittare per esso degli stromenti e delle direttive già in pronto per le invenzioni e per l’esperienza di quelli che prima lo esercitarono.

E in fine, se cultura vuol dire soprattutto l’abitudine intellettuale acquistata coll’esercizio delle facoltà più distinte dell’uomo, come credere di averla procurata, quando, [p. 222 modifica]al momento più opportuno dell’età che più si presta a promuoverne lo sviluppo e prima che lo impedisca la preoccupazione degli studj professionali, sia mancato l’esercizio di quelle superiori, ond’esso è naturalmente disposto alle speculazioni più alte?

II

Dicono quelli che non credono che sia da dare importanza all’insegnamento della filosofia e da mantenerlo con appositi idonei maestri nei corsi liceali, che, scindendosi essa in molti, e diversi, e contrastanti sistemi, succede che si abbiano in essi corsi tante filosofie, per non dire pur anco tante improvvisazioni cervellottiche di nessun valore, quanti sono gli insegnanti.

Ciò veramente, se anche in minor grado, si verifica, dove più dove meno, per tutte le discipline ammesse nelle scuole medie; e quindi il ragionamento contro la filosofia varrebbe così anche per tutti gli altri insegnamenti. Che se qui si dicesse, che, all’infuori delle divergenze, nelle discipline suddette si ha però per ciascheduna un fondo comune, e che è questo fondo comune che importa principalmente ed è per ciò da insegnare, l’osservazione quadra perfettamente anche per le discipline filosofiche. Anche in queste si ha il fondo comune, buono per quella erudizione iniziale in questo campo, che assolutamente si richiede perchè non manchi di una parte sostanzialissima la cultura generale che si ha di mira.

Chi non sa che la Logica nell’essenziale è sempre quella stessa che costruì Aristotele, come si trova per la geometria di Euclide? In quanto poi alla Psicologia e all’Etica, due parti in esse sono da distinguere; e cioè quella che si riferisce ai dati della osservazione più ovvia, e che costantemente appartenne a tutte le psicologie e a tutte le etiche, ammanite nel corso dell’intera tradizione filosofica; e quella della interpretazione speculativa dei dati medesimi dal punto di vista dei sistemi diversi, sorti successivamente d’uno dopo l’altro, l’uno accanto all’altro. [p. 223 modifica] E, dato questo, è facile capire come si può disciplinare l’insegnamento della filosofia per avervi una certa uniformità e per escludere le inutili e dannose superfetazioni e improvvisazioni personali, e per preparale opportunamente a quella cultura superiore nella materia alla quale gli alunni volessero poi aspirare. E cioè, stabilendosi che insegnamento stesso si fissi sopra due parti, che chiamerò elementare l’una e storica l’altra. La parte elementare sarebbe quella della logica aristotelica, e, per la psicologia e l’etica, quella dei dati tradizionali della osservazione più ovvia, che le riguardano. La parte storica sarebbe quella della interpretazione speculativa variamente presentata dei dati suddetti nei sistemi filosofici massimi, che possono parere una farragine a chi ben non li conosce, ma si riducono in ultima analisi ad una gamma più breve di quella dei colori dello spettro e delle note musicali; e per una data questione poi non occorre se ne richiamino più di due o tre. Se poi si dovrà permettere che il professore illustri in modo particolare (ma sempre entro certi limiti) il sistema da lui prescelto, in ciò si avrà ancora non altro che ciò che si fa sempre da qualunque insegnante nelle scuole medie qualunque sia la materia che insegna.

(Dalla Rivista di filosofia e scienze affini, 1905).