Serenitá

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1878 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu sonetti Serenitá Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Nessuno L'ultimo sogno
Questo testo fa parte della raccolta XIV. Da 'Iside'
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XXX

SERENITÀ

Numina dant paucis animum servare serena.

ad a. melegari

O amico, che beesti
alle dircèe fontane
molte notizie umane
e favole celesti,
5uom d’ogni parte egregio,
perché stupir s’io manco
d’un alto privilegio
forse ignoto, o maestro, a te sin anco?
Giove, sia finto o vero,
10sereno è, senza fallo;
seren, come cristallo,
è il numero d’Eulero;
serenitá nessuna
supera il sonno o il riso
15d’un fanciulletto in cuna,
o il canto d’un pastor lungo il Cefiso.

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Delle serene cose
ho conoscenza anch’io,
e, quando spira il dio,
20le so vestir di rose:
sereno è il mar profondo,
serena è la Natura,
e piú del nostro mondo
è serena, cred’io, la sepoltura.
25Ma l’uom sull’Ida, avvolto
nelle nefande corde,
coll’aquila che il morde,
può aver sereno il volto?
sereno è il ciel, se freme,
30o il mar, se fa tempesta?
e, se paura il preme,
sereno è il fantolin quando si desta?
Codinzola e ti gira
il cagnoletto intorno,
35ina noi toccar quel giorno
che gli prorompe l’ira.
Di bianchi fiori invano
il mandorlo inorgoglia,
ché in preda all’uragano
40pon morta a terra la odorata spoglia.
Tu che spiasti, amico,
nell’ombra de’ misteri,
sai che il dolor di ieri
tiglio è d’un tempo antico;
45e che, cacciata in bando
dagli orti della vita,
la stirpe d’Èva errando
va, da maligni spiriti rapila.

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     Forse, e soltanto, ai morti
50esser sereni è dato:
noi trae contrario fato,
sagaci indarno e forti.
Per mascherar suoi danni,
sereno ognun si vanta;
55ma il verme ha sotto i panni
sino in quel roseo di ch’ei ride e canta.

     E il verme è l’intelletto,
che pensa e paragona;
è il cor, che non ragiona
60il suo diverso affetto;
è april, che discompare;
è il gel, che soprarriva.
Serena in questo mare
non è che l’onda che ci porta a riva.

     65Anch’io, fanciul sereno,
partii, cantando maggio;
ma poi, lungo il viaggio,
mi prese il ladro al seno,
e mi lasciò si brullo
70al turbine e alla piova,
che il povero fanciullo
or si guarda allo specchio e non si trova.

     Me incalza la bufera
s’io vado o s’io rimango,
75polve mi lorda e fango
da mattutino a sera:
felice, se talvolta
un’aiuoletta apparmi,
su cui sdraiar la molta
80dolorosa stanchezza e addormentarmi.