Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli (1920)/IV. Tenzoni politiche fiorentine/V. Tenzone tra Monte Andrea, ser Cione Baglioni, ser Beroardo, Federigo Gualterotti, Chiaro Davanzati e messer Lambertuccio Frescobaldi
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V
TENZONE TRA MONTE ANDREA,
SER CIONE BAGLIONI, SER BEROARDO,
FEDERIGO GUALTEROTTI, CHIARO DAVANZATI
E MESSER LAMBERTUCCIO FRESCOBALDI
1 — MONTE
Nessun oppositore dell’angioino potrá mai superarlo.
Se ci avesse alcun scgnor piú campo,
che speri di volere essere al campo
con que’, c’ha ’l giglio ne l’azzurro campo,
4quanto li piace e vuol prenda del campo;
e lá, ove piú li aggrada, tenda il campo,
e lo fornisca auro piú, ch’agua, c’ha ’m Po:
di sé né di sua gente non fia campo,
8se non come contro a leone cani pò;
tal frutto rende e renderá suo campo,
chi fa sementa: ch’e’ non dice: — l’campo. —
11Ma sempre ver’li suoi nemici ha cor so,
e giá non stanca né riman nel corso;
lo ver cernisce, coni’ ciascuno è corso.
14Pallamidessc, ell’al Merlin dái corso,
s’altro ne speri, che pur quello, ch’or so,
cerniscilme, clié giá non so l’occorso.
2 — SER CIONE
Ma vien di Germania un signore, innanzi a cui Carlo fuggirá.
A quel segnor, cui dai tal nominanza,
che non credi nel mondo trovi pare,
credo ti porti, piú che senno, erranza;
4or si parrá se potrá contastare
a quel, che de la Magna sua possanza
presentemente la viene a mostrare:
vedrem se, come di’, Carlo di Franza
8l’attenderá col suo folle orgogliare.
Ché, se l’attende, si com’hai contato,
di tutti i suoi peccati penitenza
11averá: e questo ci è profetezzato.
Ché molti saggi loro sperienza
n’han fatta, che cosí hanno trovato;
14ma Carlo fuggerá, per la temenza.
3 — SER BEROARDO
L’angioino dovrá rendere omaggio al rivale.
D’accorgimento prode siete, e saggio
in molte cose, ma di questo errate,
che Carlo sia di si franco coraggio,
4ch’ad ogni uom doni ciò, che ne contate.
Or si parrá: ch’entrato è nel viaggio
segnor, che mena e dá tal libertate,
che converrá die pur li faccia omaggio
8colui, a cui presgio cotanto date.
E parrá se le spade tedeschine
avranno forza contro a’ quadeiletti,
11come tu die, amico, che sian fine.
Le battaglie non son come sonetti,
che pugnono li ferri piú, che spine;
14però non son sentenze li tuo’ detti.
4 — Federigo Gualterotti
I partigiani di Carlo non ardiscano opporsi all’imperatore.
Chi di cercare segnore si saggia
con lo gigliato, contastèa non s’aggia
de la maestá imperierá, saggia
4com’è di graze e di valore, e s’aggia
poder forzoso, si come si sa giá:
rasgion, che ’l mena, naturai è e s’aggia;
se col contraro quel, ch’avanzi, s’ha giá
8trovato bene, ora, ferm’ho, il disaggia.
Ché di semente qual ha latt’accolta,
averá tal: ché piú non terrá colta,
11poi sozz’erranza di tal guis’aecolt’ha.
Nostro sir è, vuole pur che sia colta.
Sentenz’a rima tua non aggio colta,
14per che per cert’ho or l’aquil’accolta.
5 — Chiaro Davanzati
Col beneplacito del papa, l’imperatore scenderá in Italia e Carlo non potrá resistere.
Con addimanda magna scienz’apporta
m’avete, amico, per iscritta pòrta,
di quel, che, ne l’azzurro, giglio porta;
4venut’è al campo segnor, che lo sporta,
ché’l profeta Merlino ne rapporta:
vermiglio il campo, l’aguglia in su’port’ha,
au oro, que’, c’ha aperta giá la porta,
8e de la ’mpresa molto si diporta.
E dice che verrá di qua da Po;
cd ancor piú: ché ne dimostra po’,
11ver’lui nessuno contastar non pò.
Concede il papa, e l’altro non dispò:
per forza frange si, che Carlo po’
14del campo poco tener per suo pò.
6 — MESSER LAMBERTUCCIO FRESCOBALDI
Il giglio angioino cederá innanzi all’aquila imperiale.
Vostro addimando, secondo ch’appare
per vostra scritta, di grande erro pare:
creder dovete bene ch’egli ha pare,
4quel, che nel campo azzurro giglio pare.
Ma, s’io non erro, opo gli è il campare
a la sua gente, e lui poi veggio spare,
poi vèn vermiglio il campo e sii, com’pare,
8l’aguglia ad oro, ch’è sovr’ogne pare.
E non vi paia mia risposta fèra,
profetezzando, come ’n agua fera:
11tant’ha di sforzo, che, cui vuol, disfèra.
Segnor non trova, che contro li fera
ver’lá, ’v’è lui, com’fa salvaggia fèra;
14Carlo sparrá, ché ver’lui non s’offèra.
7 — MONTE
Chiunque verrá contro Carlo, sará abbattuto.
Eo saccio ben che volontá di parte
a me non punge il core in mala parte,
si che giá mai per me fóssoro sparte
4parole di menzogna, che ben parte.
E però miri, cui sentenza parte,
in ciascun caso, di ciò, ch’è ’l ver, parte:
ché da li saggi si divide e parte
8si, che biasmar si può in ciascuna parte.
Vedemmo infino a qui che non va parte
chi conquistar si crede piú, che parte.
11Ed ancor dico ch’è ben largo il passo,
si che si può venir via piú, ch’ai passo;
ma chi verrá, s’ello dicesse: — I’ ’l passo, —
14son certo fia del terzo colpo passo,
per che non troverá lo giglio passo;
di mia sentenza ciascun dottor passo.
8 — MESSER LAMBERTUCCIO
Anzi, il vinto sará Carlo.
Fèra scienza al vostro core è giunta,
poi che d’error cotal mi fate giunta:
ché pur convèn per forza sia digiunta
4la gente del re Carlo, ed egli a giunta,
per lo segnor, che sovr’ogn’altro giunta
li suoi nemici, a corsa ed a piè giunta:
con seco ha tanta e tale gente aggiunta,
8che Francia sentir fará in ogni giunta.
Ond’io consiglio qui facciate punto,
ché chi da ciò si parte fia ben punto:
11peggiore per sé aver non poria punto.
Il giglio appasserá, ché fia dispunto
in guisa tal, che, quanto egli ha giá, punto
14non è neiente appo ch’or fia trapunto.
9 — MONTE
Chi si è opposto a Carlo è sempre perito, e cosí avverrá in séguito.
Quale nocchiere vuol essere a porto
con la sua nave, ha tutto suo diporto,
ove giugner disia, d’essere pòrto:
4la stella il guida, eh’è per lei rapporto.
Chi senza essa volea gire è traporto
in prefondo di mar con lo suo porto;
cosí la stella e lo nocchier ci è pórto
8in terra, che ne guidi a buono porto:
quelli è Carlo; chi dett’ha: — Noi comporto, —
prefondo è gito: tal sentenza porto.
11Ed or si fa di tal segnore conto,
che, quanto vuole sia oso e cónto,
ed abbia gente seco sanza conto,
14fará Carlo non vi fia opo sconto;
questo per fermo sia a ciascuno cónto,
che ’l suo labor si ’ntenza, ché ’l ver conto.
10 — MESSER LAMBERTUCCIO
Vincerá invece il principe, che vieu di Germania.
Con vana erranza fate voi riparo,
infra gli erranti marinari a paro,
dicendo Carlo sia del mondo paro,
4e tramontana senza alcun riparo.
Di tramontana vien segnor, che paro
fará, di Carlo e chi ’l siegue, disparo;
ed è piú certo, che d’Aléna Paro,
8che ha neiente contro a chi fa paro.
E quegli è vera tramontana cónta,
luce verace a chi a lui s’acconta;
11però del ver vostro detto si sconta.
Ch’ogni profeta saggio ne racconta
ch’è de la Magna chi valore cònt’ha,
14con sua trinciante spada snella e cónta.
11 — MONTE
Venga pure questo principe: avrá il fatto suo.
La cui sentenza da rasgion si scosta,
intra li saggi punto non s’accosta;
per ch’io approvo ben per ogni costa
4ciò, che m’è pòrto, in tale loco sta.
E son certo che tal vi dice co’ sta,
ell’a la celata mi fere per costa;
ma chi vuol dica, ché chi piú di costa
8gente n’alletta, final morte costa.
Ché giá non varrá lor ripa né costa,
ché de lo scampol non rimarrá costa.
11E vegna pur chi ha la spada larga,
che ’l pagamento usato giá non larga
Carlo con la sua gente, tant’è larga.
14Avvegna ch’egli stea cosí da larga,
in un punto ne dá sentenza larga:
ed or fia tal, poi staremo a la larga.
12 — MESSER LAMBERTUCCIO
Guai a Carlo, se affronta il sovrano tedesco benedetto dal papa!
Forte mi maraviglio per che s’erra
vostro saver, che tanto ingegno serra,
dicendo sol sia Carlo que’, che serra
4la terra e ’l mar, si come nave s’erra.
Ché segnor vien, che per forza il diserra:
di questo so che mia mente non s’erra;
e, se Carlo s’adduce a quella serra,
8di sua gente e di lui mai non si serra.
Che la tedesca spada vien, coni’ segna,
per suo colpire, ne mostra la ’nsegna:
11per che ’l papa la benedice e segna.
E, se mi dite, amico, che m’insegna
tal, che vi parla e poi vi fere a segna,
14nego, ché sol mio ’ngegno mi disegna.
13 — MONTE
Il papa? Sta sii per merito di Carlo; venga pur chi vuole a misurarsi.
Chi si move a rasgion follia non versa,
ma può ciascun sue versa
laudare assai, se con saver conversa;
e però guardi ben, chi fa gran versa,
5di riprension diversa
di razionai razon, che lui avversa.
Per ch’i’ approvo mia sentenza conversa
con chi tutto lo ver sa,
di ciò, ch’apporto, ch’altrui par traversa:
10ché la franzese casa, ov’attraversa,
fa ben mutar le versa,
di tal guisa i suo’contrari rinversa;
e l’apostolco per lungo e traversa
sède si, che non versa:
15bontá di Carlo e sua spada perversa.
Ché Carlo in terra è di Dio messaggio,
tant’è potent’e saggio;
la sua overa il mostra, ed io non saggio:
è chi n’ha fatto assaggio
20di guisa tal, e ciascuno a disaggio.
Chi pur vorrá di lui levare saggio,
merzè, pur vegn’al saggio:
so per fermo tal pagherá il passaggio
con la sua gente, s’aggio
25data sentenza, ch’or chiosa ha ’l saggio.
14 — MESSER LAMBERTUCCIO
Peggio per Carlo se attenderá in campo l’avversario!
Poi che volgete — e rivolgete — faccia
non di rasgion a faccia,
seguiraggio, — per ch’ai coraggio — sfaccia,
per che mio torto — a torto — sodisfaccia,
5ch’i’ par vostro mi faccia:
che senza pare — pare — me’ confaccia.
A luminosa — e ’nluminosa — faccia
dura di tórre faccia:
ciò che discred’o — credo — in voi non faccia;
10ma chi consente, — sent’e — si rio faccia,
non per allegra faccia,
come, chi sporta, — porta — avanti faccia.
Ma non disdico: — dico — che le braccia
ciascun giorno disbraccia
15quel de la Magna; — magna — forza abbraccia:
non fia cerchio di braccia,
se trova posta — posta, — che lo sbraccia.
E, se l’attende — o tende — in campo laccia.
Carlo, che sian de l’accia,
20per certo — vi raccerto, — mal s’allaccia:
ché nullo mal dilaccia,
si ’l menerá — e smenerá — con laccia.
15 — MONTE
Ben s’appone chi spera in Carlo.
Diraggio — per ch’a dir aggio — questa volta
ch’avveggio — veggio — a volta;
coscienza — scienza — di guis’ha sconvolta,
che drittura — si tura — e mess’è in volta
5per tale, — tale — volta,
che svia — di via — d’om, che senno non svolta
Ond’io vólo — suo volo —mettere in volta,
chi e’ sia, — si ha — convolta
sentenza, — e ’ntenza — sua mai non sia svolta;
10di cui parlo, — cui parlo, — in tu’ è rivolta:
chi contra — contra — volta,
fallenza — fa lenza — agli occhi si, che svolta.
Medico — m’è, dico, — tal, che non volta
di fallo — fallo — tal volta:
15contra su’ arma — sanz’arma — far vói volta
Ché certo — accerto — chi ’n Carlo spera,
sua luce — lue’ e — spera
piú, che ’l sole — sòie, — del mondo spera;
ché, s’è, — che se — ’n dispera,
20di lui a voglia — invoglia — si, che spera.
Di vita — non lo svita — e disispera,
chi bene — in bene — spera
e vói leale — portar le ale — e non s’ispera;
fa — e rifá — sua spera:
25e’ porto — ciò, ch’apporto, — in dritta spera.
16 — MESSER LAMBERTUCCIO
Anzi, chi parteggia per l’impero.
Come forte — fort’è — e traforte — l’ora
di Monte, — mò ’n te — adora,
di punto — spunto — e punto, — ché disora
di guasta — hai guasta — con guasta — innora;
5lo bono — in bono — innora,
coninció — quinc’io — trincio, — ciò, ch’onor ha.
Prima — la rima — di rima — plusora
volle — e rivolle — ora,
se ’ntenza — di sentenza — a tenza — dora:
10chi gioia — con gioia, — oia — con dolora;
chi parte — parte — anz’ora
di tórre, — a tórre — fa torre — d’ivora.
Adunque, — s’unque — qualunque — ne sente,
resia — sia — consente,
15ché vede — e rivede, — e non vede — che sente:
lo co — in tal loco — assente,
che ’l fallo, — a fallo, — in fallo — di sen’ t’è.
Però — averò — e terrò — a mente;
non péra — impera — mente
20per sonetti — netti — detti — a mente:
Carlo, — non car l’ho — smente,
move — e rimove — ove — mai non mente.
17 — MONTE
È vano tentar di persuadere un ghibellino cocciuto: ci penserá Carlo!
Coralmente me stess’ho ’n ira, ca ppo-
rgo a tal mio dire, ca ppo-
co mi sana morte, s’i’ ne cappo:
ché svariato è tutto ciò, ch’appo-
5rta, ed ancor tutto, c’ha ppodere:
vera sentenza non v’accappo.
Fòr di rasgione le quistioni, ch’appo‐
ne, son corrette, ca pponisce
se stesso chi tale fa incappo;
10ancor del suo maestro dico, ca ppò
fare, ché segue ch’appo-
rtò menzogne tali, ove non ha scappo.
Ché lo dire di tali dico c’ha ppo‐
sanza in tal loco, ch’appo
15gir con ciascuno foli’è, s’honne cappo.
Ed io approvo per certo ched a qua‐
nte sentenze né da quali
pòrte mi sono né fiaro a qualora,
tutte sono, a qua‐
20nt’ han conoscenza, colpi come ’n aqua.
Ma li colpi mortali fiaro a qua‐
ndo pure giugnerá qua
la gente, ch’è centra Carlo fèra, a’ qua’
torrá la vita; la qua‐
25ntitá sia assai, ch’e’ dicerá pur: — Dá’ qua! —