Sora Crestina mia, pe' un caso raro
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Sora Crestina[2] mia, pe’ un caso raro,[3]
Io povero cristiano bbattezzato,
Senz’avécce né ccorpa né ppeccato,
M’è vvienuto un ciamorro[4] da somaro.
Arringrazziat’Iddio! l’ho ppropio a ccaro!
E mmé lo godo tutto arinnicchiato[5]
Su sto mi’ letto sporco e inciafrujjato,[6]
Come un zan Giobbe immezzo ar monnezzaro.
Che cce volémo fà? ggnente pavura.
Tant’e ttanto le sorte so’ ddua sole:
Drento o ffòra; o in figura o in zepportura.
E a cche sserveno poi tante parole?
Pascenza o rrabbia sin ch’er freddo dura:
Staremo in cianche[7] quanno scotta er zole.
21 febbraio 1849.
Note
- ↑ [Senza titolo. È l’ultimo sonetto romanesco scritto dal Belli.]
- ↑ [Cristina Ferretti, figliuola del poeta Giacomo, la quale, un mese dopo che fu scritto il presente sonetto, e precisamente il 20 marzo 1849, diventò nuora del Belli, sposando l’unico figlio di lui, Ciro.]
- ↑ [S’intende che quest’inciso è ironico.]
- ↑ [Un cimurro, un gran raffreddore di testa.]
- ↑ [Rannicchiato.]
- ↑ [Pieno d’impicci.]
- ↑ [In gambe.]