Sotto il velame/Le tre fiere/II

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Le tre fiere - II

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Le tre fiere - I Le tre fiere - III
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II.


Quali sono le fiere che Dante vide, prima una, poi due quasi insieme, e che ora sono, fantasticamente, ridotte a una?

Fu a Dante impedimento la selva selvaggia e aspra e forte, e nella quale, a detta di Beatrice, egli pareva trovare, a ogni momento, fosse e catene.1 Paura in Dante fu della selva, sì che la si rinnovava al pensiero, e ch’ella solo dopo il passo fu queta. Le tre fiere impediscono il cammino e incutono paura. Impediva il cammino la lonza; il leone veniva contro lui; la lupa lo ripingeva. Avanti la lonza, si rivolse più volte per tornare; il leone gli diede paura; gravezza gli porse la lupa con la paura che usciva da lei.2 Consimili, dunque, effetti sono della selva e [p. 114 modifica]delle fiere. La selva è peccato: come non peccato le fiere? Ma la selva è il peccato originale: come le fiere non il peccato attuale? Ma la selva è la tenebra: come le fiere non l’ombra della carne e il veleno?

E la selva è raffigurata nel vestibolo e nel limbo, che hanno in sè il peccato originale, nelle sue due forme, volontaria, per così dire, e necessaria; di suprema viltà, perchè dopo il battesimo, di suprema nobiltà, sebbene e perchè senza il battesimo. E dopo il vestibolo e il limbo, sono cerchi di peccatori e di peccati diversi. Così è ragionevole che dopo la selva siano altri peccati diversi. Ora i peccati dell’inferno si riducono a tre disposizioni che il ciel non vuole.3 Le fiere sono tre, come non credere subito, che elle sieno tre, perchè tre le disposizioni? che quelle raffigurino queste?

Le tre disposizioni che il ciel non vuole sono l’incontinenza, la malizia e la matta bestialità. D’incontinenza sono rei i dannati dei primi quattro cerchi dopo il limbo. La malizia e la bestialità sono più giù. Prima a Dante, delle fiere si presenta la lonza; poi le altre due. Non è probabile che, delle tre disposizioni, la lonza, raffiguri l’incontinenza? L’incontinenza è la più leggera delle tre:4

               men Dio offende e men biasimo accatta.

La lonza, se non piacevole all’aspetto e agli atteggiamenti, come del resto è, con la sua snellezza e con la sua pelle gaietta, è senza dubbio meno terribile delle altre due. Dante aveva ragione di bene sperare di lei, quando sopravvennero le altre due. Questa [p. 115 modifica]fiera meno terribile come non è la disposizione meno biasimevole?

Le altre due disposizioni sono da Virgilio che ne parla, discorse a parte. Sono molto simili tra loro tanto che si aggruppano sotto il comun nome di malizia:5 le altre due fiere vengono insieme, quasi nello stesso tempo, contro Dante. Sono molto simili tra loro: l’una ha rabbiosa fame, l’altra è carca di tutte brame, e dopo il pasto ha più fame di prima; dell’uno dà paura la vista; l’altra porge gravezza con la paura ch’esce dalla sua vista. Come queste due fiere che vengono insieme e sono così simili, non sono la bestialità e la malizia, che sono aggruppate insieme e tanto tra loro simili, che fanno una sola malizia? la sola malizia, che dall’aquila è chiamata veleno?

Le due ultime fiere non impediscono solamente il cammino. La lonza, sì; solo impedisce. Dante è più volte tentato di tornarsene, per quella, diremmo, noia di aver sempre avanti quella fiera. La snellezza e molta prestezza le servono, pare, per allontanarsi quand’è scacciata, e poi ritrovarsi di nuovo sulla via di colui che sale per l’erta. Il fatto è che, sebbene Dante più volte si volti per ritornare, non ci narra che in queste tante volte la lonza l’abbia mai offeso. Le altre due, e specialmente la lupa, gli si fanno incontro col proposito di offenderlo. Mentre noi supponiamo che Dante, non ostante la lonza, avanzi sempre, noi vediamo che, per via della lupa, arretra sempre. [p. 116 modifica]Perchè? Perchè la lupa, e anche il leone, s’intende, non impediscono soltanto, ma uccidono: la lupa

               non lascia altrui passar per la sua via,
               ma tanto lo impedisce che l’uccide.

La lonza impedisce, anch’ella, il cammino, ma non al punto d’uccidere: tanto è vero, che per l’ora del tempo e la dolce stagione Dante è indotto a bene sperare, e riuscirebbe a salir l’erta. Or dunque le due ultime fiere hanno il proposito di uccidere, di sbramare l’uno la rabbiosa fame, l’altra la fame insaziabile, con le carni del passeggero. Ebbene come non raffigurano esse la malizia, che ha appunto un fine d’ingiuria, che l’incontinenza non ha, e questo fine adempie o con forza o con frode? e così si distingue in violenza o bestialità,6 che torna lo stesso, e frode?

E la violenza e la frode sono nell’inferno punite in quest’ordine: prima la violenza e poi la frode; e il leone e la lupa vengono avanti il passeggero in quest’ordine, prima il leone e poi la lupa. E la violenza è meno grave della frode:7

               Ma perchè frode è dell’uom proprio male,
               più spiace a Dio.

E perchè la frode più spiace a Dio, i frodolenti “stan di sutto„. E il leone, sebbene sia [p. 117 modifica]rappresentato con la test’alta e con rabbiosa fame, pure oltre la paura, che male fece a Dante? dove è egli più all’ultimo? La lupa, invece, ripinge il misero, che piange e grida per lei, e finirebbe con l’ucciderlo. E la frode spiace più a Dio, perchè il suo fine d’ingiuria l’adempie col sussidio dell’intelligenza, per vie tortuose, dunque, ed inganni; mentre la violenza è senza intelletto; è matta, è bestialità. Ebbene il leone viene con la test’alta, che è un segno di sventataggine, e con fame rabbiosa, per la quale ciecamente si butterebbe a qualunque sbaraglio. L’aria teme alla sua vista o forse ai suoi ruggiti. Nel che è un’idea di superfluo e di vano e di troppo; come è (vedete Capaneo!) nella violenza. La lupa invece ha un andare guardingo, per giungere a sbramare la sua fame sempre nuova e intera, per fare ingiuria e per uccidere. Ella è senza pace; non dà tregua. “A poco a poco„ ripinge il passeggero. Non par di vederla avanzarsi tortuosamente, tacita, se il leone ruggisce, con la testa bassa, se il leone ha la testa alta, e sparire e riapparire, se il leone apertamente vien contra? E non è la frode, dunque, come la lupa? Inoltre la violenza è cieca cupidigia e ira folle cioè cieca brama di vendetta,8 matta e bestiale brama di vendetta, e contro gli altri e sì contro sè stesso, in modo che l’uomo si fa ingiusto contro sè giusto,9 e sì persino contro Dio, che è tanto alto e tanto sicuro! E la frode ha cupidigia di tante cose, quante vediamo essere state bramate dai tanti diversi peccatori di Malebolge e della Ghiaccia; danaro, per [p. 118 modifica]esempio, dai ladri, dai barattieri, dai simoniaci; grazia, per esempio, dagli ipocriti; fama, per esempio, dai pravi consiglieri; onore e podere, per esempio, dagli uccisori di Cesare. O non sono codeste brame le tutte brame della lupa? e quell’unica brama la rabbiosa fame del leone? E la lupa ha natura malvagia e ria, sì che non empie mai la sua voglia;10 e il leone, no: questa natura non l’ha, questa voglia inesplebile non l’ha. In vero la voglia di vendetta con la vendetta si compie, se non è così matta da volgersi contro Dio;11 chè allora è infinita anche essa; perchè inafferrabile è Dio, o folli e ciechi e bestie!

E insomma non pare a ognuno che la malvagità e reità della lupa in confronto della rabbia del leone, messe in relazione, quelle e questa, con la fame che è in tutte e due le fiere, non segnino la gradazione che è tra la frode e la violenza?
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               D’ogni malizia...
               ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale
               o con forza o con frode altrui contrista.

(Dante piange e s’attrista e grida per la lupa, non per la lonza).

               Ma perchè frode è dell’uom proprio male
               più spiace a Dio.

Malizia è di tutte e due le fiere: del leone e della lupa; e di tutte e due le disposizioni: della violenza e della frode; ma la frode ha un male in più, come malvagia e ria è la lupa.

Note

  1. Purg. XXXI 25.
  2. Inf. I passim.
  3. Inf. XI 81 segg.
  4. ib. 84.
  5. Inf. XI 22 seg.

                   d’ogni malizia ch’odio in cielo acquista
                   ingiuria è il fine.

  6. Per ora rimando il lettore alla mia «Minerva Oscura», in cui è provata, mi pare, l’equazione bestialità e violenza. Tuttavia se ne toccherà più avanti anche in questo saggio.
  7. Inf. XI 25 segg.
  8. Inf. XII 49. L’ira è definita sempre libido ulciscendi.
  9. Inf. XIII 72.
  10. Molto qui sarebbe da aggiungere, che aggiungerò più oltre. Per ora rimando alla Minerva Oscura. E quel che qui dico, è forse già troppo. Tuttavia non posso tenermi di rispondere meglio, ma come per anticipazione, al quesito: Perchè la lupa è insaziabile? La lupa è insaziabile, perchè la frode, quale ciceronianamente la chiama Virgilio, è cristianamente invidia e superbia. Ora l’invidia si fa magra alterius rebus opimis e la superbia asseta (la superbia ch’asseta: Par. XIX 121), il che è come dire che affama: non sbrama insomma mai la cupidigia, ch’ell’ha, in grado supremo, di podere, grazia, onore e fama, quale ha l’invidia, ma solo in confronto degli altri uomini e non anche di Dio. Ed ecco perchè la lupa è magra e insaziabile.
  11. E così assomiglia alla superbia che asseta e affama eternamente. E questa è la ragione per cui Dante, come vedremo, chiama superbia l’ira di Capaneo e di Vanni Fucci, e orgoglio quella, vuota d’effetto, cioè accidia, di Filippo Argenti.