Specchio di vera penitenza/Distinzione quinta/Capitolo secondo

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Distinzione quinta - Capitolo secondo

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Distinzione quinta - Capitolo secondo
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CAPITOLO SECONDO.


Dove si dimostra da cui fu ordinata la confessione, e quando; e che più modi sono di confessare i peccati.


La seconda cosa che si dee dire della confessione, si è da cui e quando fu ordinata. Dove si dee sapere, che in quattro modi può il peccatore confessare il peccato suo. L’uno modo si è confessarlo nel suo quore a Dio, e rendersi in colpa d’averlo offeso, e chiedergli perdonanza e mercede; sì come dice il profeta Isaia: Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animoe meoe: Io ripenserò davanti a te tutti gli anni miei in amaritudine dell’anima mia. E santo David: Tibi dixit cor meum: A te, Iddio, disse il quor mio. E più espressamente altrove è sposto: Dixi confitebor adversum me iniustiam meam Domino: Io confesserò a Dio contro a me la ingiustizia del peccato mio. E questa confessione è e fu sempre di necessità, e sanza essa non si puote avere salute; chè la legge e la ragione naturale lo comanda. Onde eziandio nel tempo della legge della natura, che fu anzi che si desse la legge iscritta a Moisé, era bisogno di fare questa confessione mentale a Dio, riconoscendo il proprio peccato e dolendosene, come ora è anche bisogno, e fassi nella contrizione. E ch’ella fosse di necessità al tempo della legge della natura, in ciò si dimostra che Adamo e Caino, i quali non eran suggetti ad altra legge, sono ripresi che non confessarono il peccato loro. Il secondo modo che si confessa il peccato, si è in giudicio, quando la persona accusata d’alcuno eccesso, o per altro modo giudiciale, secondo l’ordine della ragione, è presentata dinanzi a ligittimo giudice; e da lui domandata e disaminata, dee confessare la verità, non stante la paura [p. 98 modifica]di qualunche pena o danno: altrimenti, mentendo al giudice, il peccato commesso negando o scusando, pecca mortalmente; se non fosse già il peccato sì occulto, che al giudice non s’attennesse di cercarlo. Il terzo modo di confessare il peccato si fu quello che si tenea nella legge antica di Moisé: dove non bastava quello riconoscimento mentale del peccato appo Dio, come nella legge della natura si facea; ma era di bisogno, per comandamento di Dio, che per alcuno segno di fuori si protestasse il peccato, cioè si desse a ’ntendere che l’uomo era peccatore: come si facea per lo sagrificio e per l’offerta dell’ostia per lo peccato, ch’era uno diterminato sagrificio per la legge, che si dovea fare per colui ch’avea peccato; e facevasi alcuna volta per tutto il popolo, alcuna volta per le singulari persone: dove si dava ad intendere eziandio a’ sacerdoti che riceveano l’offerta e faceano il sagrificio, che coloro che ’l faceano fare e che recavano il sagrificio, erano in peccato. E di ciò si poteano avvedere non solamente i ministri del tempio, ma tutti coloro che sapeano, o per udita o per veduta, che ’l tale sagrificio si facea per le tali persone; non convenendo però che distintamente si confessassono i peccati né le loro circustanzie, come conviene che si faccia oggi nella nuova legge di Iesu Cristo. Onde il quarto modo che il peccato si confessa,1 del quale principalmente dovemo parlare, è quando il peccatore, riconoscendo il suo peccato, si sottomette al ministro della Chiesa, cioè al prete, il quale ha a dispensare il sacramento della Penitenzia, per la quale si dà la remissione de’ peccati per la virtù della passione di Cristo, donde tutti i sacramenti traggono2 l’efficacia. E ciò fa il peccatore umiliandosi a’ piè del prete, e confessando vergognosamente e interamente il suo peccato. Per la quale confessione segretamente e sagramentalmente fatta, il prete, come giudice, conosce e discerne tutti i peccati: i quali si debbono tutti distintamente [p. 99 modifica]dire, acciò che ’l prete gli sappia giudicare; e imponendo la pena satisfattoria, prosciogliere possa il peccatore, confessato3 le sue offese con la sua propia bocca. Questo modo del confessare non fu di bisogno d’osservare nel tempo della legge della natura, né nel tempo della legge scritta di Moisé; avvegna che quelli modi che si osservavano fossono figura e significazione di questa confessione che si fa ora nel tempo della grazia, come di cosa più perfetta, la quale ordinò Iesu Cristo Salvatore, come gli altri sacramenti, che sono rimedi e medicine contra alla ’nfermità del peccato. E questo pare ch’ egli facesse quando disse agli Appostoli: Accipite Spiritum Sanctum: quorum remiseritis peccata, remittuntur eis: Prendete lo Spirito Santo, per la cui virtù i peccati di coloro che voi perdonerete, saranno perdonati. Simigliantemente quando diede le chiavi a san Piero, dicendo: Tibi dabo claves regni coelorum: et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in coelis: et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis: Io ti darò le chiavi del regno del cielo (le quali significano l’ecclesiastica podestade e giurisdizione), per le quali ciò che tu legherai in terra, sarà legato in cielo; e ciò che tu iscioglierai in terra, sarà sciolto in cielo (cioè approvato,4 non errando le commesse chiavi.) Poi che Iesu Cristo fu salito in cielo, e ebbe mandato lo Spirito Santo, che confermò gli Appostoli in grazia e raffermò ogni balía e podestà che Cristo avea loro data, acciò che fossono ligittimi promulgatori5 della legge di Cristo, eglino diedono il comandamento della confessione, e fecionlo osservare nella primitiva Chiesa: e indi6 è derivato ed è venuto alla santa Chiesa di Roma, la quale comanda che ogni fedele cristiano [p. 100 modifica]sagramentalmente si confessi, chi vuole essere salvato; come ordinarono gli Appostoli, e fecionlo pubblicare per messere santo Iacopo, il quale dice nella Pistola sua: Confitemini alterutrum peccata vestra, et orate pro invicem, ut salvemini: Confessatevi insieme i peccati vostri, e ôrate l’uno per l’altro, acciò che siate salvi. Dove si dimostra che la confessione è di necessità a salute: o in atto, cioè che l’uomo si confessi di fatto; o in voto, cioè in proponimento, s’egli averà l’opportunità o ’l destro di potersi confessare. Onde dice santo Ambruogio: Non puote veruno essere giustificato se prima non confessa i suoi peccati. Poi la santa Chiesa, e’ concilii generali de’ santi Padri e pastori de’ fedeli, dotti7 e ammaestrati dallo Spirito Santo, che governa e regge la santa Chiesa, e non lascia errare in quelle cose che sono della sustanzia della fede, ordinarono come la confessione si dovesse fare, e del tempo e del modo e del ministro, facendone legge e statuto del doversi confessare almeno una volta l’anno; il quale trapassando, si pecca mortalmente, però che ’l comandamento della Chiesa obbliga come il comandamento di Dio, il quale disse a’ pastori della santa Chiesa: Qui vos audit, me audit; et qui vos spernit, me spernit: Chi ode voi, ode me; e chi spregia voi, spregia me. È un altro modo di confessare i peccati, senza quegli che sono detti di sopra; cioè per la confessione generale che fa il prete quando entra a messa, e ’l predicatore quando fa la confessione, fatta la predica: la quale tanto vaglia, e quali peccati per quella si perdonino, si dirà più innanzi nel luogo suo.

Note

  1. Il nostro Testo: che si confessa l'uomo.
  2. L'edizione del quattrocento: tengono.
  3. La grammatica suppone qui soppresso, per figura di ellissi: ch'egli ha; o: dopo ch'egli ha ec.
  4. Il nostro Testo legge, nè certo meglio: sarà approvato e sciolto in cielo, non ec.
  5. Le edizioni del 95 ed 83 aggiungono: e manifestatori.
  6. Ediz. 95: e di quivi.
  7. Non bene qui, per nostro credere, il Salviati, seguitando (come pare che lascia assai spesso) la stampa del primo secolo: de'santi padri, e pastori, e de'fedeli dottori, ammaestrati ec. Il Testo delle Murati omette le parole: e pastori.