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8 | milton e galileo |
Donde movea, sian raffreddati i marmi.
Ne’ deserti del mar, quando le spume
Fragorose sormontano, le antenne
Caggiono avvolte e pe’ sdrusciti fianchi
135L’onda nemica nella stiva irrompe;
Al chiaror de’ baleni il navigante
Ultimi detti a picciol foglio affida
Che in una fiala all’impeto abbandona
Delle cieche correnti. Il mare inghiotte
140Colla nave il nocchier; ma viatrice
Instancabile nuota alla tempesta
Non men ch’alla bonaccia, e non riposa
Nè per notte giammai nè per meriggio
Quella pia cristallina urna, che un giorno
145Al pescator che la levò dall’alghe,
Narrerà novi climi, isole nove
E fiammante di nove Iadi la notte.
Inavvedutamente a scura rupe
Tu pur rompesti, o Galileo: sorrise
150De’ tuoi naufragi il Vaticano, e chiuso
Nel silenzio sperò di questi colli
L’odiato vero. Ma la tua parola
Indefessa vïaggia, e non del Reno
Alle rive soltanto e del Tamigi,
155Ove già franco de’ vetusti ceppi
Liberissime vie batte il pensiero;
Ma del nemico Tevere sull’onde
Venerata risuona; e qualche pio,
22,4,Numenor