Pagina:La secchia rapita.djvu/186: differenze tra le versioni
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Lacero e guasto, in misera ruina. |
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DECIMO | 173 |
XI.
Tremolavano i rai del sol nascente
90Sovra l’onde del mar purpuree e d’oro;
E in veste di zaffiro il ciel ridente,
Specchiar parea le sue bellezze in loro.
D’Affrica i venti fieri e d’Oriente
Sovra il letto del mar prendean ristoro;
95E co’ sospiri suoi soavi e lieti
Sol Zeffiro increspava il lembo a Teti.
XII.
Al trapassar della beltà divina
La fortuna d’Amor passa e s’asconde.
L’ondeggiar della placida marina
100Baciando va l’inargentate sponde.
Ardon d’amore i pesci; e la vicina
Spiaggia languisce invidiando all’onde;
E stanno gli Amoretti, ignudi, intenti
Alla vela, al governo, ai remi, ai venti.
XIII.
105Quinci e quindi i delfini a schiere a schiere
Fanno la scorta al bel legnetto adorno;
E le Ninfe del mar pronte e leggiere
Corron danzando e festeggiando intorno.
Vede l’Umbrone ove sboccando ei pere,
110E l’isola del Giglio a mezzogiorno;
E in dirupata e ruinosa sede
Monteargentario in mezzo all’onde vede.
XIV.
Quindi s’allarga in sulla destra mano,
E lascia il porto d’Ercole a mancina.
115Vede Civitavecchia, e di lontano
Biancheggiar tutto il lido e la marina.
Giaceva allora il Porto di Traiano,
Lacero e guasto, in misera ruina.
Strugge il tempo le torri, e i marmi solve
120E le machine eccelse in poca polve.