Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/20: differenze tra le versioni
mNessun oggetto della modifica |
m Bot: template SAL |
||
Corpo della pagina (da includere): | Corpo della pagina (da includere): | ||
Riga 23: | Riga 23: | ||
Ch’usar la vita mia |
Ch’usar la vita mia |
||
In pena ed in corrutto, |
In pena ed in corrutto, |
||
come uomo languente. </poem></div> |
come uomo languente. </poem></div>{{SAL|20|3|Alex brollo}} |
Versione delle 00:30, 25 gen 2012
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
― 10 ― |
Lassa che mi dicìa,
Quando m’avìa in celato:
« Di te, o vita mia,
« Mi tegno più pagato.
« Che s’io avessi in balìa
« Lo mondo a signorato ».
Sono sentimenti elementari e irriflessi, che sbuccian fuori nella loro natìa integrità senza immagini e senza concetti. Non ci è poeta di quel tempo, anche trai meno naturali, dove non trovi qualche esempio di questa forma primitiva, elementare, a suon di natura, come dice un poeta popolare, e com’è una prima e subita impressione colta nella sua sincerità. Ed è allora che la lingua esce così viva, e propria e musicale che serba una immortale freschezza, e la diresti pur mo’ nata, e fa contrasto con altre parti ispide dello stesso canto. Rozza assai è una canzone di Enzo re; ma chi ha pazienza di leggerla, vi trova questa gemma:
Giorno non ho di posa,
Come nel mare l’onda:
Core, chè non ti smembri!
Esci di pene e dal corpo ti parte:
Ch’assai val meglio un’ora
Morir, che ognor penare.
Rozzissima è una canzone di Folco di Calabria, poeta assai antico; ma nella fine trovi lo stesso sentimento in una forma certo lontana da questa perfezione, pur semplice e sincera:
Perzò meglio varrìa
Morir in tutto in tutto,
Ch’usar la vita mia
In pena ed in corrutto,
come uomo languente.