Annali overo Croniche di Trento/Libro VI: differenze tra le versioni

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Libro VI

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Libro V Libro VII
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DELLE CRONICHE

DI TRENTO

DI GIANO PIRRO PINCIO

LIBRO SESTO.

Dedicate all'Illustrissimo Signor Aliprando Clesio.


AA
Giorgio Vescovo di gran virtù, & integrità, che per l’insolenza, & per sospetioni de suoi, patì tante persecutioni, & travagli, successe per elettione legitima,

Giovanni 4. Vesc. 91. Giovanni Hinderstachio, chiaro per singolar dottrina de Sacri Canoni, & altre scienze, nativo d’Hascia, Provincia della Germania, vicina al Fiume Rheno, qual con diversi rami sbocca nell’Oceano. Fù allevato nell’Austria, preposito però, & Canonico della Cathedrale di Trento, qual mentre resideva in Roma, Oratore per l’Imperatore Federico Terzo di questo nome, appresso Paulo Sommo Pontefice, fraponendovi Cesare ogni sua opera, & favore (era anco suo Secretario) fù promosso al Vescovato, & eletto in absenza. E perche sapeva esser necessaria la confirmatione Apostolica, egli medemo s’adoprava in Roma, per conseguire un tanto à lui importante negotio. Se gli oppose gagliardamente Francesco Gonzaga, Cardinal Mantovano, in riguardo del quale la bramata confirmatione fù differita. S’affaticava il Cardinale, acciò fosse promosso ad una tal dignità un Marchese di Brandemburgh suo parente, & impiegava ogni favore, & industria per abbatere Giovanni. Finalmente Giovanni confeguì quanto desiderava, hebbe la confirmatione, & se ne ritornò à Trento. Vicino alla Città andarono ad incontrarlo tutto il Colleggio de Reverendi Sacerdoti, & gran quantità di popolo. [p. 117 modifica]

Fece la sua entrata nella Città, & fù ricevuto con gran applauso, & apparato il giorno di San Matteo Apostolo, ove adornato della Mitra, ricevette in suo governo la Chiesa Trentina. Questo essendo in Roma, frequentava, per sua spetial devotione nella Beata Vergine, la Chiesa di Santa Maria dal popolo, & ivi con ogni spirito di devotione adorava l’imagine di quella, qual in quel tempo con singolar pietà vien da tutti honorata, & riverita. E pittura di San Luca Evangelista, qual nel depingere, credesi, non haver havuto, chi gli togliesse il vanto, giuraresti, quando ti fosse concesso il vederla, esser quella una pittura celeste, formò tal ritrattno dal medesimo originale d’essa Madonna Santiss. quando viva sovente con proprij occhi la vedea, pare habbi in quello non solo imitati gli lineamenti, & figura della sudetta Beatissima Vergine, ma in oltre habbi trasportata, & infusa l’istessa di lei anima.

E verisimile, & lo dobbiamo credere, che nel corpo di quella Regina sovrana sijno state unite, & compendiate tutte le singolarità di bellezza, sparse nell’altre donne, in grado eminente. Era da tutte le parti tanto perfetto, che pareva havesse spogliata la stessa natura. Et come che questa, non havesse, onde con larga mano più potesse ad altre concedere, in quello solo pareva havesse impiegato ogni potere, in concedergli prodigamente quanto si ritrovava havere, presaga dover esser quello il castissimo habitacolo del nostro benedetto Salvatore. Quindi havendo Luca Santo, eccellente, & fidel Pittore, con diligente occhio contemplato, & osservato tutti gli lineamenti, & bellezze del corpo bellissimo della Beatissima Vergine, bisogna confessare, haver da quel vivo esempio transportata ogni venustà in quella muta tavola.

Desiderando dunque Giovanni haver copia di quella pittura di Paradiso, come da primo originale, qual rappresentasse al vivo una tal eccellente, & Divina bellezza, ricercò eggregio Pittore, & ne fece venire uno con spese considerabili di lontani paesi, qual haveva inteso, esser dotato di special dono nel ritrare, massime figure di donne, & che in ciò non haveva pari. Volse soggetto eminente in questo particolare, acciò quello, che tanto bramava fosse con ogni eccellenza, & pontualità eseguito. Questi usò tanta diligenza in quel ritratto, tanto s’affaticò, che parve impiegasse in quello tutte le forze della pittura, finalmente diede l’opera perfetta in tal modo, che parve fosse animata non dipinta. Ritratto della Vergine Quelli che la rimiravano, attoniti dell’artificio del Pittore, credendola animata, sospendevano l’animo, contemplando quel volto, [p. 118 modifica]qual parimente lodò Paulo Sommo Pontefice, & con Santini Pontificia la consecrò.

Dunque tal pittura, fatta con tant’arte, tanto ornata, tanto politta, & aprovata con auttorità Apostolica, transportata da Roma à Trento, fù dal buon Vescovo riposta nella Chiesa di San Vigilio, ove anco al giorno d’hoggi vien con ogni riverenza honorata.

Circa quello medemo tempo l’anno 1472. gli 25. Luglio furon ritrovate in Val di Non le sacre Reliquie, & corpi de Santi Martiri Sisinio, Martirio, & Alessandro, sotto l’Altare della Chiesa, consecrata ad honore di quelli, collocate in antico sepolcro, quali nel stesso anno, con l’intervento de molti Sacerdoti, & gran concorso di popolo con insigne pompa, & solenità furon trasportate ad un sepolcro novo. Nel medemo giorno, fù consecrato il Coro di quella Chiesa (luogo che occupa la parte più emminente del tempio, attorniato di sedie, per gli Ecclesiastici, Coro volgarmente chiamato) qual doppò che furon ritrovate le sudette Sacre Reliquie de Santi fù riparato, & ridotto à più bella forma. Da ciò apparve non haver il glorioso S. Vigilio prese dal rogo, o banco di legne ove, furon gli Santi abbrugiati, tutte le Reliquie de Martiri: Ma ò per devotione esserne stata parte di quelle ascosa, ò per impietà d’huomini malvagi con sprezzo gettata, poi per volontà Divina venuta alla luce. E opinione, che quella Chiesa (qual à nostri tempi è stata con grandi spese restaurata) consecrata alli Santi Martiri, come sopra dicessimo, essere_nella Villa, detta volgarmente con nome corrotto San Zeno, di modo che intendono Sisinio per Zeno, ove è chiaro, & tutti lo dicono esser state quelle Reliquie Sante gli anni passati ritrovate, quali anco à nostro tempo quelli Montanari hanno in gran veneratione. E discosto San Zeno due soli miglia da Thaio, ancor che si controversia del nome, perche altri lo vogliono chiamare Thavono, ma s’inganano essendo Thavono un’altra Villa discosta, un sol miglio da San Zeno, qual verte all’Oriente, & Thaio al mezzo giorno, in quella Villa, ò poco lontano, come sopra più diffusamente dicessimo, furono martirizati gli Santi, & finì la vita San Romedio.

Il Giubileo. In questo medemo tempo fù publicato à tutto il Mondo il giorno della salute, il Santissimo Giubileo, & fù l’anno 1475. nel quale fù aperto à tutti gli Christiani il Thesoro di Santa Chiesa, che perciò da tutte le parti si vedevano le genti à schiere andarsene à Roma. E costume, massime in quell’anno, adorare le Reliquie [p. 119 modifica]delli Santi Apostoli Pietro, & Paulo, le Chiese gli Altari, & parimente le Reliquie d’altri Santi. Si può anco bacciar gli piedi al Sommo Pontefice.

Fù oltre à ciò circa questo tempo dato raguaglio à Roma del Martirio di San Simone Martire Innocente Trentino, dal qual la Città di Trento restò non poco nobilitata, il che acciò sij più chiaro lo narraremo da capo.

Simone nacque de parenti bassi in Trento. Il padre si chiamava Andrea, questo esercitava l’arte di Calegaro, hebbe cotesto figliolo, di Maria sua moglie, era la sua Casa nella contrada qual conduce dalla Porta dell’Adice, Fiumie, al Castello, Sede Episcopale, qual per altro nome vien detto il Fossato. Alla sinistra di quella, per andare in Castello, erano le case habitate dalli Hebrei, havevano trè famiglie, gli capi erano, Angelo, Tobia, & Samuele. Con Samuele viveua familiarmente in casa un tal vecchio rozzo, haveva costui gli capelli rabuffati, la barba bassa, e nomavasi Moisè. Al quale tanto attribuivano, & si l’inalzavano gli altri Hebrei, che dicevano, essere da Dio donato del spirito Profetico, Et saper egli il giorno, & l’hora prefissa, quando sarebbe venuto & nato (come falsamente aspetano) il Messia. S’era approssimato il tempo della Settimana, qual noi chiamiamo Santa, & veneriamo, per rappresentarsi in quella gli misterij della Santissima passione del nostro vero Messia, Christo benedetto. Gli maledetti Hebrei, quali niuno mai potrà à bastanza vituperare, gli 25. Marzo che fù Martedì Santo l’anno 1475, convenero in casa di Samuele, nella quale era la loro Sinagoga, & Chiesa per vedere, & contemplare conforme il lor costume, l’Agnel Pasquale, qual quel giorno gli era stato portato vino, da Levico, Borgo discosto da Pergine cinque miglia. Mentre frà di loro discorrono di varij, & diversi negotij. Angelo guardando d’intorno, disse, in questa nostra Pasqua, ò (come lor dicono) parasceve, habbiamo in abbondanza Carne, & Pesce, ci manca una sol cosa. Al che, dicesi, rispondesse Samuele, e che cosa ci manca ? quello voltando gli occhi tacqu, à tal voce però tutti ponendo il lor pensiero si guardavano l’un l’altro, & tacitamente frà se medemi considerando l’oratione di Angelo, venero in cognitione, haver esso volsuto parlare, & significare doversi una vitima Christiana imolare, & sacrificare. Martirio di S. Simone. All’hora senza tardanza comminciarono à consigliare una malvagità si crudele, cioè come potesse capitargli alle mani un fanciullo Christiano, per trucidarlo. Sono eglino sempre [p. 120 modifica]nemici capitali de Christiani, mà principalmente in nei Santi giorni, ne quali celebriamo l’esequie, & Sacri Misterij del nostro Christo, tanto da lor odiato, per il che non fù bastante qual si voglia terrore, & incontro premeditato, per ritrahergli da tal pensiero, & precipitosa deliberatione. E loro costume, potendo, in quelli giorni havere Fanciullo Christiano, senza che alcuno s’accorgi trasportarlo alla lor Sinagoga, & quello in sprezo della nostra Christiana fede privarlo crudelmenre di vita, & il sangue cavato dalle vene, & carne, qual, quei lordi circoncisi, mescolato con suoi azimi (cosi chiamano il lor pane senza levato) in questa guisa condito mangiare, acciò con la fragantia del odor Christiano dij loco, & si consumi il lor putrido fetore; questa sorte di sacrificio dimandano Ioel, cioè Giubileo. Ma acciò si fatto lor malvaggio pensiero non andase all’orecchie de servi, quali in habiti succinti discorrevano per casa, preparando tutte quelle cose, ch’erano necessarie per quel giorno solenne, con gesti notificavano doversi il tutto essequire con ogni secretezza. Il giorno seguente, che fù il mercordì, doppò questi trattati, ritornarono alla Sinagoga, consultarono di nuovo questo particolare con maggior diligenza; & ponderatione, trattando in qual luogo potessero più commodamente, & sicuri sacrificare il fanciullo, quando alcuno con frodi l’havesse potuto inganare.

Angelo, & Tobia diffendono ostinatamente, doverlo in quel medemo luogo sacrificare, per esser spatioso, & separato dalle contrade Publiche, le loro case ritrovarsi molto picciole, anguste, & strette, & perciò non atte per tal importante negotio. Gli pareva la casa di Samuele assai più opportuna, per esequire questo lor desiderio, si per haver in pronto molte altre cose necessarie, si anco per esser più ampia, & spatiosa. Fù questo pensiero reputato il megliore, & da tutti abbracciato. Determinato il luogo, restava concludere con qual arte, & ingani si potesse rubare, & condure il fanciullo senza che alcuno se ne potesse accorgere. Ogn’vno diceva la sua; doppò lunga disputa, Samuele fece chiamar à se il suo servo Lazaro, comparve subito, à cui disse il maledetto Samuele. Lazaro mio se ti basta l’animo, se con l’astutia tua ti da l’ardire d’ingannare, & rubbare un fanciullo Christiano, & condurcelo qua nella nostra Sinagoga, senza punto tardare, ti voglio far un regalo di cento Filippi, ò Reali. Al qual habbiamo inteso respondesse. Quanto da me dimandate Signori miei Reverendi, è cosa molto difficile, & ardua, se ciò voglio affaticarmi per [p. 121 modifica]gratificarvi come sarebbe il mio debito m’è necessario passar molti pericoli intorno la propria vita. A me non basta l’animo dar di mano ad impresa, qual non possi senza l’evidente pericolo della mia vita ridurre ad effetto. Mi deve esser più à cuore (diceva) la vita, del danaro. Detto questo si partì dal tempio, & prese le sue poche robbe, diede prudentemente congedo alla casa. Licentiato il consiglio, ostinato ciascuno, consumava in varij pensieri la notte (tempo nel quale la mente ha il campo più libero da far discorsi più sani, & chiari,) con qual artificio potessero conseguire cosa tanto da lor bramata, concludevano, ma se gli opponevan impedimenti, novamente determinavano, ancora nondimeno scorgevano timori raggionevoli, ultimamente deliberarono tentar ogni mezo per por il lor perverso animo in esecutione.

Perilche Giovedì, il giorno avanti che Christo patisse, essendosi uniti nella Sinagoga, tutti pieni di sdegno, per haver Lazaro recusata l’impresa, & il commando de più vecchi, come Leoni arrabbiati voltarono gli infocati, & sdegnosi occchi occhi occhi in Tobia, scaricando la rabbia ch’havevano in Lazaro sopra Tobia. Tobia (dissero) habbiam considerato satisfare, & condescendere à nostri desiderij, niuno fuori di te ci può condurre à questo nostro bramato fine, tù hai stretta amicitia con Christiani, hai con essi loro antica famigliarità, non sei appresso d’alcuno in alcuna suspitione. Se anco andarai questi giorni vagando per la Città, non v’è chi ti osservi, non è chi pensi vadi alla caccia della nostra vittima, facilmente puoi esequire quanto ti commandiamo, & assolutamente vogliamo; che se con animo intrepido, come è tuo solito, & felicemente come speriamo, ridurai à termine questo nostro ordine, faremo che tu resti esente dal travaglio della povertà, ti promettiamo (e l’attenderemo) tanto danaro, e tanto delle nostre facoltà, che scoprirai per certo esserci stata grata la tua virtù, & diligenza. Che tante parole? ti partirai contento, ti partirai ricco. Ricusò senza alcun timore simil incarico Tobia, dimostrò con molte, & evidente raggioni gli pericoli, quali infallibilmente gli soprastavano. Quelli seguendo più il loro odio, che le raggioni, maggiormente adirati ostinatamente instavano, minacciavano, sforzavano. & gli intimorono se non obediva scomunicarlo, & perpetuamente escluderlo dalla Sinagoga. Vedendo Tobia essersi tutti contro lui solo congiunti, scorgendo anco il pover’huomo il premio promessoli: hora disse; piglio in me questa cura, mi dispongo esequire, con animo intrepido, quanto [p. 122 modifica]commandate, ma havendo io moltiplicità di figlioli, & eglino essendo fanciulli, come ben sapete, vi raccomando me, & quelli, con ogni efficace affetto. Risposero andasse accompagnato, dalla sua virtù, & favorito dalla fortuna ad opera tanto heroica, conducesse alla lor Sinagoga qualche Christiano fanciullo, sicuro esperimentarebbe l’animo de tutti ver lui, & la sua famiglia, cortese & gratissimo. Dererminato, & appuntato quanto s’è detto, dal traditore, avisò Samuele che a niun modo serasse le porte, perche occorrendo qualche cosa à proposito non gli fossero d’impedimento le porte chiuse, & stangate, si che non potesse subito portar entro, & ascondere la preda. Uscito Tobia sù l’hora del Vespero, andava solo caminando, spiava gli luoghi vicini, poi con qualche timore si portò in piazza, indi vagava à guisa di bracco per la Città, sempre girando gli occhi per la bramata preda del fanciullo, in somma non lasciò luogo, qual non havesse odorato, ma non havendo ritrovata cosa à proposito, se ne ritornava tutto stolido per la medema strada, per la qual prima era passato. Mentre egli in questa guisa osservava ogni cantone, adocchiò un fanciullo di bel aspetto, questo sedeva fuori della porta paterna, sopra un legno. Non haveva ancora compiuti 29. mesi d’età, era di cosi bella facia, che vedutolo non haveresti saputo in, che biasmarlo di fatezze corporali, pareva che la natura fosse stata non solo ricca, benigna, clemente, & molto liberale nel communicar i suoi doni à quel fanciullino, ma anche prodiga in donargli ogni desiderabil bellezza.

Il luogo ove sedeva il Bambino era la contrada del Fossato, cosi dal volgo chiamata, alla parte destra per andar in Castello, quasi dirimpeto alle case delli Hebrei. Guardò d’intorno il scelerato Tobia, per vedere se niuno l’osservava. Accortosi che, niuno sospettava della sua frode, comminciò à fantasticare ingani, s’accostò al fanciullo addotrinato nelle frodi Giudaiche, maggiori delle Greche insidie, sorridendo gli porse un ditto della mano, facendogli carezze, il fanciullo come era facile, & benigno, vezzoso gli prese il police della mano, confidandosi poi, & implicandosi ad una sleal destra, lo seguiva. Andava avanti il perfido Hebreo, & bel bello lo staccava dalle porte paterne. S. Simone vien preso. Avanzatosi un poco più avanti, con maggior ardire prese la mano del semplice puttino, l’allettava con fanciulesche galantarie, hora lo menava liberamente, hora non volendo più inoltrarsi lo tirava à forza, hora lo batteva con la mano, hora lo spingeva col ginocchio [p. 123 modifica]nella schena, il meschinello riguardando à dietro con fanciulesche lagrime, chiamava gli dolci nomi del padre, & della madre, perdendosi il perverso carnefice d’animo per il puerile pianto, gli diede in mano un danaro, in tal guisa consolandolo, & con carezze, aquetando in cotesta maniera il di lui pianto. Essendo giunto al luogo, ove solo haveva da traversar la strada, per andare all’infernal case delli Hebrei, le cui corte, a guisa di quelle dell’Inferno, sempre ritrovansi aperte à furti & rapine. Considerando Tobia ogni luogo con occhio più che Aquilino, vide a man sinistra un Calegaro, che cuciva, spaventato, ritardò tanto la sua entrata, sino che colui voltò gli occhi ad’altra parte; veduta poscia l’opportunità, incontinente, in un salto si portò con l’innocente nel luogo del carnefice, in casa di Samuele, nelle crudeli stale delle fieri, presentandolo alli satrippi, & capi della Sinagoga, quali stavano attendendo à bocca aperta, à guisa d’arrabbiati leoni la preda. Quelli in un medemo atto, tutti assieme, con impeto presero il gabbato Agnello, che con piangevoli gridi chiamava hora la madre, hora gli compagni, ma più sovente la dolce madre, dimandando invano aiuto, & misericordia da quella sleal canaglia, gli cui lamentabili gemiti, quando fossero stati intesi havrebbon provocata tutta la Città alla vendetta. Ma gli Giudei, gli chiudevano la bocca, gli constringevano le fauci, si che non poteva essere udito il poverino.

Samuele presolo nelle mani lo rinchiuse nella sua stanza s’empieno d’ogni parte di tossico, à guisa di dragoni, gonfij di veleno quelli maledetti impazziscono per alleggrezza, battono comc baccante le mani, stridono con aride, & seche fauci, sitibondi del sangue Christiano, fatti simili à famelici lupi, avidi della carne battezzata, & più audaci nelle lor tane, & nascondigli. Acciò il fanciullo frà forastieri, & gente ignota, abbandonato maggiormente non si spaventasse, & con pianti svegliasse la vicinanza, chi gli dava pomi, chi uva, & altre cose, di modo che inganarono il gratioso fanciullo, con doni, quali massimamente sogliono delettare quella tenera età.

Di già il Sole col solito suo veloce corso era andato à monte, l’oscura note haveva ingombrato l’aria di dense tenebre. La madre non ritrovando il figliolo conforme il solito, fuori delle porte à giocare nelli crepusculi della notte, disfatta in lacrime, & vinta dal dolore si lagnava, & batteva il petto, tutta la casa si riempie de pianti, & gridi donneschi, & nella vicinanza non si sentivano che gemiti, sospiri, & mesti discorsi, sopra la perdita di Simone. [p. 124 modifica]Andrea il padre, colpito da si fatto dolore, furioo, andava per la Città, & fra le fosche tenebre cercava il diletto figliolo, mandava le voci per quelle ombre, raddopiava le querelle, feriva l’aria con dolorosi pianti, sempre chiamando il suo Simone. Simone vien pianto per la Città, e per ogni contorno si sparge il rumore per il popolo, di subito nasce suspetto, che l’habbino ucciso gli Hebrei.

Mentre il dolente padre con reiterate voci chiama l’amaro figliolo, & empie la Città di gridi: Gli fanciuli, dalle cui bocche ben spesso ha parlato lo Spirito Santo, come ci ammoniscono le Sacre Scritture, andati in strada, commossi dal tumulto, risposero doversi cercare Simone appresso gli Hebrei, esser stato da quelli rapito, per crocifigerlo in sprezzo, & obbrobrio del nostro Christo, & della sua Santa Fede, esser necessario andare à quella volta, & liberare Simone dalle mani di quei maledetti ladroni.

A quelle voci si svegliò un impeto ne mesti parenti d’assalire, & entrar per forza nelle case delli Hebrei, ma sbigotiti dall’oscurità della notte, & disuasi dal consiglio del popolo, s’inviarono verso casa, dove amaramente piangendo, consumarono tutta quella notte in continui svenimenti, sempre immersi frà le dolorose lacrime. Ma gli Circoncisi con pazza ostinatione, resistendo alle Divine inspirationi, con quali venivano richiamati da si nefando, & vituperoso proponimento, s’accingevano à quel detestando sacrificio. Chi preparava aghi, o ucchie come vogliam dire, chi coppe, & altri, tutti lesti, mettevano in ordine altre cose. La quiete della notte all’hora per ogni parte mittigava, & radolciva gli travagliosi pensieri de mortali, ma gli Hebrei, schiata maladetta tra il genere humano, vigilavano, & con precipitoso consiglio in gran fretta si preparavano alli tormenti di Simone: Moisè qual dicessimo di sopra, che veniva da loro stimato Profeta, primo inventore di si inaudita sceleragine, portò il fanciullo dal letto, ad un luogo contiguo alla Sinagoga, accompagnando gli altri la vitima al sacrificio, sempre biastemando la Christiana Religione.

Là si fermò il maledetto vecchio, avido del sangue Christiano, prese il fanciullo sopra le ginocchia, tutti poscia sparsi d’intorno, & con ordine divisi ansiavano all’opera, in tirorno prima la picciola, e lacera camiscia dal capo, sino all’ombelico, gli riversano le bragescine dalle coscie à tali, ò cavichie de piedi, poi con la parte della camiscia, che cascava, ligorono di sotto il fanciullo, comprese dentro le minute, è delicate mani, premute alli fianchi. Cosi [p. 125 modifica]spogliato quel tenero corpo, quelli scorticati Hebrei, misero in opra la lor mal nata rabbia, è acciò l’inusitato modo di morte satiasse l’Hebraica fierezza, stracciavano con inaudita crudeltà, & con estrema insolenza di viso, schernimenti di corpo, & inaudite villanie, quelle tenerelle membra. Sentite per ordine il successo.

Samuele fù il primo che assalì l’inimico, prese egli il drappo di lino, che gli pendeva dalla centura, con cui ligate, chiuse, & strette le fauci del fanciullo, lo strinse insieme, acciò non potesse dar voce di doloroso pianto, altri poi lo tenevano, chi per le mani, chi per gli piedi. Indi il scelerato, & malvaggio huomo, come volesse scanare una fiera, sfodrato il coltello, qual al giorno d’hoggi si mostra ancora insanguinato; trapassò con quello la cima della vergeta puerile, presa poi la forbice, gli taglio la destra guancia, fino al barbuccio, & tagliata una particella di carne, la ripose in un bicchiero; ivi per tal effetto preparato; à questo seguitarono altri ordinatamente, secondo richiedeva il lor grado, & dignità, cedendosi, & porgendosi scambievolmente il commando l’un l’altro, per far il medemo; con esecrabil crudeltà tagliavano ciascuno dalla stessa ferita pezzetti di carne, quest’officio però non era concesso à tutti ma solo alli primati. Era ad altri commesso racogliere il sangue sparso, & che stillava dalle piaghe, ad altri stendere gli membri del corpo, ad altri il preparare altre cose; occorrendo poi mentre il paziente era tormentato ralentarsi il laccio, con cui haveva chiusa, & stretta la gola, acciò non facesse strepito con gridi, subito quelli carnefici gli metevano le mani alla gola, & gli soffocavano gli spiriti.

Doppo haver tutti, ciascuno conforme il suo ingegno, usata ogni diligenza, & fatica, (di già era tagliata tanta carne, quanta farebbe, & più la rotondità d’un ovo) senza dimora s’accingono per maggiori, & più crudeli tormenti. Crudeltà de Giudei. Moisè, dico quel maledetto, & scommunicato vecchio, quel sporco, che professava saper il giorno nel quale sarebbe nato il Messia, il che mai sarà, essendo gia nato, & non vedeva il miserabile il giorno della sua morte infame, qual in breve gli soprastava, scaltro nelli tormenti, (quali però erano per coronare, & condure Simone, Beato alli Chori de Vergini, & Martiri) lo prese per un genocchio, e con mani sacrilege se lo distese sopra li suoi propri, e sedendo come prima stava, col medemo fero gli tagliò le parli esterne del schinco, fra la polpa della gamba, & l’osso di quella, doppò il qual seguendo poi gli altri Seniori, secondo il lor grado, a ministerio tanto infame, [p. 126 modifica]ciascuno si sforzava con quel ferro tagliarne, ò straparne un pezzo, procurando far in modo, che il Martire ricevesse maggior dolore (impierà troppo esecrabile) finalmente restò squarciata anco quella parte. Ancora non sono satij, quei cani, ancor non hanno incrudelito à bastanza quelle trigri; che gli habbin forata la parte virile, che li habbino rotta la gola, che gli habbin guastata la fronte, che stracciato, & strappato il schinco, habbino crucciato, & tormentato al lungo il patiente fanciullo, gli pareva nulla, se anco non havessero forato tutto il corpo.

La dove Moisè il più crudele di tutti, & auttore di tanto eccesso, levò, & indrizzò quel infante già mezo morto, s’ascisse Samuele alla destra del Bambino, ricevuto l’aviso da Moisè, come da Profeta; all’hora presero ambe le mani di Simone, le tirarono à forza in diverse parti, si che con gran violenza distesero gli brazzi in modo di Croce, poi esortava il crudele gli circonstanti, acciò con due aghi lo pungessero, à guisa d’agnello offerto in sacrificio; diligenti tutti, & lesti romoreggiando d’intorno, lo fororono dalla cima del capo fino all’estrema parte de piedi, con ben spesse, & minute punture d’Aghi, quali per maggiormente essercitar la lor diabolica fierezza, & tormentar quel afflitto corpo, accompagnavano queste ferite con esecrabil contumelie, & villanie, biastemando la nostra Catolica Religione, pronunciando in lor lingua Hebraica cose esecrande in vituperio de Christiani; quali poi da nostri furon interpretate in questo senso. Che facciamo, sù trucidiamo crudelmente Giesù, Dio de Christiani, qual è un niente, & cosi in perpetuo si confondino quelli nostri capitali nemici. Tutti dalla passata crudeltà fatti più crudeli, ferivano con più aspra crudeltà quel candido, & vergineo corpo, quando tagliandolo con la forbice, & quando pungendo con appuntati aghi, sbruzzandosi con quel castissimo sangue. Non l’amazzarono in un subito, non volsero conficargli nelle viscerr il cultello, o passargli con un sol colpo le interiora, conciosia che sarebbe in tal guisa con una sol ferita nel stesso tempo uscito tutto il sangue, & parimente havrebbe resa l’anima, il che reputavano gran peccato. Empij, crudeli, maledetti, scommunicati, pertinaci, ostinati, nemici capitali di Christo, non v’havrebbe, o mostruose arpie bastato, imbratare di sangue Christiano, haver uccisa quell’hostia col troncargli il capo alla prima, come si legge che volse per commandamento di Dio far Abrahamo al proprio figlio ? Non bastava satiar il vostro desiderio in maniera tale, che sacrificato [p. 127 modifica]speditamente cadesse avanti gli vostri piedi? O inaudita spietatezza vogliono quelli con novo modo di crudeltà far mostra della lor tiranide, non si contentano spiegar la lor pazzia, con modi ordinarij, benche inhumani, ma vogliono, con disusato modo di tormentare, ferire quel corpo di membro in membro, non vogliono lasceiarvi luogo sano, vogliono resti ferita ogni minima parte, senza però tagliarne alcuna, accioche quella vitima Christiana, ferita in ogni parte, più leggiermente, durasse al lungo il suo tormento. Mentre con istrani colpi ciascuna parte del corpo vien guastata, & ferita n’esce il sangue d’ogni luogo à guisa di scaturienti rivi, quale, gocciolando, racolgievano racoglievano racoglievano sottoponendovi il vaso, mirando con strana empietà scorrere quel sacro humore à guisa di Fiume nel proprio canale. Oh che barbarie non più udita! oh che inventione non più intesa! oh che nova sorte d’indegno tormento! esercitato sa quelle infernali furie, contro l’innocente infantia d’un puttino, degno però d’un Hebraica crudeltà. Erano hormai stanche si, ma non già satie quelle sacrileghe mani, de carnefici, non v’era più sangue in quel corpo, che versar si potesse, era uscito tutto, fino all’ultima stila , nondimeno havrebono voluto di bel novo comminciare la tragedia, ancorche lassi, non sentivano però la fatica, havrebbon volsuto morir seco continuando in si detestabil crudeltà, quando la vita del fanciullo havesse potuto durare, sino che fossero stati condotti à tal termine. Che cecità! che ostinatione! che pertinacia!

Fù il misero fanciullo (parlo quanto al corpo in quel punto) in tal guisa trucidato, il spatio d’un hora, & più (qual finalmente mancandogli hoggimai l’estremo spirito, & perdendo le debili forze, avicinandosi l’hora del suo felice transito, alzò con atto, che destato haverebbe pietà ne’ marmi, i moribondi e pesanti lumi al Cielo, quasi invocar volesse Christo nostro Salvatore, vero Dio immortale, qual già per noi miseri peccatori fù confitto in Croce; poi abbassato piacevolmente il capo con morte lenta, frà le mani di quelli crudelli carnefici, in modo di purpureo fiore recciso dall’aratro venendo meno rese l’innocente sua anima à Dio.

Frà tanto essendosi rinforzata l’opinione, che Simone fosse statto ammazzato dalli Hebrei, per la Città tutta si sentivano voci che alle forche, & maggiori supplicij gli bramavano tutti, in ogni luogo si udivano con simili querelle: non dubitate maledetti Hebrei, circoncisi carnefici, riceverete al sicuro il condegno castigo di si nefando peccato. Dio giustissimo al qual niuna cosa può [p. 128 modifica]esser occulta, benche tardi vi castigarà, & vi spingerà alla morte, benche non tanto attroce, come meritano li vostri misfatti. Solevamento del Popolo contro de Giudei. In breve scoprirete il giusto giuditio Divino, forsi più presto di quello che vi pensate. Manigoldi. Dove mai havete fantasticati si barbare cerimonie de Sacrificij? Ove ritrovate che Moise habbi commandato doversi li huomini sacrificare à Dio? Appresso quale de vostri Profeti legete, doversi placare il nostro commun Creatore, qual specialmente prohibisce nella sua legge gli homicidij, con vittima humana. Come donque non v’avedete, qualmente mediante la vostra crudeltà, si sij maggiormente irritato il supremo fattore, da voi grandemente offeso, per la morte d’un fanciullo, vostro hospite. Rallegrati pur maledetta canaglia della tua sanguinosa, ed infame vittoria, satia il tuo crudele, & malvaggio petto, delli dolorosi pianti, & lamenti de suoi genitori, godi de nostri lugubri lamenti. Credi però che Christo nostro Salvatore non havrà havuto à sdegno una tua si esecrabile sceleragine. Ti persuadi forse non sij per venire alla luce un tanto tuo misfatto? Quanto havete o malvaggi machinato, & operato frà le mura delle vostre case, nelle maggior tenebre della notte, quelle medeme crudeltà commesse à porte chiuse, la giustitia di Dio la manifestarà in aperto, in sù la publica Piazza, di modo che questo vostro pazzo furore una volta restarà estinto, & tutto il mondo libero da vostri tradimenti. S’estinguerà certo la memoria di si nefanda gente. Dio non la comportarà molro al lungo. Sette pervenuti all’apice dell’iniquità, non sete più tolerabili, non può essere che finalmente non sij destrutta la vostra setta. Queste, & cose simili si sentivano, sino à maledire gli Prencipi istessi, perche spalegiassero consimil manigoldi. Udivansi parole di cotesto tenore.

Solevamento contro li Prencipi. Sentite Prencipi, che havette gli governi della Città, & reggete li popoli delle Republiche le sceleragini, & misfatti non più sentiti delli Hebrei. Svegliatevi Prencipi sopra la terra, & scorgete quali serpi ne vostri petti nutricate, che da voi fomentati, & riscaldati finalmente spargono il loro veleno, nelle vostre proprie vite? Non sapete, queste maledette vipere essere la fece de animali brutti, & li più astutti de mortali? Questi venuti da condenato, & maledetto paese ne’ nostri confini, ci rendono con suoi cifoli testimonianza veridica della lor venuta. Desiderano gli abbracciamenti, & commercij de Christiani per levargli (à guisa pur di vipera) la testa, & devorargli. La Christiana simplicità, non sapendo renonciare cotali inviti, corrisponde à consimili [p. 129 modifica]venenosi corpi. Gli communica la dimandata conversazione di congiongimento. Vomitasse almeno prima dalle fauci questa viperina schiata l’innato veleno, e determinasse portar qualche riverenza al Christiano, qual ricercato l’accoglie, avanti gli cascasse in animo desiderio di praticare familiarmente con esso lui. Il che non solamente non fanno, ma dalla disordinata lor avaritia, dolce usura, & profitevole dapocagine tratti lambiscano, cavano, & sorbiscono il nostro povero sangue; Non solamente con insatiabile, & esecranda fame consumano le nostre facultà, ma congiurati in nostra rovina ci consumano la carne, & rodono l’ossa. Devono esser tollerati nelle Città quelli parti, quali escendo dal ventre materno morsicano le coste della da lor uccisa madre, & mangiano le viscere di chi gli concepirono? Doveransi nutrire nelle Città li Hebrei, quali à guisa di serpi rodono, & mangiano le viscere delle Città, ne quali son nati, & nutteiti? Hormai determinate il castigo di costoro, quali ci machinano la morte; Accusiamo voi Prencipi, il cui proprio è fomentar questa sorte d’huomini, l’usar con essi soli misericordia, quali unti con oglio de vostri favori, sacrificano conforme la vostra usanza. Svegliatevi una volta, prendete hormai la nostra causa, & mentre si può ricevette benignamente gli vostri popoli, acciò poi non vi tassino, quasi che habbiate più in stima la Giudaica, che la nostra Christiana fede. Quando eramo richi, & poscenti, l’opulentia non ci lasciava conoscere tanta crudeltà, hora il nostro negotio è ridutto all’ultimo precipitio, in estremo, & evidente pericolo, consumati gli beni, & le ricchezze, ci scorgemo in dubio della stessa vita, persa questa non ci restando altro, in vano, saran ricercati gli vostri giudicij. Perilche considerate bene, & più diligentemente del passato, qual sorte di gente favorite; e sappiate che mentre perdonate à scelerati, perdete gli buoni. La vostra misericordia ne’ Hebrei, e la total rovina de Christiani.

Sù scacciate questa pestifera canaglia dalli vostri stati, si destrugino gli crudeli parti delli Hebrei: Sij totalmente sradicata, & destutta quella mala semenza, quella gente armata, che à noi viene con fuoco, & fero, per abbruggiare, & sbarbare le nostre povere facoltà. Questi lamenti ferivano l’orecchie di tutta la mesta Città.

Ucciso il fanciullo, ordinarono gli Hebrei fusse portato il di lui corpo nella Cantina, & ascoso sotto le botte. Hanno in costume gli Trentini cavare la terra, & far profondissime fosse, e con [p. 130 modifica]scarpelli smantelar e scavare Cengij, indi fanno spatiosissime stanze sotteranee, in forma di volto, a guisa di caverne, nelli lor edifficij, & habitationi, de quali poi se ne servono in vece di guarda robba ò dispensa; si che quasi tutta la Città in tal guisa è cavata. Dunque gli Hebrei, acciò non venisse alla luce questa lor ribaldaria, determinarono ascondere il corpo del Beato Simone nella cantina, luogo sotteraneo.

Frà tanto levato il Sole (era il giorno di Venerdì Santo in cui già dalli medemi Hebrei nostro Signor fù confitto, & morto in Croce per liberatione del genere humano) gli parenti del Martire tutti dolenti, e pieni di malinconia, portata la denoncia al Vescovo, impetrarono senza difficultà, che con publica diligenza, & commandamento si ricercasse il fanciullo. Cordoglio de Genitori Comandò con rigorosissimo bando, il buon Prelato, & volse, à sono di tromba fusse publicato, che qualsivoglia il qual havesse alcuna contezza del fanciullo, che o fosse inciampato in qualche pericolo, o capitato à qualche casa, perduto, sotto pena della vita lo manifestasse, il sollecito padre all’hora vinto dal dolore seco in piazza condusse la mesta moglie, vestita d’una sol rotta, & lorda veste, ove doppò essersi lamentati della perdita del figliolo, & haver mosso à pietà, & compassione ogni conditione di persone, andavano insieme col Cavaliere, ò prefetto della corte per la Città, non solo cercando con ogni accuratezza le contrade, ma di porta in porta, dimandando ad ogn’uno se gli sapesse dar nova del loro Simone, se l’havessero visto, cosa pensavano ne fusse succeduto, qual caso, ò qual disgratia gl’havesse involata il lor amato figliolo, gli havesse privati del lor Thesoro, della pupilla de proprij occhi, non tralasciano contrade, non antri, non passano parte, che non dimandano del lor caro pegno.

Gli Giudei venuto il giorno del Sabbato (& fù il quarto doppò che determinarono sacrificare un fanciullo Christiano) entrarono nella Sinagoga, fecero dalla Cantina portare il Corpo dell’Innocentino, lo riposero sopra la mensa, qual era avanti l’altare, ivi cantarono, Himni, e Salmi, finite le lor cerimonie, fecero di novo riportare quel Cadavere in Cantina.

Il terzo giorno doppò la morte del fanciullo, nel quale si celebra da Christiani la Resuretione del vero Messia, hebbero sentore quei malvaggi d’esser publicamente incolpati, d’haver messo le mani nel fanciullo, s’avidero che tutto il popolo venia à colpire in loro, come rei di tanta sceleragine, tutti perciò spaventati, non [p. 131 modifica]sapevano trovar ripiego, ne partito alcuno, finalmente determinano esser necessario il consigliarsi insieme, & remediare à si evidente lor pericolo, acciò restasse proveduto al lor enorme fallo. Si ritrovava all’hora un rivo sotteraneo d’acqua, qual dalla Città per mezzo le case di costoro, in vaso coperto à volto, scoreva nel Fiume Adice; per questo anco condotte dalla forza dell’acqua le publiche immondite della Città scorrevano, & erano menate al sudetto Fiume. Nel mezzo delle case era un luogo scoperto, & vacuo, acciò le stanze inferiori, & altre parti basse potessero ricovere luce, ove l’acqua per coppi, & coperti pendenti, adunata, veniva à cadere, ma il rivo tanto era scoperto per commodità di nettare le massaricie, & lavare altre suppeletili, quanto si slargava quel ara, ò luogo vacuo. Essendo dunque necessario ascondere quel corpo, ne trovando luogo à proposito, & in cui potesse senza suspetto quel cadavere star nascosto, e senza pericolo, che fosse con la lor rovina ritrovato. In negotio di tanto sospetto consigliano, & concludono, sij il fanciullo addobbato de suoi vestimenti, e in questa guisa gitato nel sodetto rivo, qual scorre sotto le lor case, & poi andaremo dissero dal Vescovo, & diremo, esser egli stato condotto per l’occulto canale, in cui scarica l’acqua, ma tratenuto dalla nostra grada di ferro, non haver potuto passar più oltre, per esser condotto al Fiume. Ne vi sarà alcuno, che sospetti de noi, ci tengono in buona consideratione, faciamo servitio à tutti, niuno dirà il fanciullo è stato ammazzato dalli Hebrei.

Il corpo di S. Simone vien nascosto. Fu da ciascuno lodato questo parere, gettano subito quel corpo, oltre ogni veder humano tormentato, nel canale, & lo sommergono nell’acqua. Parve n’havesse compassione l’acqua, forsi per non parere complice di tanto delitto, incoloritasi, impatiente di quel Santo peso del purpureo sangue, mandò fuori il cadavere di quello, che gli Circoncisi cotanto haveano tiraneggiato, ricusando volerlo coprire. Vedendo quelli indiavolati mostri consimil prodigio, arrabbiano di sdegno, maledivano il Fiume, perche resistesse alla lor volontà, biastemavano quel corpicciolo, come ostinato. S’affaticano con pali farlo restar à fondo, di quelle tenebrose acque, & sovente lo somergono. Giudicando in tal guisa haver prudentemente proveduto alle lor cose, & levato ogni pericolo.

L’istesso Tobia, qual tradì il fanciullo per consiglio de tutti, andò dal Velscovo, e senza mostrar timore, ò minimo segno di colpa espose (conforme gli fù comandato) tutto il trattato.

Il Prencipe per tal nuova, fatto allegro, spedì subito Giacomo [p. 132 modifica]da Spor, Capitanio della Città, & Giovanni dalle Sale Cittadino Bresciano, & all’hora Podestà della Città, commandandoli seguissero il denonciante. Questi subito andarono, conducendogli l’Hebreo, al luogo, ove havevano sentito, esser stato transportato il Cadavere di Simone.

Lo ritrovarono involto ne panni, & sostenuto dall’acqua, onde lo fecero subito cavare dal canale, & benche sogliono gli cadaveri in breve putrefarsi, fù cosa mirabile in Simone, che nel suo corpo (già tre giorni intieri senza anima, & riservato sempre in luogo sotteraneo, ò nell’acque, ove più facilmente si doveva corompere, non potendo dal calore del Sole in verun modo esser consumati nell’acque, ò luoghi cavernosi, quelli humori, che accelerano la corruzione,) non apparisce da parte alcuna segno di infracidirsi. Et quello che deve rendere maggior maraviglia, il solito di lui spiritoso vigore della facia, per ancor non l’haveva abbandonato. Ritrovato donque il Corpo; con ogni diligenza osservarono tutti gli segni, & piaghe, che si ritrovavano in quelle benedette carni. Considerarono l’interno della casa, ove apparivano chiari gli segni della intesa uccisione, viddero il pavimento ancor machiato di sangue, dimandano gli Giudei, & con ogni sottigliezza ricercano la causa d’ogni cosa, quali cose compiute, con la dovuta ponderatione, & diligenza, fecero portar il Corpo del Beatissimo Martire nella Chiesa di S. Pietro, ove pianto, fù sepolto, nel qual luogo per gli frequenti, e segnalati miracoli, concorrendo, da diverse parti del Mondo, gran frequenza de populi, il glorioso Martire Simone per Santità reso famoso, & chiaro, anco à nostri tempi, viene con gran pietà, & devotione venerato.

Scoperta la crudeltà ferina delli Hebrei, le madri rese timide, e prive de proprij figli, piangevano, & mescolavano gli lor pianti con gridi, di modo che per ogni porta si sentivano lacrimeuoli lamenti, & per tutta la Città si sparsero rumori di questo tenore.

Cosi vengono proditoriamente, & con ingani presi, & gabati gli figlioli de Christiani, da quelli maledetti? in cotal guisa vengono gli nostri figlioli sacrificati alle crudeli voglie di questi manigoldi? quanti fanciuli credete mai sian morti per le mani di questi scelerati, quali poi gli lor padri, & madri han stimato sijno affogati, overo per qualche altro strano accidente smariti? Chi mai potrà narrare la perfidia di questa maledetta gente? Sono la fecia del genere humano, la scentina delle sceleragini, l’obbrobrio delle genti, l’infamia dell’universo, & il parto dell’inferno. [p. 133 modifica]

Si lamentavano in cotal modo, & publicamente piangevano gli addolorati, & afflitti parenti il caso, & disgratia di Simone. Concitarono con le lor lacrime il popolo. Esclamavano in cotal guisa. State cauti Trentini, osservate gli andamenti delli Hebrei, attendete quel fuoco ascoso, considerate l’estrema lor diligenza, sempre preparata in vostra rovina, & de vostri figlioli. Sentite in gratia le lor leggi degne d’esser abborite, & confinate nel stesso Inferno. Le leggi è statuti de Giudei contro la fede Christiana. Hano questi perversi per statuto inviolabile di maledire ogni giorno il Santissimo Sacramento dell’Altare, & l’immaculata Vergine Madre purissima del supremo nostro Creatore. Et non potendo, prohibendogli l’annulata, & da lor macchiara legge proferire alcune parole, contendono però essergli lecito, con faceti raggionamenti denigrare la Chiesa Romana, & con esecrabili bestemie maledire la Republica Christiana. Questi huomini iniqui, & malvagi hanno ardire; il che forsi non sapete; di diffendere sceleragine di questa conditione, come medemi havete scoperto. Imperoche nel terzo libro del Talmuth (cosi chiamono loro quel volume (& preferiscono gli Hebrei quel codice à Moisè, & altri Profeti) vantandosi con stolta temerità Dio stesso imparare da quello, & in esso studiare non poco, quasi Dio non sij sapientissimo, honorano Dio con la bocca, ma bestiali lo negano in fatti, preferiscono un huomo allo stesso Dio, fano dal lor canto, che Dio non sij Dio) Dunque nel terzo libro del Talmuth si ritrova con legge inviolabile determinato, che trè volte almeno in ogni giorno preghino, (qual oratione vogliono sij la più efficace, & vehemente di quante ne possono fare) sijno maledetti gli seguaci di Christo.

All’hora dicono, e di mestieri, & vogliono, che le menti sijno totalmente sradicate da qual si voglia consideratione temporale, commandando s’impieghi ogni vehemenza di spirito, acciò totalmente s’unischi l’affetto per impetrare tanto male al prossimo ) ( ( maledetti imprecatori, prevaricatori della propria lor legge, abbbominenoli Atheisti, ) quando genuflessi non potessero far tal oratione, devono ad ogni modo farla cosi tutti stando à piedi giunti, gli huomini in lingua Hebraica, le donne conforme la appresero dalle lor nutrici.

In questo modo ò Trentini, spargono il lor veneno, & vomitano dalle fauci la lor rabbia nella nostra Sacrosanta Fede. Ci par bene aggiunger quivi le parole della lor oratione e sono queste.

Alli Christiani non resti scintilla di fede, non habbino [p. 134 modifica]speranza alcuna, si disperdino tutti in un momento, consuminsi gli fruti ne ventri materni, & più non resurgano, tutti gli tuoi nemici ò Israel si distrughino, il Regno, & Imperio della sceleragine Christiana resti estirpato, & confuso, ti preghiamo Signore affreta quanto ti dimandiamo, essaudisci le nostre preghiere, fà che à nostri giorni vediamo la confusione de nostri nemici, avanti andiamo ne sepolchri, di nostri antenati: perche tu sei Dio benedetto, fuggator delli aversari, &c destruttore delli scelerati. Et nel secondo volume di quella medema opera affermano questi temerari Hebrei, che il nostro Salvatore Giesù Christo patischi gravissimi tormenti nell’Inferno. Come potremo dunque ricever questi scelerati, sotto gli nostri coperti; nel grembo della nostra patria, come ci darà il cuore di racogliere cotesti capitali nemici del Christiano nome, & fomentargli col late del nostro proprio sangue? Come defenderemo più quelli nostri carnefici, che mai si satiano di travagliarci, & sitibondi delle nostre soatanze, procurano d’involarcele). Come sosteneremo più coloro, che con inveterato, & arrabbiato odio, sempre ci perseguitano? In qual guisa con le proprie facoltà potremo soccorere coloro, che ci rubano dalle proprie vite il più caro liquore? Come condescenderemo viver più con canaglia, qual dovrebbe esser bandita nelli più horridi deserti, & tenebrose caverne dell’universo, anzi nell’ultime spiaggie dell’Oceano, con ii carnefice alla coda essere, confinati? Non è maraviglia, se Christo sdegnando la nostra negligenza, & pigritia ci manda continue guerre, perche sempre porgiamo aiuto alli suoi capitali nemici.

Ci stà bene l’esser dati da Christo in preda de nostri aversarij accìò moriamo di fame, o di ferro, mercè, che alli aversarij del suo nome continuamente diamo salvocondoto, somministrando loro monitioni, & armi in abbondanza.

Dunque perche non si contentiamo viver con Christo in allegrezza meritamente incontriamo dolori, & accerbissime tristezze. Offendete Dio, perche permettete regni nelle vostre Città una sorte d’huomini tanto crudeli, perche familiarmente praticate con capitali nemici di Dio, perche vi diletatte della domestichezza di cosloro, che tanto abboriscono gli ritti Christiani, da quali non solamente permettete sijno pelati, & tiranizati gli vostri popoli, ma in oltre volete diffendergli, & sempre antepore le loro raggiorni à quelle de vostri sudditi, di modo che questi sono gli padroni, à quali ci convien per vostra dispositione, & giuditio contra ogni [p. 135 modifica]dovere, & giuste raggioni servire, ancorche vi sij chiaro non saper, ne poter quelli moderare la loro sfrenata cupidigine. Non vedete, che tutte le povere sostanze de Christiani sono ridotte ne granari di questa perfida gente? pare quelli sijno l’erario del publico. Han con peveree leggi, ordinata, formata, stabilita, & con soverchia copia d’oro arrichita la lor republica, non si contentano possedere le richezze, ma superbamente vogliono havere il predominio frà gli altri, che commodi si ritrovano de beni di fortuna, volendogli ad ogni modo opprimere. In luogo de tributi, da noi essigeno intollerabil usure. Non combattono col ferro, ma la lor pugna consiste nel danaro, non ci fano i spogli à forza d’armi, ma restiamo sacheggiati dalle lor insatiabili usure; non si ritrova più luogo sicuro dalla lor rapace natura, essendo subintrata per tutti gli nascondigli la loro crudeltà. Non vedrete Città libera, tutte le Provincie della Christianità sono fatte triburarie alli Hebrei.

Venero alli nostri alberghi vaghi, & profugi, supplicando ricetto con finte preghiere, & modi d’humiltà, il che ottenuto han subito occupate le nostre case, & levataci la libertà. Erano profugi, hora sono fatti Cittadini, 8&Signori di tutte le nostre facoltà. Noi (& chi non deplorarebbe la nostra calamità) già padroni di tutte le cose, & veri Cittadini, hora si scorgiamo spogliati di tutti li nostri haveri, siamo resi schiavi, & constretti andare à guisa di banditi, lontani dalla cara patria, mentre non vogliamo sopportare la crudel tirania di costoro, i quali con rapine ci strappano le proprie viscere dal ventre, ci levano dalle mani ogni nostro, benche poco havere. Vengono appesi alle forche altri ladri, quali per bisogno forsi havran robbata una miseria, & quelli che spogliano le Città, Provincie, & Regni intieri si lasciano andar liberi, il prender l’altrui di quelli poverelli è stimato furto, & alle volte sacrileggio, il prender rapace di costoro non vien imputato à colpa. (Prencipi è voi Giudici, ove è la giustitia? ove l’avete confinata? perche l’havete sbandita? se n’è per aventura volata in Cielo, da voi iniquamente perseguitata? ma revocate il bando, richiamatela dal Cielo, che più che volontieri venirà ad habitar gli vostri Palazzi, senza anco partirsi da quelle supreme sedi) Han bel tempo quelli perversi perche tutto gli è permesso. Quindi delle nostre fatiche fanno prodighe spese, & prendono piaceri, vestono sontuosamente, acciecano con regali gli Superiori, non perdonano à danari, per conseguire le loro sfrenate voglie. Gli [p. 136 modifica]spargano per le contrade, & piazze per venir à suoi disegni. Non sarebbon cosi prodighi, quando ci andasse delle lor industrie, & fatiche, non donnano però il suo, non prodigano le loro, ma le nostre povere fatiche, spargono quanto con severo, & duro giogo han corroto del nostro, col nostro si fabricano questi dominij, s’hanno aperte queste strade: del sangue Christiano spendon, quando la notte v’invitano à dilettevoli spetacoli, à curiosissime Comedie. Gli stimarete donque per l’avenire, degni della vostra benevolenza? admetterete alla vostra amicitia quelli, che Crocifissero Christo nostro Salvatore? quelli, che se potessero ci profondarebbono tutti nel più basso Inferno? quelli che sempre ci van insidiando, ci levano li cari figlioli, & li trucidano nel modo in cui vedete? quelli che rubbarono il nostro Innocentino, il nostro Simone, il quale à pena levato dalle poppe materne, condotto nella lor Sinagoga, non hebbero à schifo di trucidare con si accerbi, & varij tormenti? Permetterete più nelle vostre care genti, che continuamente ci maledicono? quelli che continuamente con inaudite, & horrendi imprecationi, & maleditioni biastemano voi, gli vostri parenti, moglie, & dolci figlioli? quelli, che già spacatamente sapete, & v’è noto, che senza mai cessare vi perseguitano con stregarie, ligature, & altre maleditioni. Queste querelle, & lamentevoli stridi delle donne, & parenti in quel punto, & congiontura, ch’era la Città conturbata, & spaventata per la morte del Beato Simone, di mano in mano venivano portate, & sparse per ogni cantone.

Ma ritorniamo alli Giudei, quali ritrovati colpevoli in delitto tanto manifesto, legati gli strascinavano alla preggione, fù comessa la guardia della priggione, acciò fosse più diligente, & occulata, alli Cittadini. Si ricercano gli delitti, & a forza de de tormenti vogliono cavar la verità.

Il Bressano in quel temp, Pretore della Città dimandò al Prencipe alcuni delli più dotti, & prudenti Dottori del luogo, acciò l’aiutassero come consiglieri in negotio tanto arduo, & di tanta consequenza. Disputano assieme la causa, & il modo di fargli morire; Chi diceva doversi trafigere con lanciate, poi cosi trafitti precipitargli nel Fiume. Altri che decapitati fossero poi, à vista d’ogn’uno, tanto strassinati, & in si strana maniera l’ossa sparte che humanamente più non s’havessero potute raccogliere. Altri ostinatamente volevano fossero attacatti ad una forca, altri fossero stangolati. Ma esclamando il volgo, che [p. 137 modifica]dovessero più attrocemente castigargli, chi volevano fossero ligati alle cime d’alti alberi, piegati à terra, e poi cosi attaccati, lasciargli con precipitoso motto cadere, tirando seco i rami quelli manigoldi à volo, affine che venissero in tal guisa ad essere più attrocemente, per diverse parti dal Cielo tormentati. Chi gridava doversi, legar gli corpi, à quattro carene spronati, poscia à forza de cavalli in quattro diverse parti, acciò restassero in quattro pezzi, in somma contendevano tutti, & stavano ostinati, che fossero con morte più infame, & crudele della forca giustitiati .

Li Giudei sono castigati. Furon dunque dal consiglio de più sapienti, & col parere de tutti condannati à morte gli Hebrei, de quali alcuni appicati, & ligati à code de Caualli, con le teste in terra, per gli piedi, furon strascinati al luogo della Giustitia, e quivi dichiarati & sententiati capitali nemici della Fede Christiana, erano da tutto il popolo in questi suoi tormenti seguitati con maleditioni, vituperij, & obbrobrij . Han voluto credere alcuni, che quelle voci criminatrici, & contumegliosi della turba, con cui rimproveravano la loro crudeltà, & nefande ceremonie, sij stato frà gli altri dolori, & tormenti il principale. Ivi spartiti dal carnefice in quattro parti, con inusitata sorte di morte estinti, resero le sozze, & infelici lor anime, per esser con più attroci tormenti in perpetuo afflite nel cieco abisso dalli Demonij infernali. Altri condotti prima per tutte le contrade, e severamente dal ministro della giustitia frustati, poi apesi alla forca, posti furon per gli piedi frà Cani rabiosi che da quella pendevano in tal guisa, che erano con grave, & tardo totmento, accerbamente crucciati. Imperoche gli Cani per esser suspesi col capo abbassato, più fieramente adirati, davano de denti, arrabbiati, hora al naso di quei infelici, hor alle orecchie, si che con brutissime piaghe sfigurarono al tutto le loro faccie. In questa guisa frà attroci tormenti, gli scelerati conducevano al fine la miserabil lor vita, & mentre bramavano la morte, gli era prohibito il morire. Desideravano più tosto la morte, che vivere in quelle pene, ma à suo mal grado gli conveniva vivere.

Finalmente finirono l’infelice lor vita in si fatti dolori, per comminciare una perpetua morte con gli Angeli apostati, nell’Inferno. Esequita questa giustitia contra gli Hebrei. Capella di S. Simone. Gli Trentini, acciò restasse alla posterità una perpetua memoria, & testimonianza del Martirio di questo Beato, fondarono una Capella nel luogo medemo ove in sprezo della Christiana Religione fù sparso [p. 138 modifica]il di lui sangue. Gli altri Giudei quali si ritrovarono nella Città furon con publica sentenza, con le superstitioni loro, banditi da quella, & con publico ordine decretato che niun Hebreo, potesse più per l’avenire habitare nel distretto di Trento.

In questo mentre gli Prencipi della legge Hebraica si lamentarono appresso al Sommo Pontefice, & querelorono il Vescovo, che havesse fatto morire ingiustamente, & con vituperosa morte alcuni della lor setta, quali habitavano in quella Città, ma ridotta la causa, per commissione del Romano Pontefice, nel Sacro Collegio de Cardinali, fù conosciuta la malvagità di quella maladetta canaglia, & fù risposto havergli molto piaciuta la dispositione del Vescovo di Trento, circa la morte delli Hebrei.

Si sparse per opni luogo la fama di tanta scrleragine, si che quell’anno non meno si celebrava, & festeggiava per il Martirio di Simone, che per il gran concorso delle nationi à Roma, & tanto famoso si rese il Vescovato di Giovanni, per la Beatificatione dell’Innocente Trentino, quanto per il solenne Giubileo il Pontificato di Paulo. Nacque Simone in Venerdì gli 26. Novembre 1472. d’Andrea, quale secondo alcuni fù Calzolaro, ò come dir vogliamo Calegaro, che faceva pianelle, & di Maria, nata di padre & madre poverissimo, regnando la Chiesa Trentina Giovanni quarto di questo nome cognominato Hinderbachio, fù ucciso dalli Hebrei, il Giovedì Santo; nella prima vigilia della note, l’anno 1475. gli 13. Aprile, giorno felicissimo, la cui memoria mai, per qualsivoglia malignità de tempi sarà scancellata. S’aggiunge alla gloria di questo Prencipe, che per il suo molto sapere, tanto s’adoprò per il ben publico, che restituì alla Chiesa la Città, quale molti anni haveva Sigismondo Arciduca d’Austria posseduta, donò molti ornamenti alla Chiesa, decorò Trento con molti, & belli edificij, rese con Roche, & forti Castelli, sicuro il Territorio, in gran parte rinovò il palazzo Episcopale, restaurò il Castello del Buon Conseglio, qual di dentro di legni, & quadrelli che era, lo fece di marmore, à volto, sostenuto da belle colonne, si che quella fabrica pareva d’ogni parte sij fatta à pilastri. Le parti interiori distinse con maggior arteficio, & le rese più ornate, & curiose. L’aqua nel Castello vien condota. Et acciò non mancasse cosa, che potesse richiedersi alla commodità, ò alla piacevolezza & giocondità del luogo, procurò condurvi entro l’acqua, elemento tanto necessario, non solamente perche ci serve per bevanda, ma perche ci leva in oltre infinite necessità, conferendoci molte gratuite utilitadi di modo, che alcuni [p. 139 modifica]considerando gli infiniti beneficij, che riceviamo da quella, couclusero essere il principio di tutte le cose, il che dobbiam tralasciare d’ammirare, sapendo noi manco esser lecito far, secondo il Christiano rito, sacrificio à Dio senza l’acqua.

Parimente la nostra Religione hà instituiti fonti, per le Chiese, ne quali si conserva acqua benedetta da Sacerdoti, che ritiene virtù di fugar gli Demonij, & cancellare le colpe nostre veniali, finalmente con l’acqua habbiamo l’entrata alla Catolica Fede, & la strada aperta al paradiso. Pareva veramente cosa indegna, che quella Rocca, sede de Prencipi, mancasse d’acqua, & patisce difficultà nell’havere cosa tanto necessaria, che la Città ne fosse copiosa, & il solo Castello capo di quella ne patisce penuria. Che per ogni contrada fra rivoli scoresse in abbondanza, & la fortezza restasse con la sola brama, & sete di quella. Per riddure ad effetto questo negotio, qual di già haveva proposto, si servì d’huomini perittissimi, quali sapeva, conoscere bene la carica, & officio, che in se ricevevano.

Questi cavando un monte, dalla parte settentrionale della Città che soprasta al stesso Castello, ritrovarono alcune nascenti vene, quivi da scura caverna, con un continuo collare prima ricevono l’acqua, indi per oscure strade sotterranee concorrendo & assembrandosi insieme, à poco à poco facendosi l’acqua maggiore, è da tutte le parti riunita, la conducono in proprio canale, alla volta del Castello. Ma acciò la chiarezza, & limpidezza dell’acqua, per l’innondationi di pioggie, e per scorrerie d’animali non restasse macchiata, & intorbidita; ò acciò alcuno non piegasse quel canale altronde ò pure, (il che era da temere) per ingani infetta, & avelenata, non portasse seco la morte: serarono la fonte con catenazzi di ferro, si che restò molto ben custodita.

Questa nel suo corso non admette altri rivoli, ne fontane, nè per giri, ò vie storte piegando, hor alla destra, hor alla sinistra, mà lasciato ogni girar delle valli, senza far lago, s’inoltra col suo scorrere per il dorso d’un pendente, & duro sasso, à gran fatica intagliato, in modo di canale, hor dal continuo corso, rodere dell’acqua allargato resoli più capace, & amplo, per canoni poscia di legno, à drittura del Castello condotta, arriva alla fossa, qual con profonda altezza separa il monte squadrato, à forza di brazzo, in grande largezza, dalle mura del Castello. Indi sottoposto un ponte de legni à guisa di machina, in forma d’arco piegata, artificiosamente fabricato, vien trasportata alla Rocha, ove [p. 140 modifica]in sotteranei canoni ricevuta più oltre s’avanza col suo dolce corso, fino dove vien transmessa in una concava colona di marmo; innondando poi l’acqua, ove per le scale s’ascende alle stanze superiori della fortezza; per picciole cane di bronzo con maraviglioso artificio butatte, in più parti vomitata, vien con dolce mormorio à ricadere nel vaso, sparsa à commune utilità del Castello. Ivi di novo in altri sotteranei canoni sommergendosi, scorre al giardino sotto il Castello situato, ove quasi dal longo corso divenuta lassa, da sudetti sotteranei condotti deposta, salta in un lago à tal effetto preparato, & ivi s’aduna, qual à nostri tempi il Cardinale Clesio (di cui sopra facessimo mentione) fece con nobil struttura abbellire, & rinovare. Dal lago poi novamente, per pippe di bronzo cade, & cadendo si sparge, sparsa rinfresca, & adaqua la ferril, & gioconda terra di quel ferace giardino, assieme con la varietà de fiori, & herbe.

In quello hora (mercè alla diligenza, & cura del sudetto Eminentissimo) e gran copia de frutti, & abbondanza d’altre cose necessarie, & utili. Ivi vedi odoriferi Cedri, purpuree viole, bianchi Gigli, splendenti Rose, & qualsivoglia desiderabil delicie, d’ameno giardino, fece parimente, come che era Prencipe d’animo grande, & magnanimo, da fondamenti un palazzo di mirabil bellezza (questo soprastà al sudetto giardino, al quale per lor diporto sovente si riducono gli Cittadini) acciò in tal guisa restasse alla memoria de posteri, quanto habbi havuto à cuore l’utilità de privati, & si sij impiegato per l’utile uso de Cittadini. Quanto poi habbi giovato con la di lui magnificenza, & liberalità si dirà più à basso.

Dunque Giovanni qual non permise mai rovinassero le cose, & raggioni, spetanti al Vescovato, per sua negligenza, rifece il Castello di Theno, qual per l’antichità stava per cadere. Aggiunse molte particolarità à quello di Corredo, in Val di Non, già fabricato da Giorgio Hako, fece in altri luoghi, altre fabriche, ricuperò il palazzo Episcopale di Bolzano, rifarcendo di più alcune parti, che gli Conti del Tirolo s’havevano usurpate, & molti anni possedute.

Mà non passò molto, che per incendio restò abbruggiato, haveva di già datto principio per redificarlo, mà sopragionto dalla morte l’opera restò imperfetta.

Mentre il buon Vescovo tutto s’impiegava in cotesti, & simili affari, sempre procurando con la sua liberalità sollevare il [p. 141 modifica]popolo, da qual si voglia aggravio, & incontro, da cui havesse potuto restare oppresso. Non negò mai la sua assistenza, & aiuto ad alcuno, qual havesse giustificate, le cause della sua necessità.

Ribellione de Nonesi, e de Solandri. In questo mentre per opera, & malignità d’alcuni malvagi, si ribellarono dalla Chiesa Trentina all’Arciduca d’Austria le Valli di Non, & Sole. Erano certi Crapuloni, quali havendo insolentemente menata la loro gioventù, & alle taverne consumate le lor sostanze, & finalmente dissipato il patrimonio nel soverchio mangiare, & bere. Falliti, perciò essendo restati meschini, furon sforzati partirsi dalla patria, & andare altrove, ricorsero dall’Arciduca, ad instanza, & favore del quale non molto doppò, ritornarono alla patria, conturbando à non pochi la pace come quelli c’haveva consumato il suo, volevano perciò vivere dell’altrui, imitando ogn’uno alle discordie, e fattioni.

Quelli Montanari à suassione, & instigatione di quelli perversi comminciarono à dividersi in parti, & fomentare frà di loro odij intestini, & guerre civili. Non fù difficile in tal congiontura spingere à ribellione quelli popoli, altresi amatori di novità.

Sigismondo non mancò di diffendere gli Nonesi con altri popoli, e ricevutigli in sua protettione, gli trattò non altrimente, che compagni, come quelli, che se gli erano raccommandati, & datti sotto la di lui diffesa. Permise ad ogni modo, che gli datij, & altre cose spetanti all’Erario si conducessero al Vescovo di Trento. Questa sola disgratia interruppe, & sturbò la continuata fortuna di quel Prelato.

A Venetia essendo Oratore per l’Imperatore Federico Terzo, di questo nome, si portò, come in tutte l’altre cose, & negotij eggreggiamente, in tal carica, appresso quella Republica. E tanto s’adoprò in quest’Ambasciaria, che col suo eloquente dire suase, & piegò quelli sapientissimi, & accutissimi Senatori à quanto dimandava, & bramava l’Imperatore. Finalmente questo buon Prelato doppò haver condotti, con sua somma lode molti interessi ad ottimo fine, haveva determinato con ogni modo à lui possibile consummare il resto della sua età in luogo ritirato con buona quiete. Mà gli successe, assai diversamente da quello che lui pensava, imperoche ritornando à Cavallo dalla Chiesa di S Vigilio, in cui, secondo gli riti Catholici, haveva celebrato, al Castello, soprapreso d’improvisa corrutione di sangue, insensato, & stupido cadete, rendendo il spirito al suo Creatore. [p. 142 modifica]

Sogliono, chi da tal infermità son oppressi restar stupidi di corpo, & di mente. Morse l’anno 1476. il mese di Settembre, il giorno di San Matteo, quasi l’hora stessa che ricevette il Vescovato, governò la Chiesa di Trento venti anni. Fù sepolto nel Domo appresso l’altare di Santa Dorotea in sepolcro di marmo.


In Fine del Sesto Libro.