Pagina:Dieci lettere di Publio Virgilio Marone.djvu/10: differenze tra le versioni

Da Wikisource.
m Ha protetto "Pagina:Dieci lettere di Publio Virgilio Marone.djvu/10" ([edit=autoconfirmed] (infinito) [move=autoconfirmed] (infinito))
Alebot (discussione | contributi)
m edit di RigaIntestazione
Intestazione (non inclusa):Intestazione (non inclusa):
Riga 1: Riga 1:
{{RigaIntestazione||{{Sc|Lettera Prima}}|3}}

Versione delle 21:57, 10 ago 2012


Lettera Prima 3

O matre pulcra filia pulcrior, applicando a questa figlia della lingua latina quel verso da lui fatto in altro proposito. E nel vero piace a noi tutti singolarmente la figlia, perché ha schifati con gran vantaggio que’ suoni troppo conformi, e quelle tante, e sì tetre terminazioni in Um, Ur, Us, che disfiguravan la madre.

Egli è ben vero, che nell’italica Poesia trovammo da prima qualche spiacevole novità. L’infinito numero e qualità di versi differenti, grandi, mezzani, e piccioli, tronchi e sdruccioli, tutti ad accento e non a misura, or troppo simili, or troppo diversi nel suono; senza fissi riposi, e rompiture, onde par verso ogni parlare, infin quanto era nuovo per noi ci nojava. Soprattutto le rime strana cosa ci parvero, e barbara usanza, e quasi un sussidio trovato per supplire al mancamento della dolcezza, e maestà del verso. Ma con l’assuefare l’orecchio a quell’Eco perpetua siamo venuti a sentirvi un piacer nuovo, e troviamo più venustà, e più vaghezza in cotanta varietà di metri e di accenti, quando son maneggiati da mano esperta. I pregiudizi in fine, che neppur la perdonano ai morti letterati, svanirono, e col tempo e colla docilità siam giunti a gustare le nobili poesie del vostro Parnaso. Orfeo stesso, che non ha mai degnato di cantare su la sua cetera versi latini, e a’ paragon de’ Greci non può soffrirli, fa udir sovente ai boschi, e ai fiumi di questo soggiorno dolcissime canzoni italiane, mentre io con Omero godiam di parere a noi stessi più gravi, e più armoniosi mettendo le nostre similitudini, e le più vive immagini dentro un’ottava rima, quasi in più nobil quadro. Ma non così dolci né così belle troviam d’ordinario le poesie di coloro, che nuovamente vengon dai vivi, e di versi italiani ci assordano. Quindi