Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/683: differenze tra le versioni
Nessun oggetto della modifica |
|||
Stato della pagina | Stato della pagina | ||
- | + | Pagine SAL 75% | |
Corpo della pagina (da includere): | Corpo della pagina (da includere): | ||
Riga 1: | Riga 1: | ||
<poem> |
<poem> |
||
{{R+|133|1}}E la lingua, che avea unita e presta |
|||
Prima a parlar, si fende; e la forcuta |
{{R+|134|0}} Prima a parlar, si fende; e la forcuta |
||
Nell’altro si richiude, e il fummo resta. |
{{R+|135|0}} Nell’altro si richiude, e il fummo resta. |
||
136 |
{{R+|136|1}}L’anima, ch’era fiera divenuta, |
||
Sufolando si fuggì per la valle, |
{{R+|137|0}} Sufolando si fuggì per la valle,<ref>y. 137. Si fugge sufolando</ref> |
||
E l’altro dietro a lui parlando sputa. |
{{R+|138|0}} E l’altro dietro a lui parlando sputa. |
||
139 |
{{R+|139|1}}Poscia li volse le novelle spalle, |
||
{{R+|140|0}} E disse all’altro: Io vuo’, che Buoso corra,<ref>v. 140. Io vuo’. ''Vuo’''; potrebb’ essere la voce ''vo’'', troncata da ''voio'' e framessovi l’''u'', come in ''vuoglio, vuogli'' ec., al modo che incontransi negli antichi. Oggi a ''vuo’'' si preferisce ''vo’''. ''E''-</ref> |
|||
E disse all’altro: Io vuo’, che Buoso corra, |
|||
Com’ò |
{{R+|141|0}} Com’ò fatt’io, carpon per questo calle.<ref>v. 141. C. M. Come faccio, carpon</ref> |
||
142 |
{{R+|142|1}}Così vid’io la settima zavorra |
||
Mutare e trasmutare, e qui mi scusi |
{{R+|143|0}} Mutare e trasmutare, e qui mi scusi |
||
La novità, se fior la penna aborra. |
{{R+|144|0}} La novità, se fior la penna aborra. |
||
145 |
{{R+|145|1}}Et avvegna che li occhi miei confusi |
||
Fossono alquanto e l’animo smagato, |
{{R+|146|0}} Fossono alquanto e l’animo smagato,<ref>v. 146. C. M. Fusser</ref> |
||
Non poter quei fuggirsi tanto chiusi, |
{{R+|147|0}} Non poter quei fuggirsi tanto chiusi, |
||
148 |
{{R+|148|1}}Ch’io non scorgessi ben Puccio Sciancato; |
||
Et era quel che sol de’ tre compagni, |
{{R+|149|0}} Et era quel che sol de’ tre compagni, |
||
Che venner prima, non era mutato: |
{{R+|150|0}} Che venner prima, non era mutato: |
||
151 |
{{R+|151|1}}L’altro era quel, che tu, Gaville, piagni.<ref>v. 151. C. M. Gavilli, piangili.</ref> |
||
</poem> |
</poem> |
||
y. 437. Si fugge sufolando |
|||
v. 440. Io vuo’. Vuo’; potrebb’ essere la voce vo’, troncata da voio e frames- |
|||
sovi V u, come in vuoglio, vuogli ec., al modo che incontransi negli antichi. |
|||
Oggi a vuo’ si preferisce vo’. E. v. 441. C. M. Come faccio, carpon |
|||
v. 446. C. M. Fusser v. 451. C. M. Gavilli, piangili. |
|||
<references/> |
<references/> |
||
{{Centrato|___________}} |
|||
Riga 33: | Riga 31: | ||
{{Centrato|C O M M E N T O}} |
{{Centrato|C O M M E N T O}} |
||
''Al fine delle sue parole'' ec. Avendo trattato l’autore nel canto |
''Al fine delle sue parole'' ec. Avendo trattato l’autore nel canto |
||
passato del ladroneccio, in questo canto {{sc|xxv}} intende di trattare di quel medesimo; ma in altra spezie, cioè nella seconda e terza, come se vedrà, quando sporremo lo testo. E dividesi questo canto principalmente in due parti, perchè prima tratta della seconda spezie del furto, |
passato del ladroneccio, in questo canto {{sc|xxv}} intende di trattare di quel medesimo; ma in altra spezie, cioè nella seconda e terza, come se vedrà, quando sporremo lo testo. E dividesi questo canto principalmente in due parti, perchè prima tratta della seconda spezie del furto, oltra quello che continua di Vanni Fucci; nella seconda tratta della terza spezie, quivi: ''Come il ramarro'', ec. La prima, che sarà |
Versione delle 15:34, 1 feb 2014
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
c a n t o xxv. | 639 |
133E la lingua, che avea unita e presta
Prima a parlar, si fende; e la forcuta
Nell’altro si richiude, e il fummo resta.
136L’anima, ch’era fiera divenuta,
Sufolando si fuggì per la valle,1
E l’altro dietro a lui parlando sputa.
139Poscia li volse le novelle spalle,
E disse all’altro: Io vuo’, che Buoso corra,2
Com’ò fatt’io, carpon per questo calle.3
142Così vid’io la settima zavorra
Mutare e trasmutare, e qui mi scusi
La novità, se fior la penna aborra.
145Et avvegna che li occhi miei confusi
Fossono alquanto e l’animo smagato,4
Non poter quei fuggirsi tanto chiusi,
148Ch’io non scorgessi ben Puccio Sciancato;
Et era quel che sol de’ tre compagni,
Che venner prima, non era mutato:
151L’altro era quel, che tu, Gaville, piagni.5
- ↑ y. 137. Si fugge sufolando
- ↑ v. 140. Io vuo’. Vuo’; potrebb’ essere la voce vo’, troncata da voio e framessovi l’u, come in vuoglio, vuogli ec., al modo che incontransi negli antichi. Oggi a vuo’ si preferisce vo’. E-
- ↑ v. 141. C. M. Come faccio, carpon
- ↑ v. 146. C. M. Fusser
- ↑ v. 151. C. M. Gavilli, piangili.
___________
C O M M E N T O
Al fine delle sue parole ec. Avendo trattato l’autore nel canto passato del ladroneccio, in questo canto xxv intende di trattare di quel medesimo; ma in altra spezie, cioè nella seconda e terza, come se vedrà, quando sporremo lo testo. E dividesi questo canto principalmente in due parti, perchè prima tratta della seconda spezie del furto, oltra quello che continua di Vanni Fucci; nella seconda tratta della terza spezie, quivi: Come il ramarro, ec. La prima, che sarà