Trattato completo di agricoltura/Volume II/Piante tintorie/1: differenze tra le versioni

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Versione delle 23:59, 8 feb 2015

Della Robbia

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Volume II - Piante tintorie Volume II - 2
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della robbia

§ 831. La robbia (rubia tinctorum), detta anche garanza dal francese garance, era coltivata antichissimamente in Italia centrale e meridionale per la sua radice che dà un color rosso, ma in seguito venne dimenticata non saprei se per altre coltivazioni più proficue e meno dispendiose, o per la concorrenza delle produzioni orientali della Siria, dell’Asia Minore e della Grecia. Certo è che questa pianta è originaria de’ climi caldi, ma a poco a poco andò acclimatizzandosi nei temperati, ed ora se ne coltiva nell’Alsazia e nell’Olanda, e soprattutto nel mezzodì della Francia, quantunque in un modo un poco differente.

Questa pianta ha la radice vivace, la quale nei climi caldi dura anche 5 o 6 anni, ma il suo stelo muore ogni anno. L’eccesso di umidità le nuoce, e l’aridità ne arresta la vegetazione; nei terreni freschi all’incontro, e finchè la temperatura non scenda al disotto di +10°, vegeta senza interruzione, per il che il di lei prodotto è proporzionale al tempo di vegetazione, quando le altre circostanze siano identiche. [p. 86 modifica]

Gasparin, a provare che il prodotto è proporzionale alla freschezza del suolo, porta i seguenti confronti:

Località del terreno Facoltà di ritener l’acqua Raccolto Raccolto quale dovrebbe essere nella giusta proporzione
Terreno paludoso del Thor 56,48 77 77
      »       d’alluvione d’Orange 51,30 68 70
      »       paludoso d’Orange 48,36 60 66
      »       marnoso di Tarascon 43,60 57 60
      »       Bolbine 32,60 42 45

L’irrigazione adunque riuscirà indispensabile nei terreni aridi, e gioverà assaissimo dovunque, quando la stagione decorra arida, ben inteso che non deve usarsi se non in caso di necessità, onde le radici non diventino di fibra troppo molle.

§ 832. La robbia contiene dal 72 sino al 78 per % d’acqua, secondo che la radice sia più o meno vecchia. Le ceneri costituiscono il 7,78 per % del peso totale della radice ben secca, poichè allo stato di disseccazione normale contiene ancora da 7 ad 8 per % d’acqua.

La composizione delle ceneri è la seguente:

Radice.

Potassa e soda 29,05
Calce 22,19
Magnesia 2,79
Ossidi di ferro e manganese 2,55
Acido fosforico 3,50
    »     solforico 1,62
    »     silicico 4,08
    »     carbonico 23,88
    »     cloroidrico 10,32
99,78
[p. 87 modifica]

§ 833. Dalla composizione risulta che la robbia ama un terreno argilloso-vegetale-calcare, e che facilmente fornisca soprattutto dell’acido carbonico. In questa pianta è a desiderarsi un rigoglioso sviluppo della parte erbacea e legnosa, quindi non si avrà timore, come ne’ cereali, di vederne il versamento a scapito de’ semi, e se anche sembra che l’acido fosforico non entri in gran parte nella costituzione della pianta, il che significa non aver essa bisogno di molto azoto, pure noi sappiamo che questo principio somministrato in forma d’ammoniaca unitamente all’acido carbonico favorisce mirabilmente lo sviluppo erbaceo della pianta, e per conseguenza anche la formazione d’abbondante parte legnosa. Epperò non saremo avari nel dare al terreno concime organico in abbondanza, e singolarmente concime da stalla, il quale meglio di ogni altro può fornire una giusta proporzione di acido carbonico e d’ammoniaca.

Un fatto abbastanza singolare è la diversa colorazione che prende la robbia nelle differenti condizioni di suolo e circostanze meteoriche. Noi sappiamo che il sugo di questa pianta naturalmente giallo non si fa rosso che per una specie di ossidazione; or bene, quale sarà la causa che in alcuni terreni la garanza è gialla, in altri rosea, in altri quasi affatto rossa? dipenderà forse dalla maggior o minor facilità di ossidarsi nella terra? Vi saranno dei terreni o dei concimi che ne favoriscono o ne contrariano l’ossidazione? Perchè nei climi piuttosto aridi la robbia è sempre rosea o rossa? Dipenderà forse dalla stessa cagione che abbiamo già notata al § 43, in cui esposi il dubbio che i tessuti che trattengono l’ossigeno o che posti in condizione di trattenerlo, come avviene nei momenti di siccità o di mancanza di temperatura sufficiente, prendono un color più intenso tendente al giallo od al rossiccio? Il fatto implica una causa che merita d’essere studiata, essendo essa forse di una importanza maggiore di quel che si crede, poichè appartiene ad una sfera di cognizioni anche di molto superiori a quelle dell’agricoltura.

§ 834. La robbia ordinaria non è vivace come le altre specie, e solo le radici lo sono, morendone ogni anno lo stelo. Essa si propaga per semi, per radici munite di occhi, dividendo le vecchie, ed anche per talee, ossia per rami muniti di gemme. In qualunque maniera però s’intenda di propagare questa pianta, sarà indispensabile preparare il terreno [p. 88 modifica]con una coltura jemale, ossia con due lavori l’uno in ottobre e l’altro in novembre, concimando in primavera sul secondo lavoro prima di procedere al terzo ed ultimo verso la fine di marzo od il principio d’aprile, quando la temperatura media sia di +12°. In seguito all’ultimo lavoro si divide il terreno in porche od ajuole, larghe non più di 1m,32 circa, divise fra loro da un solco piuttosto profondo e largo da 0m,30 a 0m,35. Questo largo solco serve a più scopi, cioè a dare un libero e comodo accesso al coltivatore nelle varie operazioni senza calpestare le piante, serve all’irrigazione per infiltramento, e finalmente coll’approfondarlo si ottiene terra sufficiente per rincalzare convenientemente le radici delle piante; epperò le ajuole saranno tanto più strette, ed i solchi intermedii tanto più larghi e profondi quanto maggior tempo vorremo lasciare in terra questa pianta, la quale da alcuni è estirpata dopo diciotto mesi e da altri dopo trenta.

Quando si voglia seminare la robbia, e stabilite che siano le ajuole, il di cui terreno sia stato lavorato a 0m,30 o 0m,40 di profondità, si tracciano le linee distanti fra loro 0m,20, nelle quali si interra il seme. Con una zappa si fa un solco profondo 0m,20 circa sulle linee tracciate, indi vi si getta il seme, e lo si ricopre colla terra dei bordi del solco. Nelle terre nelle quali non fu mai coltivata la garanza, o che siano forti, si adoperano chilogrammi 70 per ogni ettaro, nelle leggieri 82 circa; ma nelle terre nelle quali fu di già coltivata si aumenta la quantità fino ai 120 chilogrammi.

Avanti però di procedere alla semina è bene fare una buona scelta nei seme, poichè questo perde presto la facoltà germinativa; nel secondo anno moltissimi grani non germinano, e nei successivi ne va perduta una quantità sempre maggiore. Il buon seme è bianco, e divien sempre più bruno invecchiando.

L’epoca della semina è quella in cui l’umidità ed il calore favoriscono la pronta germinazione, e, quantunque il momento migliore sia quando la temperatura è giunta a +12, cioè alla metà d’aprile, pure di solito non si può aspettare sino a questo tempo che nelle terre fresche, poichè ove possa temersi la siccità, la germinazione riesce tarda ed incompleta. Epperò, ordinariamente si semina in marzo, quando la temperatura media è bensì di +7° a +8°, ma che il terreno è ancor umido dalle piogge della fine del verno. In tal caso la germinazione ha luogo dopo 20 o 25 giorni. [p. 89 modifica]

Le ripetute sarchiature sono indispensabili alla buona riuscita di questa coltivazione, che vuole essere monda d’erbe ed avere un terreno poroso e che permetta il facile ingrossamento delle radici. La sarchiatura, che deve ripetersi appena siavene il bisogno, costituisce la spesa massima della coltura, al punto che spesso non conviene nelle terre facili a produr erba. In seguito a ciascuna sarchiatura, se le radici restano alquanto scoperte, si ricoprono con terra levata dai solchi intermedii, i quali per tal guisa riescono sempre più larghi e profondi. Questo successivo rincalzamento, non che quello più forte che si eseguisce prima dell’inverno, col quale s’interrano le piante fino a 0m,6 d’altezza, non serve tanto a preservarle dal freddo, quanto a cangiare la qualità del sugo contenuto nello stelo. Infatti la parte della pianta ch’è in contatto dell’aria non si riempie che di materia verde, laddove posta sotterra, nelle condizioni delle radici, il sugo prende il colore di quello in esse contenuto, e così viensi ad aumentare la rendita di quella materia che vogliamo ottenere con questa coltivazione.

Ricoperta la pianta abbondantemente nel primo anno, passa l’inverno, ed alla primavera si zappa nuovamente, indi crescendo con vigore, soffoca le erbe e rendonsi meno necessarie ulteriori sarchiature. In questo secondo anno, verso la fine della state, la pianta fiorisce e porta i semi, i quali si colgono quando sono maturi il che si riconosce dal color violetto delle loro bache; indi si falciano gli steli, che servono ad alimentare il bestiame. Si noti però che la parte inferiore dello stelo, avendo già in sè un poco di sugo giallo, il quale si converte in rosso per l’ossidazione, così il latte, le carni e le ossa degli animali che se ne cibano, acquistano un color roseo. Tagliati li steli si rinnova il rincalzamento colla terra dei solchi, ed alla primavera del terzo anno si fa una sarchiatura, la quale ordinariamente non è seguita da altre pel crescente vigore di vegetazione della robbia; nell’estate fiorisce nuovamente e matura i grani, indi si passa a tagliare nuovamente gli steli ed a cavarne le radici dal suolo, il che si può fare anche prima della maturanza dei semi.

Per la propagazione della robbia per mezzo di radici munite di occhi si prepara il terreno come per la semina, indi si aprono i solchi alla voluta distanza, nei quali si dispongono le radici alla profondità di 0m,6 o 0m,8, indi si ricoprono colla terra dei bordi. La quantità di radici occorrente [p. 90 modifica]per piantare un ettaro, varia tra i 1200 ed i 1600 chilogrammi. Le colture successive sono le medesime che si usano per le piante ottenute colla semina.

Questo metodo non è conveniente che nei terreni troppo sciolti, dove la semina riuscirebbe male, e per quei climi nei quali si dovrebbe ritardare di troppo la semina, poichè la spesa per la compera delle radici è d’assai superiore a quella necessaria per avere la semente, e non compensa una più rapida vegetazione. — Il piantar talee è un metodo ancor meno usato, perchè riesce meno in caso di siccità.

§ 835. L’estirpamento delle radici di robbia si fa in epoche diverse secondo le circostanze di clima e di terreno, ed in Europa si costuma di farlo dopo 18 o dopo 30 mesi; nell’Asia, e generalmente nei climi caldi, si può lasciarla in terra altri 12 mesi o più. La diversità di quest’epoca non è cosa indifferente, ma piuttosto affare di convenienza per le condizioni già accennate. Infatti la materia colorante sta nella parte legnosa della radice, ed in maggior quantità e purezza nei strati centrali che negli esterni, l’alburno ne contiene assai poca e non del tutto costituita, e l’epidermide non ne contiene affatto. Chiaro è adunque che quanto più la radice è giovane avrà una maggior proporzione di epidermide e di alburno, ossia di parte legnosa ancor tenera, e che sarebbe conveniente il lasciar invecchiare le radici. Ma questo è quanto non si può fare dappertutto.

In seguito alle esperienze di Bartet la parte che può fornire la parte colorante, secondo le varie epoche, sarebbe nella seguente proporzione:

RADICE LEGNOSO ALBURNO
verde secca verde secco verde secco
10 mesi 86 22,05 7,50 3,28 78,50 18,76
18    » 93 25,00 13,95 6,10 79,05 18,89
30    » 100 30,07 31,00 13,58 69,00 16,50
42    » 107 36,08 66,34 29,06 30,66 7,33

Ecco adunque che la differenza di prodotto tra i 18 mesi [p. 91 modifica]ed i 30 non sarebbe superiore che di un quinto, come di un quinto sarebbe quella tra i mesi 30 ed i 42, come riscontrasi dall’ispezione della seconda colonna radice secca. E sebbene col maggior tempo di vegetazione diminuisca la proporzione dell’alburno, ed aumenti quella della parte legnosa, pure noi sappiamo che il legnoso quanto più è vecchio, contiene bensì la materia colorante più pura, ma che il suo maggior peso è dovuto specialmente all’indurimento delle sue fibre per la minor quantità d’acqua contenuta e per l’aumento invece delle sostanze inorganiche. Or bene, quest’aumento d’un quinto per ogni anno di più dopo i 18 mesi, e relativa maggior quantità e purezza della materia colorante, compensano esse costantemente l’interesse del capital fondiario? Almeno per l’Europa, e soprattutto nei climi temperati, sembra di no; e la maggior parte dei coltivatori preferisce d’estirpare la radice di 18 mesi, anche per ovviare alla facile comparsa d’un fungo (rizoctono) che cagiona la morte delle radici, limitandosi ad aspettare ai 30 mesi quando il suo prezzo sia inferiore dell’ordinario.

L’estrazione della radice si fa a braccio colla zappa o colla vanga, praticando da un lato della piantagione un solco profondo da 0m,40 sino ad un metro, secondo la profondità cui siano giunte le radici: ordinariamente basta un solco di 0m,75. Perciò importa cogliere un momento in cui la terra non sia indurita per la poca umidità, onde l’operazione riesca più spedita e meno costosa. Nei paesi caldi, alla fine di ciascun giorno si raccolgono le radici e si trasportano sull’aja ad essiccare; nei climi temperati o meno, si aspetta più tardi nell’autunno perchè il sole non ha abbastanza forza per essiccare le radici, le quali invece vengono disposte in locali riscaldati dalle stufe. Ciononpertanto in tali condizioni la robbia ha maggior tempo per vegetare, e la terra riesce sempre più facile a scavarsi profondamente, essendo rammollita dalle piogge autunnali.

L’estrazione delle radici per mezzo dell’aratro non si eseguisce che allorquando il lavoro non debba essere profondo più di 0m,45, poichè importa che l’aratro arrivi a questa profondità in una sol volta, il che avviene frequentemente; ed in tal caso la spesa riesce assai minore. Colla zappa o colla vanga adunque, coi quali istrumenti approfondasi ripetutamente nel terreno, si farà l’estrazione delle radici soltanto nel caso che queste si approfondino più di 0m,45, o che il terreno dove [p. 92 modifica] sia coltivata la robbia sia di poca superficie, o di tale configurazione che l’aratro sia obbligato a fare troppi e troppo difficili giri.

Le radici disseccate al punto di rompersi senza piegarsi, vengono riposte in appositi locali.

§ 836. Il prodotto medio di un ettaro coltivato a robbia è di circa chilogrammi 3000 per 18 mesi e di chilogrammi 3600 a 4000 per trenta. Aggiungasi poi la parte erbacea che si taglia nell’autunno come foraggio, chilogrammi 1000 circa all’anno, ed il prodotto dei semi. Ciononpertanto il prodotto netto varia d’assai, poichè un maggior prodotto di radici spesso non compensa la maggior spesa di concimazione, di coltura e di estrazione delle radici. Per il che la robbia viene di preferenza coltivata nei terreni nuovi per questa coltivazione, e dove non si approfondi di troppo.

Il terreno smosso profondamente da questa coltivazione è opportunissimo in seguito per quella degli arbusti, della medica e delle radici; il frumento versa facilmente nei primi anni, cioè finchè la terra non siasi alquanto rassodata.