Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/86: differenze tra le versioni

Da Wikisource.
Nessun oggetto della modifica
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 25%
+
Pagine SAL 75%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
{{Pt|no|aprono}} in fuori hanno il vantaggio di non poter essere sforzate così facilmente come le altre; e non occupando spazio nella casa, danno minor incomodo, che quelle che si aprono in dentro. Si trovano però degli esempj di porte aperte in dentro: una se ne vede a un tempio rotondo fu di uno de’ più belli bassi-rilievi antichi nella villa Negroni<ref>Ved. [[../697|Tav. XVIII]]., e uno presso {{AutoreCitato|Jan Gruter|Grutero}} ''Tom. I. p. 198.'', {{AutoreCitato|Jean-Jacques Boissard|Boissard}} ''par. 3. Tab. 126''. Secondo {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}} ''loc. cit''. pare che a suo tempo l’uso di aprire così le porte fosse andato generalmente in disuso anche in Grecia: ''græcas'' (januas) ''ajunt apud veteres omnes fuisse ad eum modum factas, argumento a comœdis sumpto, quod qui in publicum sunt prodituri, januas suas intus pulsent, & strepitum edant: quo foris qui progrediuntur, vel pro ostio stant, caveant ubi audiunt, ne fores in vicum expansa illidantur in ipsos''. E così Elladio Besantinoo, ossia della città di Antinoja in Egitto, nella sua ''Chrestomathia'', di cui dà l’estratto {{AutoreCitato|Fozio di Costantinopoli|Fozio}} ''cod. CCLXXIX. col. 1595''., illustrato da {{AutoreCitato|Johannes van Meurs|Meursio}} ''op. Tom. VI. col. 331''. dice lo stesso del tempo suo, cioè del principio del secolo IV. dell’era cristiana sotto Licinio e Massimiano, mostrando di aver quasi copiate le dette parole di {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}}: ''ideo, inquit apud comicos exeuntes pulsant fores, quia non, ut apud nos nunc ostia olim aperiebantur interius, sed adverso modo. Foras enim trudentes exìbant, manu pulsantes prius, ut audirent si qui ad fores essent, & caverent ne inscii læderentur, foribus repente in viam protrusis''. Contuttociò potrebbe dirsi, che solo la maggior parte non usasse più la porta in fuori a que’ tempi; perchè mi pare certo, che taluni così la tenessero anche al tempo di Giustiniano, cioè verso la metà del secolo VI., come si ricava dal frammento del giureconsulto Scevola riportato da quello imperatore fra le leggi, che doveano aver forza a suo tempo, e in appresso, nelle Pandette ''lib. 8. tit. 2. De servit. præd. urb. l. ult. in fine''. Le porte delle botteghe si sono probabilmente sempre aperte al di fuori, come al presente ancora.</ref>.
{{Pt|no|aprono}} in fuori hanno il vantaggio di non poter essere sforzate così facilmente come le altre; e non occupando spazio nella casa, danno minor incomodo, che quelle che si aprono in dentro. Si trovano però degli esempj di porte aperte in dentro: una se ne vede a un tempio rotondo fu di uno de’ più belli bassi-rilievi antichi nella villa Negroni<ref>Ved. Tav. XVIII., e uno presso {{AutoreCitato|Jan Gruter|Grutero}}
Tom. I. p. 1 g8., {{AutoreCitato|Jean-Jacques Boissard|Boissard}} par. 3. Tab. 1 z6.
Secondo Plutarco loc. cit. pare che a suo tempo
l’uso di aprire così le porte forte andato
generalmente in difuso anche in Grecia: græcas
(januas) ajunt apud vereres omnes fuifJt
ad eum modumfaclas, argumento a corneedis
fumpto, quod qui in publicum funt prodituri, januas suas intus pulfent, 6’ ftrepitum
edam: quo foris qui progrediuntur,
ve! prò oflio flant, caveant ubi audiunt, ne
fores ir. vicum expanfa. illidantur in ipfos. E
così Elladio Befantinoo, odia della città di
Antinoja in Egitto, nella sua Chresiomathia,
di cui dà l’eftratto {{AutoreCitato|Fozio di Costantinopoli|Fozio}} cod. CCLXX1X.
tol.ijg f., illuftrato da {{AutoreCitato|Johannes van Meurs|Meursio}} op. Tom. VI.
col. 331. dice lo stesso del tempo suo, cioè
del principio del secolo IV. dell’era criftiana
sotto Licinio e Massimiano, mostrando di
aver quasi copiate le dette parole di {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}}:
ideo, inquit apud comicos exeuntes pulfant
fores, quia non, ut apud nos nunc oftia olim
apcriebantur interius,fed adverso modo.
Foras enim trudentes exìbant, manu rufantesprius, ut audirent si qui ad fores ejfcnt,
ft caverent ne insiii Uderentur, foribus repente
in viam protrusis. Contuttociò potrebbe
dirsi, che iolola maggior parte non ufalTe
più la porta in fuori a que’ tempi; perchè mi
pare certo, che taluni così la teneflero anche
al tempo di Giustiniano, cioè verso la
metà del secolo VI., come si ricava dal frammento
del giureconsulto Scevola riportato da
quello imperatore fra le leggi, che doveano
aver forza a suo tempo, e in appresso, nelle
Pandette lib. 8. tit.z. De fervit. vr&d. uri.
I. uh. in fine. Le porte delle botteghe si sono
probabilmente fempte aperte al di fuori, come
al presente ancora.</ref>.


§. 62. Coloro, che cercano materia da sottilizzare, pretendono e sostengono, che le porte di bronzo della Rotonda non siano siate fatte per questo tempio<ref>{{AutoreCitato|Francesco de' Ficoroni|Ficoroni}} ''Le vest. di Roma ant. lib. 1. cap. 20. pag. 132''. dà per cosa nota, che le porte antiche di metallo fossero portate via da Genserico re de’ Goti; ma non cita verun antico autore, che ciò racconti. A lui si unisce l’abate {{AutoreCitato |Ridolfino Venuti|Venuti}} ''Accur. e succ. descr. topogr. di Roma, par. 2. cap. 3. pag. 73.'' {{AutoreCitato| Procopio di Cesarea|Procopio}}, il quale riferisce le ruberie di Genserico, non fa parola di queste porte, come dirò nella dissertazione su le rovine di Roma da inserirsi qui appresso. Più prudentemente il {{AutoreCitato|Famiano Nardini|Nardini}} ''{{TestoCitato|Roma Antica|Roma antica}}, lib. 6. c. 4. p. 296''. si era contentato di dubitare, che non fossero le primiere. Venuti ''loc. cit''. aggiugne, che quelle due porte siano siate collocate sul bilico ne’ tempi moderni; e che anticamente girassero colle bandelle sui gangheri.</ref>; ma che siano state tolte da altro edifizio. Ciò si è pur lasciato persuadere {{AutoreCitato|Johann Georg Keyssler |Keysler}}, senza dire perchè sulla porta vi sia una grata. Secondo la loro opinione, questa porta avrebbe dovuto arrivare sino all’architrave<ref>Sarebbe stata allora una porta sproporzionata, e fuor di regola per l’altezza.</ref>. Quelli, che possono vedere le pitture d’Ercolano, osserveranno nel quadro della pretesa Didone<ref>''Pitt. d’Ercol. Tom. I. Tav. 13. p. 73''. [ Ne ho parlato nel ''Tom. I. pag. 408. n''. {{Sc|b}}.</ref> una porta consimile, a cui è attaccata in cima la grata, che vi serve per dar lume nell’interno dell’edifizio.
§. 62. Coloro, che cercano materia da sottilizzare, pretendono e sostengono, che le porte di bronzo della Rotonda non siano siate fatte per questo tempio<ref>{{AutoreCitato|Francesco de' Ficoroni|Ficoroni}} Le vest. di Roma ant. lib. 1.
cap. zo.pae. 1 iz. dà per cosa nota, che le
porte antiche di metallo foriero portate via
da Genserico re de’ Goti; ma non cita verun
antico autore, che ciò racconti. A lui si
uni fee l’abate {{AutoreCitato|Ridolfino Venuti|Venuti}} Accur. e succ. descr. topogr.
di Roma, par. 2. cap. 3. pag. 7?. {{AutoreCitato|Procopio di Cesarea|Procopio}}, il quale riferifee le ruberie di Genserico, non fa parola di quelle porte, come
dirò nella dilTertazione fu le rovine di Roma
da inferirli qui appredo. Pili prudenrementc
il {{AutoreCitato|Famiano Nardini|Nardini}} {{TestoCitato|Roma Antica|Roma antica}}, lib. 6. e. 4-.p. zo f.
si era contentato di dubitare, che non fossero
le primiere. Venuti loc. cit. aggiugne,
che quelle due porte lìano siate collocate fui
bilico ne’ tempi moderni; e che anticamente
girasiero colle bandelle fui gangheri.</ref>; ma che siano state tolte da altro edifizio. Ciò si è pur lasciato persuadere Keysler, senza dire perchè sulla porta vi sia una grata. Secondo la loro opinione, questa porta avrebbe dovuto arrivare sino all’architrave<ref>Sarebbe stata allora una porta sproporzionata, e fuor di regola per l’altezza.</ref>. Quelli, che possono vedere le pitture d’Ercolano, osserveranno nel quadro della pretesa Didone<ref>Pitt. d’Ercol. Tom. I. Tav. 1 i. p. 73,
[ Ne ho parlato nel Tom. I. pag. 4.08. n. b.</ref> una porta consimile, a cui è attaccata in cima la grata, che vi serve per dar lume nell’interno dell’edifizio.

Versione delle 16:04, 30 nov 2015

68 O s s e r v a z i o n i

no in fuori hanno il vantaggio di non poter essere sforzate così facilmente come le altre; e non occupando spazio nella casa, danno minor incomodo, che quelle che si aprono in dentro. Si trovano però degli esempj di porte aperte in dentro: una se ne vede a un tempio rotondo fu di uno de’ più belli bassi-rilievi antichi nella villa Negroni1.

§. 62. Coloro, che cercano materia da sottilizzare, pretendono e sostengono, che le porte di bronzo della Rotonda non siano siate fatte per questo tempio2; ma che siano state tolte da altro edifizio. Ciò si è pur lasciato persuadere Keysler, senza dire perchè sulla porta vi sia una grata. Secondo la loro opinione, questa porta avrebbe dovuto arrivare sino all’architrave3. Quelli, che possono vedere le pitture d’Ercolano, osserveranno nel quadro della pretesa Didone4 una porta consimile, a cui è attaccata in cima la grata, che vi serve per dar lume nell’interno dell’edifizio.


Alle


  1. Ved. Tav. XVIII., e uno presso Grutero Tom. I. p. 198., Boissard par. 3. Tab. 126. Secondo Plutarco loc. cit. pare che a suo tempo l’uso di aprire così le porte fosse andato generalmente in disuso anche in Grecia: græcas (januas) ajunt apud veteres omnes fuisse ad eum modum factas, argumento a comœdis sumpto, quod qui in publicum sunt prodituri, januas suas intus pulsent, & strepitum edant: quo foris qui progrediuntur, vel pro ostio stant, caveant ubi audiunt, ne fores in vicum expansa illidantur in ipsos. E così Elladio Besantinoo, ossia della città di Antinoja in Egitto, nella sua Chrestomathia, di cui dà l’estratto Fozio cod. CCLXXIX. col. 1595., illustrato da Meursio op. Tom. VI. col. 331. dice lo stesso del tempo suo, cioè del principio del secolo IV. dell’era cristiana sotto Licinio e Massimiano, mostrando di aver quasi copiate le dette parole di Plutarco: ideo, inquit apud comicos exeuntes pulsant fores, quia non, ut apud nos nunc ostia olim aperiebantur interius, sed adverso modo. Foras enim trudentes exìbant, manu pulsantes prius, ut audirent si qui ad fores essent, & caverent ne inscii læderentur, foribus repente in viam protrusis. Contuttociò potrebbe dirsi, che solo la maggior parte non usasse più la porta in fuori a que’ tempi; perchè mi pare certo, che taluni così la tenessero anche al tempo di Giustiniano, cioè verso la metà del secolo VI., come si ricava dal frammento del giureconsulto Scevola riportato da quello imperatore fra le leggi, che doveano aver forza a suo tempo, e in appresso, nelle Pandette lib. 8. tit. 2. De servit. præd. urb. l. ult. in fine. Le porte delle botteghe si sono probabilmente sempre aperte al di fuori, come al presente ancora.
  2. Ficoroni Le vest. di Roma ant. lib. 1. cap. 20. pag. 132. dà per cosa nota, che le porte antiche di metallo fossero portate via da Genserico re de’ Goti; ma non cita verun antico autore, che ciò racconti. A lui si unisce l’abate Venuti Accur. e succ. descr. topogr. di Roma, par. 2. cap. 3. pag. 73. Procopio, il quale riferisce le ruberie di Genserico, non fa parola di queste porte, come dirò nella dissertazione su le rovine di Roma da inserirsi qui appresso. Più prudentemente il Nardini Roma antica, lib. 6. c. 4. p. 296. si era contentato di dubitare, che non fossero le primiere. Venuti loc. cit. aggiugne, che quelle due porte siano siate collocate sul bilico ne’ tempi moderni; e che anticamente girassero colle bandelle sui gangheri.
  3. Sarebbe stata allora una porta sproporzionata, e fuor di regola per l’altezza.
  4. Pitt. d’Ercol. Tom. I. Tav. 13. p. 73. [ Ne ho parlato nel Tom. I. pag. 408. n. b.