Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/237: differenze tra le versioni

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vedere appoggiato col gomito sopra il pomo d’una spada sfoderata con stretta lama, e lunga alla spagnuola, o dare di Svezia, come sono effigiati nelle medaglie i re de’ Parti appoggiati sull’arco. Tutte le pitture hanno qualche carattere. Intorno a quello strano carattere il custode si disimpegnava con disinvoltura, dicendo, che le pitture erano venute da Palmira; e conveniva appagarsene. Io esposi i miei dubbj a monsignor Baldani studioso d’antichità, uomo di gran giudizio, ed amicissimo del P. {{AutoreCitato| Contuccio Contucci|Contucci}}. Egli non mi rispose altro: „ Io non so, che dirvi: alle volte bisogna stare su qualche fede, e non voler pescare troppo a fondo nelle antichità, e ne’ misterj de’ Gesuiti „. L’impostore di questa roba vedendo la riuscita a Roma, comparve con molte altre; e ci cascò la dottoressa di Bareith, che ne comprò quattro, e mantiene loro una lampa accesa d’avanti, come i Turchi all’Alcorano. E quante pitture di questa pasta sono andate in Francia, e in Inghilterra! L’impostore è un pittore veneziano Quercia, che senza saper conformarsi in verun modo allo stile degli antichi, operando, come gli è saltato in capriccio, ha faputo far la frangia, e profittare della cecità del mondo<ref>Forse quello non è altri, che quel falsificatore delle pitture Ercolanesi per nome ''Guerra'', mentovato alla ''pag. 21''. del ''Giudizio dell’opera dell’abate Winkelmann intorno alle scoperte d’Ercolano, ec. Napoli 1765''. Questo appunto è pur quello, a cui si attribuiscono le pitture stesse del museo Kircheriano. [ Non può cader dubbio alcuno fu di questo; mentre Winkelmann parlando di queste stesse imposture nella lettera sulle scoperte d’Ercolano al signor conte di {{AutoreCitato|Heinrich von Brühl|Brühl}}, di cui riparlai poc’anzi, alla ''pag. 31''., e in altre lettere, sempre lo chiama ''Guerra'' pittor veneziano: onde qui è un errore di penna il nome di ''Quercia'', che poteva emendarsi francamente. Le pitture non erano opera sua: ne era soltanto lo spacciatore. Si vuole, che siano lavoro del cinquecento fatto per fregio in qualche stanza, come allora si usava in Roma, e anche nel seicento. Coll’andar degli anni vi era stato dato di bianco sopra, che poi toltone al tempo di Guerra, furono segate, e spacciate con fina impostura, ed arte, come se fossero scoperte sotterra nelle rovine di edifizj: profittandoli dell’orgasmo, in cui era l’Europa per le pitture d’Ercolano recentemente scoperte. La sola qualità dell’intonaco ballava per ismentirlo.</ref>. L’inganno dovea saltare agli occhi d’ognuno da quello, che ci è rimasto di pitture antiche a Roma, senza andare a vedere quelle di Portici. La sfacciataggine di quest’uomo,
vedere appoggiato col gomito sopra il pomo d’una spada sfoderata con stretta lama, e lunga alla spagnuola, o dare di Svezia, come sono effigiati nelle medaglie i re de’ Parti appoggiati sull’arco. Tutte le pitture hanno qualche carattere. Intorno a quello strano carattere il custode si disimpegnava con disinvoltura, dicendo, che le pitture erano venute da Palmira; e conveniva appagarsene. Io esposi i miei dubbj a monsignor {{AutoreCitato|Antonio Baldani|Baldani}} studioso d’antichità, uomo di gran giudizio, ed amicissimo del P. {{AutoreCitato| Contuccio Contucci|Contucci}}. Egli non mi rispose altro: „ Io non so, che dirvi: alle volte bisogna stare su qualche fede, e non voler pescare troppo a fondo nelle antichità, e ne’ misterj de’ Gesuiti „. L’impostore di questa roba vedendo la riuscita a Roma, comparve con molte altre; e ci cascò la dottoressa di Bareith, che ne comprò quattro, e mantiene loro una lampa accesa d’avanti, come i Turchi all’Alcorano. E quante pitture di questa pasta sono andate in Francia, e in Inghilterra! L’impostore è un pittore veneziano Quercia, che senza saper conformarsi in verun modo allo stile degli antichi, operando, come gli è saltato in capriccio, ha faputo far la frangia, e profittare della cecità del mondo<ref>Forse quello non è altri, che quel falsificatore delle pitture Ercolanesi per nome ''Guerra'', mentovato alla ''pag. 21''. del ''Giudizio dell’opera dell’abate Winkelmann intorno alle scoperte d’Ercolano, ec. Napoli 1765''. Questo appunto è pur quello, a cui si attribuiscono le pitture stesse del museo Kircheriano. [ Non può cader dubbio alcuno fu di questo; mentre Winkelmann parlando di queste stesse imposture nella lettera sulle scoperte d’Ercolano al signor conte di {{AutoreCitato|Heinrich von Brühl|Brühl}}, di cui riparlai poc’anzi, alla ''pag. 31''., e in altre lettere, sempre lo chiama ''Guerra'' pittor veneziano: onde qui è un errore di penna il nome di ''Quercia'', che poteva emendarsi francamente. Le pitture non erano opera sua: ne era soltanto lo spacciatore. Si vuole, che siano lavoro del cinquecento fatto per fregio in qualche stanza, come allora si usava in Roma, e anche nel seicento. Coll’andar degli anni vi era stato dato di bianco sopra, che poi toltone al tempo di Guerra, furono segate, e spacciate con fina impostura, ed arte, come se fossero scoperte sotterra nelle rovine di edifizj: profittandoli dell’orgasmo, in cui era l’Europa per le pitture d’Ercolano recentemente scoperte. La sola qualità dell’intonaco ballava per ismentirlo.</ref>. L’inganno dovea saltare agli occhi d’ognuno da quello, che ci è rimasto di pitture antiche a Roma, senza andare a vedere quelle di Portici. La sfacciataggine di quest’uomo,

Versione delle 12:21, 15 gen 2016


di   W i n k e l m a n n. 219

vedere appoggiato col gomito sopra il pomo d’una spada sfoderata con stretta lama, e lunga alla spagnuola, o dare di Svezia, come sono effigiati nelle medaglie i re de’ Parti appoggiati sull’arco. Tutte le pitture hanno qualche carattere. Intorno a quello strano carattere il custode si disimpegnava con disinvoltura, dicendo, che le pitture erano venute da Palmira; e conveniva appagarsene. Io esposi i miei dubbj a monsignor Baldani studioso d’antichità, uomo di gran giudizio, ed amicissimo del P. Contucci. Egli non mi rispose altro: „ Io non so, che dirvi: alle volte bisogna stare su qualche fede, e non voler pescare troppo a fondo nelle antichità, e ne’ misterj de’ Gesuiti „. L’impostore di questa roba vedendo la riuscita a Roma, comparve con molte altre; e ci cascò la dottoressa di Bareith, che ne comprò quattro, e mantiene loro una lampa accesa d’avanti, come i Turchi all’Alcorano. E quante pitture di questa pasta sono andate in Francia, e in Inghilterra! L’impostore è un pittore veneziano Quercia, che senza saper conformarsi in verun modo allo stile degli antichi, operando, come gli è saltato in capriccio, ha faputo far la frangia, e profittare della cecità del mondo1. L’inganno dovea saltare agli occhi d’ognuno da quello, che ci è rimasto di pitture antiche a Roma, senza andare a vedere quelle di Portici. La sfacciataggine di quest’uomo,

  1. Forse quello non è altri, che quel falsificatore delle pitture Ercolanesi per nome Guerra, mentovato alla pag. 21. del Giudizio dell’opera dell’abate Winkelmann intorno alle scoperte d’Ercolano, ec. Napoli 1765. Questo appunto è pur quello, a cui si attribuiscono le pitture stesse del museo Kircheriano. [ Non può cader dubbio alcuno fu di questo; mentre Winkelmann parlando di queste stesse imposture nella lettera sulle scoperte d’Ercolano al signor conte di Brühl, di cui riparlai poc’anzi, alla pag. 31., e in altre lettere, sempre lo chiama Guerra pittor veneziano: onde qui è un errore di penna il nome di Quercia, che poteva emendarsi francamente. Le pitture non erano opera sua: ne era soltanto lo spacciatore. Si vuole, che siano lavoro del cinquecento fatto per fregio in qualche stanza, come allora si usava in Roma, e anche nel seicento. Coll’andar degli anni vi era stato dato di bianco sopra, che poi toltone al tempo di Guerra, furono segate, e spacciate con fina impostura, ed arte, come se fossero scoperte sotterra nelle rovine di edifizj: profittandoli dell’orgasmo, in cui era l’Europa per le pitture d’Ercolano recentemente scoperte. La sola qualità dell’intonaco ballava per ismentirlo.

E e 2 son-