Pagina:Tasso - Aminta, Manuzio, 1590.djvu/46: differenze tra le versioni

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Versione delle 17:53, 2 mar 2016


scena seconda. 37

     Debbiamo in breue andare Siluia, & io
     110Al fonte, che s’appella, di Diana;
     Là doue à le dolci acque fà dolc’ombra
     Quel Platano, ch’inuita al freſco ſeggio
     Le Ninfe cacciatrici. iui sò certo,
     Che tufferà le belle membra ignude.

     Tir.115Ma, che però?     Daf.     Ma, che però? Da poco
     Intenditor. s’hai ſenno, tanto basti.

     Tir.Intendo: ma non sò s’egli haurà tanto
     D’ardir.
     Daf.     S’ei non l’haurà, ſtiaſi, & aſpetti,
     Ch’altri lui cerchi.
     Tir.     Egli è ben tal, che’l merta.
     Daf.120Ma non vogliamo noi parlar alquanto
     Di te medeſmo? hor su, Tirſi, non vuoi
     Tu inamorarti? ſei giouane anchora,
     Nè paſſi di quattr’anni il quinto luſtro;
     (Se ben ſouuiemmi, quando eri fanciullo)
     125Vuoi viuer neghittoſo, e ſenza gioia?
     Che ſol’amando huom sà, che ſia diletto.

     Tir.I diletti di Venere non laſcia
     L’huom, che ſchiua l’amor; ma coglie, e guſta
     Le dolcezze d’Amor ſenza l’amaro.

     Daf.130Inſipido è quel dolce, che condito
     Non è di qualche amaro, e toſto ſatia.

     Tir.E’ meglio ſatiarſi ch’eſſer ſempre
     Famelico nel cibo, e dopo’l cibo.

     Daf.Ma non, se’l cibo ſi poſſede, e piace,
     135E guſtato à guſtar ſempre n’inuoglia.

     Tir.Ma, chi poſſede sì quel, che gli piace,


     Debbiamo in breve andare Silvia, ed io
     110Al fonte, che s’appella, di Diana;
     Là dove a le dolci acque fa dolce ombra
     Quel Platano, ch’invita al fresco seggio
     Le Ninfe cacciatrici. Ivi so certo,
     Che tufferà le belle membra ignude.

     Tir.115Ma, che però?     Daf.     Ma, che però? Da poco
     Intenditor. S’hai ſenno, tanto basti.

     Tir.Intendo: ma non so s’egli avrà tanto
     D’ardir.
     Daf.     S’ei non l’avrà, stiasi, ed aspetti,
     Ch’altri lui cerchi.
     Tir.     Egli è ben tal, che’l merta.
     Daf.120Ma non vogliamo noi parlar alquanto
     Di te medesmo? Or su, Tirsi, non vuoi
     Tu inamorarti? Sei givane ancora,
     Né passi di quattr’anni il quinto lustro;
     (Se ben sovviemmi, quando eri fanciullo)
     125Vuoi viver neghittoso, e senza gioia?
     Che sol’amando uom sa, che sia diletto.

     Tir.I diletti di Venere non lascia
     L’uom, che schiva l’amor; ma coglie, e gusta
     Le dolcezze d’Amor senza l’amaro.

     Daf.130Insipido è quel dolce, che condito
     Non è di qualche amaro, e tosto sazia.

     Tir.E’ meglio saziarsi ch’esser sempre
     Famelico nel cibo, e dopo’l cibo.

     Daf.Ma non, se’l cibo si possede, e piace,
     135E gustato a gustar sempre n’invoglia.

     Tir.Ma, chi possede sì quel, che gli piace,

Che