Trattato completo di agricoltura/Volume II/Degli Agrumi/1: differenze tra le versioni

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Propagazione

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Volume II - Degli Agrumi Volume II - 2
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propagazione degli agrumi.

§ 948. La propagazione o moltiplicazione degli agrumi suppone un semenzajo ed un vivajo ben esposti, in luogo soleggiato e riparato dai venti, singolarmente da quelli del nord, ed un terreno ben sciolto, fresco e ben concimato. Per tali piante poi nei climi meno caldi, e dove nell’inverno possa gelare, esigonsi delle cassette o dei vasi ripieni di quel terriccio fatto col miscuglio testè accennato; ed un locale od aranciera coperta, come vedremo in seguito. La propagazione degli agrumi si fa in varj modi, cioè coi semi, colla talea o piantoncino, colla barbatella, colla margotta, colla propagine e coll’innesto. Nei climi caldi il metodo più usitato oggidì è la semina e la talea; la prima perchè in tali climi meno facilmente le piante provenienti da semi degenerano o si modificano; e la seconda perchè il ramo tagliato e che fu conficcato in terra senza alcuna radice, non ha tempo di marcire, essendo che il continuo calore ne facilita all’incontro la vegetazione. La barbatella, e soprattutto la margotta e l’innesto sono quasi indispensabili nei climi temperati allo scopo di conservare i caratteri speciali di ciascuna varietà.

§ 948. La semina negli agrumi, come in tutte le altre piante, è quella che fornisce gli alberi più robusti, ossia di maggior durata, e che resistono dippiù all’inclemenza delle stagioni, ben inteso entro certi limiti: e soltanto per tale riguardo può talvolta essere utile anche nei climi meno caldi, quando però in seguito vi si applichi l’innesto.

Nei climi caldi devonsi seminare a parte i semi di ciascuna specie di agrume, poichè in tali località si possono conservare molte varietà, e spesso anche averne di nuove. Nella Spagna e nel Portogallo ormai non s’innesta più un arancio, e vi si trovano piante robuste ed assai fruttifere. Lo stesso avviene pure nella riviera settentrionale del Mediterraneo per gli aranci e singolarmente pei limoni, i quali non contraggono altro difetto che quello d’essere il più delle volte spinosi. Più in su nei climi temperati, per esempio sul lago di Garda, la semina si fa soltanto per avere soggetto d’innestare, e pertanto si scelgono le varietà più resistenti quali sono i pomi d’Adamo e l’arancio. Per chi poi intende di coltivare gli agrumi in vasi od in casse, e che vogliansi aver piante da semi, si prescelgono gli Adami, siccome quelli che [p. 287 modifica]danno piante più robuste e di minore vegetazione, ma assai fruttifere, quando vengano innestate.

Qualunque specie vogliasi poi seminare, i semi si sceglieranno dai frutti migliori e più maturi di ciascuna di esse: questi si mettono in mucchio in qualche angolo esposto al sole, acciò fermentino per otto o dieci giorni, indi si gettano in un recipiente ove sia dell’acqua. Dopo alcune ore di macerazione si separano i semi, scegliendone i migliori e meglio nutriti, e scartando tutti quelli che surnuotano. I semi stati trascelti si seminano in apposite ajuole, ben preparate e concimate, come si disse più sopra, alla distanza di 0m,15 fra linea e linea, e di 0m,05 fra seme e seme ed alla profondità di 0m,03. L’ajuola si ricopre per 0m,04 con segatura di legno, o paglia ben trita, o terriccio, o sterco fresco da stalla senza paglia, cangiato ogni sei giorni ed innaffiando frequentemente. La semina fatta in primavera, appena che la temperatura media sia giunta almeno a +15°, è quella che meglio riesce, e che dà pianticelle resistenti all’inverno nei climi caldi. Seminando nelle cassette o nei vasi si manterrà l’istessa distanza fra i semi, e sul finire dell’autunno le pianticelle verranno ritirate nell’aranciera, od in altro luogo ben soleggiato e riparato dal freddo e dalla troppa umidità. La semina fatta in questa stagione e con semi appena estratti, come abbiamo detto, in quindici giorni circa dà luogo alla germinazione. Quella fatta con semi conservati da qualche tempo è di germinazione più incerta ed assai più lenta; e quella fatta in estate, spesso non dà pianticelle abbastanza robuste da resistere all’inverno, anche ricovrate nelle aranciere. I semi si potranno conservare abbastanza bene nella sabbia, quando i frutti maturi si abbiano molto tempo prima della primavera, e che per ciò potrebbero ammuffire e putrefare nella polpa prima che giunga la stagione della semina.

Per tutto il primo anno dopo la semina, tanto nelle ajuole quanto nelle casse o vasi, dovrassi mantenere la terra almeno superficialmente soffice, e monda dalle erbe nocive ed inutili praticando un’accurata e frequente sarchiatura. Alcuni alla primavera del secondo anno trapiantano le tenere pianticelle, ma è assai meglio il non trapiantarle che alla primavera del terzo, essendo in tal caso più certi di miglior esito, per la loro maggior robustezza e maggior quantità di radici. Nella primavera adunque del secondo anno [p. 288 modifica]sarà bene il recidere ben presso terra le pianticelle cresciute tortuose, e il togliere le spine ed i rametti laterali e più bassi a quelle che si conservano, acciò crescano più dritte e più liscie. Nei climi caldi, dal semenzajo le piante dopo uno o due anni si ripiantano nel vivajo ad una distanza di 0m,30 per ogni lato, e vi si lasciano per altri tre o quattro anni, in modo che vengono piantate al posto alla quinta primavera. Se invece le pianticelle devono essere innestate si ripiantano in un secondo vivajo alla distanza di 0m,50 fra le linee e fra le piante di ciascuna linea. Sempre poi durante gli anni di vivajo si sarchia frequentemente, e s’irriga o s’innaffia onde mantener umida la terra; e si tien monda la parte inferiore del tronco dai rami laterali e dalle spine.

Se la semina venne fatta in vasi o casse, alla primavera del secondo, terzo e quart’anno si smuoverà con un chiodo, non troppo acuto nè tagliente, tutta la terra superficiale sino al luogo ov’è la massima parte delle radici, e la si verserà fuori rovesciando la cassa od il vaso se è maneggiabile, rimettendovene altrettanto di nuova formata col miscuglio già accennato.

Così, tanto nel vivajo quanto nelle casse o nei vasi, in quattro anni si potranno avere ottime pianticelle da piantare a dimora, o da innestare.

§ 949. La talea propaga la specie con tutti i caratteri della varietà cui appartiene, come abbiamo veduto avvenire cogli altri vegetali. Questo metodo di propagazione è poco usitato poichè richiede moltissime cure, e perchè molte talee vanno perdute o pel secco o per la troppa umidità che fa marcire la corteccia. Inoltre non può eseguirsi che nei climi caldi piantando nelle ajuole all’aperto; e nei climi temperati non è possibile che in grandi casse, od in appositi lettorini nelle aranciere stesse. Nella riviera di Salò questo modo di propagazione era più in voga nei tempi di Agostino Gallo che oggidì.

Per far talee, all’epoca del taglio degli agrumi, ordinariamente in principio di primavera, si tolgono i rami succhioni od i più vigorosi che crescono lungo il tronco od alla cima della pianta, e che deformerebbero la pianta coll’andar del tempo. Questi rami che siano ben lisci e vigorosi, mondi dalle spine, si tagliano della lunghezza di 0m,40, tagliando via le foglie, meno il picciuolo, a tutta quella porzione che deve stare sotto terra, e lasciandole a quei due o tre occhi che [p. 289 modifica]devono rimanere sopra terra. Queste talee si conficcano nel terreno a 0m,90 di distanza per ciascuna parte, si ricopre il suolo con sterco cavallino o pecorino senza paglia, indi con paglia o foglie ben trite, onde ripararle dall’ardore del sole, e perchè il terreno conservi maggior freschezza. Gioverebbe eziandio ricoprire il tutto con stuoje disposte ad un metro circa dal suolo, allo scopo di meglio difendere l'ajuola o le casse dai raggi solari, senza togliere affatto la loro influenza calorifera, almeno sino a tanto che gli occhi fuoriterra abbiano cominciato a germogliare, essendo questo un indizio che le talee hanno cominciato a mettere le radici. Durante l’estate si tenga il suolo netto dalle erbe, ed umido coll’irrigazione e coll’innaffiamento. Allorchè i germogli abbiano raggiunta una lunghezza di 0m,25 circa, si fissa verticalmente il più vigoroso per mezzo di un paletto, gli altri si cimano per concentrare la vegetazione nel primo; nell’anno seguente si sopprimono del tutto quelli che furono cimati, e si tien cura del superstite onde si disponga a formare un tronco ben conformato per l’epoca del trapiantamento. Nel 1710 un giardiniere di Augsbourg, pose in terra delle foglie munite alla base dell’occhio, senza lasciarvi porzione alcuna di ramo, ed ottenne delle pianticelle (fig. 314); ma un tal mezzo non conviene per la difficoltà a metter radici, e perchè in ogni caso non avrebbesi una pianta robusta.

§ 950. La barbatella, ossia pianticella munita di radici tolta alla base della pianta, può d’essa pure servire alla propagazione, conservando la varietà, se la pianta era proveniente da talea, o da margotta; ma se la pianta era proveniente da seme, o che venne innestata sopra terra, in allora non potremo essere certi della varietà che avrassi colla nuova. Questo mezzo è poco in uso, perchè gli agrumi difficilmente mandano polloni dal piede.

§ 951. Il modo più comune di propagare gli agrumi, conservando la varietà, ed ottenendo una presta fruttificazione, [p. 290 modifica]è la margotta e la propaggine. La margotta è soprattutto in uso nei climi temperati della riviera di Genova e del Lago di Garda, nè si usa altro mezzo da quelli che coltivano gli agrumi nei vasi o nelle casse.

Per ottenere buona quantità di rami da margottarsi si prende una pianticella vigorosa già innestata, o proveniente da uno dei metodi che conservano la varietà, e la si tronca a 0m,20 dal suolo, allo scopo di fargli mettere buon numero di rami vegeti inferiormente al taglio; a ciascuno poi di questi rami, nell’anno vegnente, vi si applica il vaso operando come si è detto al § 308 del Vol. I. È da notarsi che il vaso deve essere riempito da buonissima terra, mantenuta umida, bagnandola ogni sera. L’epoca migliore per far margotte è la primavera, e si levano via nella primavera seguente. Nella massima parte dei casi però la margotta ben fatta in primavera, e ben curata singolarmente in quanto all’umidità, può dare una pianticella ben radicata all’agosto, e che può essere levata, mantenendola in situazione tale che non possa menomamente soffrire durante il verno.

Altri invece usano margottare i rami che sorgono sui rami che formano la cima della pianta, e che dovrebbersi tagliar via nel regolare la pianta in primavera. Quest’uso forse fornisce piante più deboli perchè i ramicelli dell’estremità delle diramazioni sono meno robusti di quelli che si possono ottenere dalla parte inferiore del tronco, come abbiamo già indicato; ed abbisognano di maggior cura pel sostegno dei vasi o cassette. Ciò nonpertanto sembra che tali margotte, quando loro si prodighino in seguito le volute diligenze, più presto delle altre si mettono a frutto, appunto perchè non lussureggiano di troppo in vegetazione da legno. Il primo metodo sarà migliore per ottenere robuste piante da piena terra ed il secondo per aver soggetti per vasi e cassette.

Un mezzo che serve ad assicurare la riuscita dell’operazione del margottamento, siccome quello che vale a mantenere la necessaria umidità nella terra posta nel vaso o nella cassetta, è il sospendere sopra il recipiente qualche utensile, per esempio, una zucca vuota, od altro che contenga acqua, e che per mezzo d’un piccolo forellino la lasci cadere goccia a goccia nel vaso.

La margotta si leva dalla pianta tagliando il ramo appena sotto il recipiente che la contiene; indi si apre la cassetta od il vaso, per estrarnela e la si ripone in altro vaso più [p. 291 modifica]grande che si riempie colla solita buona terra. Questo vaso si mantiene umido ed all’ombra finchè la pianta abbia incominciata una propria vita o vegetazione. Se nell’estrarre la pianticella dal recipiente fesso si veda che inferiormente siavi molto di ramo senza radici, questo lo si toglie sino al punto in cui sorgono le più basse.

La propaggine, la quale, come già si è detto, non è che una margotta fatta nello stesso terreno senza sussidio di vaso, è assai meno usata che la margotta propriamente detta, perchè non può farsi che nei climi caldi ove l’agrume è coltivato in piena terra. Nelle casse o nei vasi è assai difficile quand’anche abbiano grandi dimensioni.

Per fare propaggini, bisogna servirsi di piante provenienti da talea o margotta, poichè devonsi recidere poco sotto terra. Dal colletto delle radici sorgono nel primo anno numerosi e vegeti polloni, i quali nel secondo anno si propagginano nei modi già indicati al § 308. Nel terzo anno si tagliano via sotto terra i rami muniti di radici e si ripongono in vasi, od in apposito vivajo.

§ 952. L’innesto per gli agrumi è necessario per propagare alcune varietà, per migliorarle, e per anticiparne la fruttificazione. Nelle piante adulte si può fare l’innesto a corona e quello a spacco, ma ordinariamente invece d’innestare sul tronco già vecchio, si procura d’innestare ad occhio sopra qualche vigoroso ramo o germoglio che per caso sorgesse sul tronco, o ben presso le prime ramificazioni. Nel vivajo o nelle giovani pianticelle s’innesta sempre sul ramo di un anno, o sopra un vigoroso germoglio dello stesso anno, quando s’innesti ad occhio dormiente nell’autunno, cioè dall’agosto in avanti; e sopra qualche ben liscio e vegeto ramo dell’anno antecedente quando s’innesti ad occhio vegetante in primavera.

Sarà poi sempre bene il porre più di un occhio da innesto per ciascun ramo, allo scopo di avere una prima biforcazione della pianta, o per meglio assicurarne l’esito. Gli occhi devono collocarsi sotto le gemme dormienti del ramo da innestarsi, e si toglieranno da un rametto dell’anno antecedente, che abbia le gemme ben nutrite, e tondeggianti, poco importando che a questa sia unita qualche spina, che anzi serve a renderne più facile il maneggio, ed a attirarvi in seguito una maggior copia d’umore, senza esalar molto, come avviene delle foglie.

Nei climi temperati, e dove gli agrumi esigono un riparo [p. 292 modifica]durante il verno, si preferisce l’innesto ad occhio dormiente, perchè la vegetazione dell’occhio, applicato alla fine di maggio od al principio di giugno, non ha tempo di farsi abbastanza consistente per resistere ai rigori del verno e spesso deperisce alla cima. L’innesto fatto invece nell’autunno ad occhio dormiente comincia a vegetare al principio della seguente primavera, e perciò trovasi in condizione di fare un germoglio sufficientemente robusto.

Fatto l’innesto in primavera si taglia il ramo innestato 0m,10 al dissopra, e dopo un mese, quando l’occhio innestato abbia germogliato, si taglia più in basso a soli 0m,05. Quando invece s’innesta in autunno, il taglio del ramo si fa alla primavera seguente operando come si è detto. Devesi poi anche tagliare ogni foglia al dissotto dell’innesto, conservandone solamente il peduncolo. Appena che gli occhi innestati abbiano germogliato, si dovrà aver cura di togliere mano mano qualunque altro germoglio che sorgesse sulla pianta.

Se l’innesto è unico, se ne alleverà il germoglio a quell’altezza cui voglionsi stabilire le diramazioni, impiegando anche due o tre anni alla formazione del tronco, secondo che si abbia l’intenzione di allevarlo più o meno alto. All’incontro se fu posto più d’un occhio, opposto l’uno all’altro, si suppone già stabilito il luogo delle diramazioni, ed allora, nella primavera del secondo e terzo anno, non resta che a ben condurre col taglio la direzione di germogli che serviranno quali rami principali.