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n X
t LA RAPIDITÀ DEL TEMPO
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Un tempo, il di cui restringean poch’ore
Un tempo, il di cui restringean poch’ore
parea si lungo a la tranquilla mente,
parea si lungo a la tranquilla mente,
che l’ora non vedea che in occidente
che l’ora non vedea che in occidente
tuffasse i raggi il luminar maggiore.
tuffasse i raggi il luminar maggiore.
Or che degli anni è giá passato il fiore,
Or che degli anni è giá passato il fiore,
mi tramontano i Soli a l’oriente;
mi tramontano i Soli a l’oriente;
veggo il tempo volar, l’orecchio sente
veggo il tempo volar, l’orecchio sente
una voce ch’intona: — Ecco, si more. —
una voce ch’intona: — Ecco, si more. —
Giá giá parmi l’altr’ier quando ero in culla;
Giá giá parmi l’altr’ier quando ero in culla;
or m’aspetta il feretro, e ’n breve, ahi lasso,
or m’aspetta il feretro, e ’n breve, ahi lasso,
sarò un mucchio di polve, e poscia un nulla.
sarò un mucchio di polve, e poscia un nulla.
Perché terra siam noi. Pur terra è ’l sasso;
Perché terra siam noi. Pur terra è ’l sasso;
e se spingerlo in alto uom si trastulla,
e se spingerlo in alto uom si trastulla,
piú veloce ne vien quanto è piú basso.
piú veloce ne vien quanto è piú basso.
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t L’INFELICITÀ UMANA
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Dieci lustri di vita o poco meno
Dieci lustri di vita o poco meno
porto sul dorso; e se ricerco quante
porto sul dorso; e se ricerco quante
son l’ore liete, a numerar l’istante
son l’ore liete, a numerar l’istante
posso a pena formarne un di sereno.
posso a pena formarne un di sereno.
Parte fra l’ombre del materno seno
Parte fra l’ombre del materno seno
vissi ignoto cadavero spirante;
vissi ignoto cadavero spirante;
parte poco miglior che belva infante
parte poco miglior che belva infante
soffrii di balia e pedagogo il freno.
soffrii di balia e pedagogo il freno.
Ne l’avanzo infelice (ahi, sallo il core!)
Ne l’avanzo infelice (ahi, sallo il core!)
parte ne tolse necessaria sorte,
parte ne tolse necessaria sorte,
parte ne diedi a volontario amore.
parte ne diedi a volontario amore.
Se la vita che resta è tanto forte,
Se la vita che resta è tanto forte,
viver che vaimi, ove ogni di si more?
viver che vaimi, ove ogni di si more?
È men pena il morir ch’attender morte!
È men pena il morir ch’attender morte!

Versione delle 06:22, 20 giu 2017

510 lirici marinisti

X

LA RAPIDITÀ DEL TEMPO

     Un tempo, il di cui restringean poch’ore
parea si lungo a la tranquilla mente,
che l’ora non vedea che in occidente
tuffasse i raggi il luminar maggiore.
     Or che degli anni è giá passato il fiore,
mi tramontano i Soli a l’oriente;
veggo il tempo volar, l’orecchio sente
una voce ch’intona: — Ecco, si more. —
     Giá giá parmi l’altr’ier quando ero in culla;
or m’aspetta il feretro, e ’n breve, ahi lasso,
sarò un mucchio di polve, e poscia un nulla.
     Perché terra siam noi. Pur terra è ’l sasso;
e se spingerlo in alto uom si trastulla,
piú veloce ne vien quanto è piú basso.

XI

L’INFELICITÀ UMANA

     Dieci lustri di vita o poco meno
porto sul dorso; e se ricerco quante
son l’ore liete, a numerar l’istante
posso a pena formarne un di sereno.
     Parte fra l’ombre del materno seno
vissi ignoto cadavero spirante;
parte poco miglior che belva infante
soffrii di balia e pedagogo il freno.
     Ne l’avanzo infelice (ahi, sallo il core!)
parte ne tolse necessaria sorte,
parte ne diedi a volontario amore.
     Se la vita che resta è tanto forte,
viver che vaimi, ove ogni di si more?
È men pena il morir ch’attender morte!