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IL BANDELLO
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il signor

G1ANGIROLAMO CASTIGLIONE
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Io credo certissimamente che se mille volte il di si ragionasse
Io credo certissimamente che se mille volte il di si ragionasse
degli strabocchevoli casi che per l’irregolato amore occorreno
degli strabocchevoli casi che per l’irregolato amore occorreno
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entrato a ragionar dei casi amorosi, il signor Cesare Triulzo,
entrato a ragionar dei casi amorosi, il signor Cesare Triulzo,
giovine di buone lettere e d’ottimi costumi ornato, la cui conversazione
giovine di buone lettere e d’ottimi costumi ornato, la cui conversazione
quanto più è frequentata vie più diletta e più si desidera,
quanto piú è frequentata vie piú diletta e piú si desidera,
lasciando sempre più desiderio di sé ne l’ultimo che nel principio
lasciando sempre piú desiderio di sé ne l’ultimo che nel principio
non promette, narrò al proposito di cui si parlava una istorietta
non promette, narrò al proposito di cui si parlava una istorietta
piena di compassione e di pietà. E perché mi parve degna di
piena di compassione e di pietá. E perché mi parve degna di
memoria e da porre innanzi agli occhi a coloro che si fanno
memoria e da porre innanzi agli occhi a coloro che si fanno
lecito tutto quello che loro a l’appetito viene, non considerando
lecito tutto quello che loro a l’appetito viene, non considerando
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novella vederete quanti danni vengono dal non sapersi governare
novella vederete quanti danni vengono dal non sapersi governare
e non voler talora porre il freno a la turbulenta, fervida e precipitosa
e non voler talora porre il freno a la turbulenta, fervida e precipitosa
ira quando ci assale. Non nego già che la vendetta negli
ira quando ci assale. Non nego giá che la vendetta negli
animi fieri non sia cosa dolce e di grandissima sodisfazione,
animi fieri non sia cosa dolce e di grandissima sodisfazione,
quando regolatamente si fa; ma dico che io mai non vorrei
quando regolatamente si fa; ma dico che io mai non vorrei

Versione attuale delle 17:13, 30 set 2017

IL BANDELLO

al magnifico signore

il signor

giangirolamo castiglione


Io credo certissimamente che se mille volte il di si ragionasse degli strabocchevoli casi che per l’irregolato amore occorreno e degli errori che gli uomini accecati da la pungente passione de l’ira commettono, che tutto il di alcuna cosa nuova ci sarebbe da raccontare. Onde questi giorni essendo ne la contrada di Brera, nel giardino amenissimo e bello del nostro dottore messer Girolamo Archinto, una buona compagnia di gentili spiriti, e dopo alcuni ragionamenti di cose di lettere essendosi entrato a ragionar dei casi amorosi, il signor Cesare Triulzo, giovine di buone lettere e d’ottimi costumi ornato, la cui conversazione quanto piú è frequentata vie piú diletta e piú si desidera, lasciando sempre piú desiderio di sé ne l’ultimo che nel principio non promette, narrò al proposito di cui si parlava una istorietta piena di compassione e di pietá. E perché mi parve degna di memoria e da porre innanzi agli occhi a coloro che si fanno lecito tutto quello che loro a l’appetito viene, non considerando se bene o male gliene può avvenire, io la scrissi per metterla insieme con l’altre mie novelle, come ho fatto, sotto il vostro nome, sapendo io quanto sempre sin da fanciullo amato m’avete e fattomi tutti quei piaceri che sono stati possibili. Voi in questa novella vederete quanti danni vengono dal non sapersi governare e non voler talora porre il freno a la turbulenta, fervida e precipitosa ira quando ci assale. Non nego giá che la vendetta negli animi fieri non sia cosa dolce e di grandissima sodisfazione, quando regolatamente si fa; ma dico che io mai non vorrei cavarmi un occhio per cacciarne dui di testa al mio nemico,