Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/255: differenze tra le versioni

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di lui? i sette colli risonavano di evviva, e i tempj di supplicazioni. Intanto egli facevasi scrivere tutte le cose e piccole e grandi<ref>Omnia maxima, minima ad Cæsarem scribuntur. {{Sc|{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}}} ''al fratello Quinto'', III, 1.</ref>; teneva d’occhio alle ordite dell’emulo, e con prestezza e accorgimento gliele rompeva, prodigando con una mano l’oro, coll’altra tenendo la spada. Pompeo fidava nel console Emilio Paolo; ma Cesare sel comprò con millecinquecento talenti: Pompeo fidava che Curione Scribanio tribuno proporrebbe di dimettere il proconsole; ma Cesare il guadagna col rilevarlo dagl’immensi debiti, sicchè invece suggerisce di prolungare ad entrambi il comando o entrambi destituirli. Ebbe un bel tergiversare il senato; il popolo convertì in legge la proposta, la cui moderazione aggiungeva credito ai Cesariani; ma nè Pompeo nè Cesare aveano in animo di deporre un imperio, con sì lunghe arti procacciato; solo ad entrambi rincresceva il mostrarsi autori della guerra civile che sentivano inevitabile, come i migliori cittadini inevitabile vedeano la caduta della repubblica.
GIULIO CESARE

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Faceasi intanto quella calma che precede la tempesta, della quale tutti sentivano imminente lo scoppio, niuno ne voleva la responsalità. Ma a ben diversa condizione si trovavano i due pretendenti. Pompeo davasi aria di tutore della repubblica, e come tale supponeva aver sotto la sua bandiera tutta la patria; e diceva: — Ch’io batta un piede in terra, e ne sbucheranno legioni». Questa presuntuosa fiducia facealo trascurare i preparativi, mentre Cesare, non calcolando che sui proprj mezzi, moltiplicava o invigoriva le forze, compravasi partigiani checchè costassero, porgevasi amico o tutore del popolo contro le esuberanze de’ suoi nemici; sopra tutto fidava nei provinciali e nei forestieri che lo guardavano come loro patrono, e in quella moltitudine agguerrita di Belgi, Galli, Spagnuoli, e di veterani che morrebbero allegri nella sola fiducia che il loro Cesare li loderebbe. Aveva poi in pugno la Gallia, provincia importantissima perchè i cittadini romani v’esercitavano i traffici loro principali<ref>Referta Gallia negatiatorum est, piena civium romanarum; nemo Gallorum sine cive romano quidquam negotii gerii nummus in Gallia nullus sine civium romanornm tubulis commovetur. Cicerone ''pro Fontejo.''</ref>; oltrechè abbracciando con un sol nome il paese di là e di qua dalle Alpi, conferiva a chi la governasse l’arbitrio di condurre l’esercito fino al territorio sacro d’Italia. Destro però a declinare da sè ogni
di lui? i sette colli risonavano di evviva, e i tempj di supplicazioni. In-
tanto egli facevasi scrivere tutte le cose e piccole e grandi (8); teneva
d'occhio alle ordite dell'emulo, e con prestezza e accorgimento gliele
rompeva, prodigando con una mano l'oro, coU'altra tenendo la spada.
Pompeo fidava nel console Emilio Paolo ; ma Cesare sei comprò con
millecinquecento talenti: Pompeo fidava che Curione Scribanio tri-
buno proporrebbe di dimettere il proconsole; ma Cesare il guadagna
col rilevarlo dagl'immensi debiti, sicché invece suggerisce di pro-
lungare ad entrambi il comando o entrambi destituirli. Ebbe un bel
tergiversare il senato; il popolo convertì in legge la proposta, la
cui moderazione aggiungeva credito ai Gesariani; ma nè Pompeo
nè Cesare aveano in animo di deporre un imperio, con si lunghe
arti procacciato; solo ad entrambi rincresceva il mostrarsi autori
della guerra civile che sentivano inevitabile, come i migliori citta -
.dini inevitabile vedeano la caduta della repubblica.
Faceasi intanto quella calma che precede la tempesta, della quale
tutti sentivano imminente lo scoppio, ninno ne voleva la responsa-
lità. Ma a ben diversa condizione si trovavano i due pretendenti.
Pompeo davasi aria di tutore della repubblica, e come tale suppo-
neva aver sotto la sua bandiera tutta la patria; e diceva: — Ch'io
batta un piede in terra, e ne sbucheranno legioni ». Questa pre-
suntuosa fiducia facealo trascurare i preparativi, mentre Cesare, non
calcolando che sui proprj mezzi, moltiplicava o invigoriva le forze,
compravasi partigiani checché costassero, porgevasi amico o tutore
del popolo contro le esuberanze de' suoi nemici; sopra tutto fidava
nei provinciali e nei forestieri che lo guardavano come loro patrono,
e in quella moltitudine agguerrita di Belgi, Galli, Spagnuoli, e di
veterani che morrebbero allegri nella sola fiducia che il loro Cesare
li loderebbe. Aveva poi in pugno la Gallia, provincia importantissima
perchè i cittadini romani v'esercitavano i traffici loro principali (9);
oltreché abbracciando con un sol nome il paese di là e di qua dalle
Alpi, conferiva a chi la governasse l'arbitrio di condurre l'esercito
fino al territorio sacro d'Italia. Destro però a declinare da sé ogni
(8) Omnia maxima, minima ad Cicsarem scribuntur. Cicerone ai fratello Quinto, III, 1.
(9) Referla Gallia negaliatorum est , piena civium romanarum ; nemo Gallorum
sine cive romano quidquam negotii gerii nummus in Gallia nullus sine civium ro-
manornm lubulis comraovelur. Cicerone prò Fontejo.

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giulio cesare 235

di lui? i sette colli risonavano di evviva, e i tempj di supplicazioni. Intanto egli facevasi scrivere tutte le cose e piccole e grandi1; teneva d’occhio alle ordite dell’emulo, e con prestezza e accorgimento gliele rompeva, prodigando con una mano l’oro, coll’altra tenendo la spada. Pompeo fidava nel console Emilio Paolo; ma Cesare sel comprò con millecinquecento talenti: Pompeo fidava che Curione Scribanio tribuno proporrebbe di dimettere il proconsole; ma Cesare il guadagna col rilevarlo dagl’immensi debiti, sicchè invece suggerisce di prolungare ad entrambi il comando o entrambi destituirli. Ebbe un bel tergiversare il senato; il popolo convertì in legge la proposta, la cui moderazione aggiungeva credito ai Cesariani; ma nè Pompeo nè Cesare aveano in animo di deporre un imperio, con sì lunghe arti procacciato; solo ad entrambi rincresceva il mostrarsi autori della guerra civile che sentivano inevitabile, come i migliori cittadini inevitabile vedeano la caduta della repubblica.

Faceasi intanto quella calma che precede la tempesta, della quale tutti sentivano imminente lo scoppio, niuno ne voleva la responsalità. Ma a ben diversa condizione si trovavano i due pretendenti. Pompeo davasi aria di tutore della repubblica, e come tale supponeva aver sotto la sua bandiera tutta la patria; e diceva: — Ch’io batta un piede in terra, e ne sbucheranno legioni». Questa presuntuosa fiducia facealo trascurare i preparativi, mentre Cesare, non calcolando che sui proprj mezzi, moltiplicava o invigoriva le forze, compravasi partigiani checchè costassero, porgevasi amico o tutore del popolo contro le esuberanze de’ suoi nemici; sopra tutto fidava nei provinciali e nei forestieri che lo guardavano come loro patrono, e in quella moltitudine agguerrita di Belgi, Galli, Spagnuoli, e di veterani che morrebbero allegri nella sola fiducia che il loro Cesare li loderebbe. Aveva poi in pugno la Gallia, provincia importantissima perchè i cittadini romani v’esercitavano i traffici loro principali2; oltrechè abbracciando con un sol nome il paese di là e di qua dalle Alpi, conferiva a chi la governasse l’arbitrio di condurre l’esercito fino al territorio sacro d’Italia. Destro però a declinare da sè ogni

  1. Omnia maxima, minima ad Cæsarem scribuntur. Cicerone al fratello Quinto, III, 1.
  2. Referta Gallia negatiatorum est, piena civium romanarum; nemo Gallorum sine cive romano quidquam negotii gerii nummus in Gallia nullus sine civium romanornm tubulis commovetur. Cicerone pro Fontejo.