Vita di Esopo Frigio/Capitolo LXV: differenze tra le versioni

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Capitolo LXV

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LXV
Capitolo LXIV Capitolo LXVI
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C A P I T O L O   LXV.

GIunto, che fu Esopo in Babilonia, egli d’ogni cosa il Re molto particolarmente ragguagliò, ed i seicento mila scudi numerogli, di che Liceto tutto giojoso, e contento cordialmente ringraziò Esopo, al cui onore per rimunerazione del buono, e fedel servigio, feceli porre in pubblico una statua d’Oro, e volle anco tutto il tributo a lui portato donargli, ma ciò, non volle accettare Esopo, dicendo non essergli necessaria tanta somma di denari; essendo ch’egli solamente contentavasi della buona grazia sua. Non passò molto tempo dopo, che ad Esopo venne pensiero, e desiderio grande di navigar la Grecia; laonde con buona sodisfazione di Liceto (avendogli; però promesso di ritornare, e con esso lui il resto della sua vita finire) partì da Babilonia, ed avendo già navigato in molte parti della Grecia, in ogni luogo dove egli venne a capitare, fu onoratissimamente ricevuto ed accarezzato, ed era lodatissima, ed ammirata da tutti gli uomini la prudenza, e dottrina sua. Pervenne finalmente in Delfo Città molto ricca, e per il seggio di Apollo famosissima. Quivi mentre, che disputava, e ragionava, la maravigliosa sua sapienza mostrando; gli fu da ogn’uno prestati gli orecchi volentieri, ma cortesia, ed onore pochissimo gli fu fatto. Per la qual cosa volendosi indi partire, disse Delfici, li quali dimandato [p. 89 modifica]gli avevano, che gli pareva della Citta, e de’ fatti loro: Io assomigliovi ad un legno, il quale sia nel Mare dalle onde agitato; che mentre egli è lontano, e ben discosto, pensano quelli, che lo veggono, essere di qualche valore; ma accostatosi poi, vedesi, ch’egli è di pochissimo, o di nessuno prezzo. Così siete voi, che mentre io son stato lontano da questa Città, vi ho da assai riputati, e stimati; ma ora, che io sono con voi avendovi conosciuti, trovo, che siete avari, vili, discortesi più di tutti gli altri uomini, che io abbia in qualsivoglia luogo praticato. Per queste tal parole di Esopo alterati furono gli animi dei Delfici, e temendo che egli di lor mal dicesse ovunque andasse, fecero consiglio di ammazzarlo. Per fallo con giusto colore di ragione, nascosamente posero un bellissimo vaso d’oro, che nel Tempo d’Apollo era, nelle bisacce di Esopo, il quale non sapendo l’inganno, e la maligna volontà loro, si partì da Delfo, e non molto erasi discostato dalla Città, quando da certi armati, che dietro gli andavano fu preso, di che maravigliandosi, disse; Che cosa volete voi da me? E risposero essi: O ladrone sacrilego, restituisci quel vaso d’oro, che nel tempio d’Apollo rubasti. Negava Esopo avere ciò fatto, nè essere uomo tale, quale lo accusavano: ma essi disciolte, e sviluppate le bisacce vi trovorono quel Vaso d’oro, il quale dava manifesto indizio del furto, e del sacrilegio; onde riconducendolo quei sbirri strettamente ligato, a tutti quei, che erano da lor incontrati, dicevano che era un ladrone sacrilego, e quello, che il Vaso d’oro d’Apollo avea rubato, e ch’eglino l’avevano nelle bisacce ritrovato, per il che tutti ad una voce gridavamo: Muoja il ribaldo, impicchisi il [p. 90 modifica]ladrone, abbrucisi il sacrilego, squartisi il traditore, assassino, e così fu in una oscurissima prigione rinserrato.