Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/397: differenze tra le versioni

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oppostele non tanto dal marito, del quale anzi era soverchia la connivenza, fin a togliermi il solletico della difficoltà<ref>25</ref>, quanto da servi, eunuchi, donzelle che la circondavano: piacevasi molto d’aver regali, il che faceva che a me, non ricco poeta, preferisse altri più suntuosi donatori. Quindi ripetute infedeltà, delle quali non solo mi querelavo in versi, ma fin la battevo; pur dovevo rimaner persuaso che, come di me, così da altri lasciavasi amare<ref>26</ref>, forse cercata appunto perchè sapevanla amata da me, o pei vanti ch’io le avea dato; onde le divenivo galeotto<ref>27</ref>. Siffatta, io non poteva, stimarla, ma la beltà da essa incatenavami, e deh fosse stata o men bella o meno facile!<ref>28</ref> Pure, tal qual era, io non potea vivere nè con lei nè senza di lei<ref>29</ref>. La scaltra conosceva le opportunità del resistere e del cedere; colta com’era, or coi libri, or col suono mi allettava; mostravasi schiva e superba, ed or fingevasi pentita, or ostentava i proprj falli, talchè io doveva pregarla di almen celarmeli<ref>30</ref>....»
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Ci piacerebbe poter lasciare il poeta nostro raccontar sè medesimo, nè sarebbe difficile il cavarne tutti i suoi casi, eccetto quelli di che
oppostele non tanto dal marito, del quale anzi era soverchia la con-

nivenza, fin a togliermi il solletico della difficoltà (25), quanto da

servi, eunuchi, donzelle che la circondavano: piacevasi molto d'aver

regali, il che faceva che a me, non ricco poeta, preferisse altri più

suntuosi donatori. Quindi ripetute infedeltà, delle quali non solo mi
«
querelavo in versi , ma fin la battevo; pur dovevo rimaner per-
{25) Quid mihi cum facili, quid cum lenone marito? Corrumpis vitio gaudia nostra tuo. Ouin alium quem tanta juvet patiealia quìeris? Me libi rivalem si juvat esse, vita. Amor. II, 19» (26) Quae modo dieta enea est, quam coepi solus amare, Cum multis vereor ne sit habenda mihi. Amor, III, 12» (27) Caussa fuit mullis nosier amojis amor. Amor. Ili, 11. Ingenio prostitit illa meo, Vendibilis culpa facla puella mea est. Me lenone placet; duce me productus amator Janna per nostras est adaperta manus. Amor. Ili, 12. (2S) Aversor morum crimina, corpus amo. Aut formosa fores minus, aut minus improba vellem; Non faeit ad mores lam bona fama raalos. Amor, III, H. (29) Sic ego nec sine le, nec tecum vivere possura. Amor. Ili, 13 (30) Amor. [U, lì.
suaso che, come di me, cosi da altri lasciavasi amare (26), forse
c-ercata appunto perchè sapevanla amata da me, o pei vanti ch'io
le avea dato; onde le divenivo galeotto (27). Siffatta, io non poteva,
stimarla, ma la beltà da essa incatenavami, e deh fosse stata o men
bella 0 meno facile 1 (28) Pure, tal qual era, io non potea vivere nè
con lei nè senza di lei (29). La scaltra conosceva le opportunità del
resistere e del cedere; colta com'era, or coi libri, or col suono mi
allettava ; mostravasi schiva e superba , ed or fìngevasi pentita , or
ostentava i proprj falli, talché io doveva pregarla di almen celar-
meli (30).... »
Ci piacerebbe poter lasciare il poeta nostro raccontar sè medesimo,
nè sarebbe difficile il cavarne tutti i suoi casi, eccetto quelli di che
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{25) Quid mihi cum facili, quid cum lenone marito?
Corrumpis vitio gaudia nostra tuo.
Ouin alium quem tanta juvet patiealia quìeris?
Me libi rivalem si juvat esse, vita.
Amor. II, 19»
(26) Quae modo dieta enea est, quam coepi solus amare,
Cum multis vereor ne sit habenda mihi.
Amor, III, 12»
(27) Caussa fuit mullis nosier amojis amor.
Amor. Ili, 11.
Ingenio prostitit illa meo,
Vendibilis culpa facla puella mea est.
Me lenone placet; duce me productus amator^
Janna per nostras est adaperta manus.
Amor. Ili, 12.
(2S) Aversor morum crimina, corpus amo.
Aut formosa fores minus, aut minus improba vellem ;
Non faeit ad mores lam bona fama raalos.
Amor, III, H.
(29) Sic ego nec sine le, nec tecum vivere possura.
Amor. Ili, 13^
(30) Amor. [U, lì.

Versione delle 20:58, 24 gen 2018


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oppostele non tanto dal marito, del quale anzi era soverchia la connivenza, fin a togliermi il solletico della difficoltà1, quanto da servi, eunuchi, donzelle che la circondavano: piacevasi molto d’aver regali, il che faceva che a me, non ricco poeta, preferisse altri più suntuosi donatori. Quindi ripetute infedeltà, delle quali non solo mi querelavo in versi, ma fin la battevo; pur dovevo rimaner persuaso che, come di me, così da altri lasciavasi amare2, forse cercata appunto perchè sapevanla amata da me, o pei vanti ch’io le avea dato; onde le divenivo galeotto3. Siffatta, io non poteva, stimarla, ma la beltà da essa incatenavami, e deh fosse stata o men bella o meno facile!4 Pure, tal qual era, io non potea vivere nè con lei nè senza di lei5. La scaltra conosceva le opportunità del resistere e del cedere; colta com’era, or coi libri, or col suono mi allettava; mostravasi schiva e superba, ed or fingevasi pentita, or ostentava i proprj falli, talchè io doveva pregarla di almen celarmeli6....»

Ci piacerebbe poter lasciare il poeta nostro raccontar sè medesimo, nè sarebbe difficile il cavarne tutti i suoi casi, eccetto quelli di che



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{25) Quid mihi cum facili, quid cum lenone marito? Corrumpis vitio gaudia nostra tuo. Ouin alium quem tanta juvet patiealia quìeris? Me libi rivalem si juvat esse, vita. Amor. II, 19» (26) Quae modo dieta enea est, quam coepi solus amare, Cum multis vereor ne sit habenda mihi. Amor, III, 12» (27) Caussa fuit mullis nosier amojis amor. Amor. Ili, 11. Ingenio prostitit illa meo, Vendibilis culpa facla puella mea est. Me lenone placet; duce me productus amator Janna per nostras est adaperta manus. Amor. Ili, 12. (2S) Aversor morum crimina, corpus amo. Aut formosa fores minus, aut minus improba vellem; Non faeit ad mores lam bona fama raalos. Amor, III, H. (29) Sic ego nec sine le, nec tecum vivere possura. Amor. Ili, 13 (30) Amor. [U, lì.

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