Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/232: differenze tra le versioni

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che ci perseguita. Ma questa volta voglio farla finita con quella..., e qui scaraventò una trafila di energici aggettivi, accompagnati da imprecazioni ed esclamazioni così violente che Serafina, la quale naturalmente origliava alla porta, impallidì e pensò:
che ci perseguita. Ma questa volta voglio farla finita con quella..., e qui scaraventò una trafila di energici aggettivi, accompagnati da imprecazioni ed esclamazioni così violente che Serafina, la quale naturalmente origliava alla porta, impallidì e pensò:


— È finita!. E sembrandole che il padrone stesse per uscire e gettarla giù per le scale, s’allontanò spaventata, digrignando i denti per rabbia. — Guai se mi manda via, guai, guai! Dirò cosa che manderà in perdizione lui e tutta la sua stirpe!, disse ad Ortensia, che incontrò per le scale.
— È finita!. E sembrandole che il padrone stesse per uscire e gettarla giù per le scale, s’allontanò spaventata, digrignando i denti per rabbia. — Guai se mi manda via, guai, guai! Dirò cosa che manderà in perdizione lui e tutta la sua stirpe! disse ad Ortensia, che incontrò per le scale.


— Cosa puoi dir tu?, fece l’altra con un po’ di sprezzo, fissando gli occhi loschi sulla vôlta, mentre voleva guardar il viso di Serafina, contro la quale, sentendola perder terreno, apertamente si schierava.
— Cosa puoi dir tu? fece l’altra con un po’ di sprezzo, fissando gli occhi loschi sulla vôlta, mentre voleva guardar il viso di Serafina, contro la quale, sentendola perder terreno, apertamente si schierava.


— Cosa posso far io? Lo vedrai, bella mia, e lo vedrà anche donna Corcuzza (Donna Zucca, spregiativo nomignolo che dava a Maria.) — Serafina, Serafina!, ammonì l’altra, facendo la savia. — Ti stai procurando il pane!
— Cosa posso far io? Lo vedrai, bella mia, e lo vedrà anche donna ''Corcuzza'' (''Donna Zucca'', spregiativo nomignolo che dava a Maria.) — Serafina, Serafina! ammonì l’altra, facendo la savia. — Ti stai procurando il pane!


— Il mio pane è procurato. Procuratelo bene tu, ora, guercia...
— Il mio pane è procurato. Procuratelo bene tu, ora, guercia...
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che ci perseguita. Ma questa volta voglio farla finita con quella..., e qui scaraventò una trafila di energici aggettivi, accompagnati da imprecazioni ed esclamazioni così violente che Serafina, la quale naturalmente origliava alla porta, impallidì e pensò:

— È finita!. E sembrandole che il padrone stesse per uscire e gettarla giù per le scale, s’allontanò spaventata, digrignando i denti per rabbia. — Guai se mi manda via, guai, guai! Dirò cosa che manderà in perdizione lui e tutta la sua stirpe! — disse ad Ortensia, che incontrò per le scale.

— Cosa puoi dir tu? — fece l’altra con un po’ di sprezzo, fissando gli occhi loschi sulla vôlta, mentre voleva guardar il viso di Serafina, contro la quale, sentendola perder terreno, apertamente si schierava.

— Cosa posso far io? Lo vedrai, bella mia, e lo vedrà anche donna Corcuzza (Donna Zucca, spregiativo nomignolo che dava a Maria.) — Serafina, Serafina! — ammonì l’altra, facendo la savia. — Ti stai procurando il pane!

— Il mio pane è procurato. Procuratelo bene tu, ora, guercia...

Le due donne alzavano la voce, e forse l’avrebbero finita male se una lunga scampanellata, proveniente dal salotto di Stefano, non avesse riempito la scala di forti vibrazioni argentine.