Pagina:Angeli - Roma, parte I - Serie Italia Artistica, Bergamo, 1908.djvu/58: differenze tra le versioni

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greci e la scena di Io custodita da Argo è una fedele riproduzione del quadro di Nicia d’Atene, nipote e scolaro di Eufronoro. Nel loro insieme rappresentano dunque un centone d’arte ellenica, e formano una decorazione varia e sontuosa al tempostesso che ci permette di ricostruire con esattezza le tendenze pittoriche di quel secolo d’oro dell’arte romana.
greci e la scena di Io custodita da Argo è una fedele riproduzione del quadro di Nicia d’Atene, nipote e scolaro di Eufronoro. Nel loro insieme rappresentano dunque un centone d’arte ellenica, e formano una decorazione varia e sontuosa al tempo stesso che ci permette di ricostruire con esattezza le tendenze pittoriche di quel secolo d’oro dell’arte romana.


Mentre gli architetti e gli artisti augustei arricchivano così le abitazioni private alla sua famiglia, il fondatore dell’impero continuava la costruzione dei nuovi edifici nel Foro. Abbiamo veduto come egli avesse riedificato e ingrandito la basilica Giulia distrutta dall’incendio che, durante i tumulti nati sul corpo sanguinoso del Dittatore, aveva danneggiato molti edifici del Foro Romano. Lo stesso doveva fare per il tempio della Concordia e per la basilica Emilia. Il primo — edificato in origine da Camillo per commemorare l’approvazione della legge Licinia e la pace sopravvenuta fra patrizi e plebei — fu sotto il suo regno restaurato con sì grande magnificenza da Tiberio che prese il nome di ''Templum Concordiac Augustae'' e fu consacrato l’anno 9 dell’Era volgare. La seconda — distrutta dall’incendio — fu rifatta a sue spese e adornata da fregi mirabili e da quelle colonne di pavonazzetto che più tardi l’imperatore Teodosio doveva adoperare per la riedificazione della basilica di San Paolo. Inoltre sul luogo stesso dove fu arso il cadavere di Cesare, la notte che seguì l’uccisione, tra l’ululo del popolo e dei legionari sul rogo dove divamparono i mobili della Curia, innalzò un tempio dedicato al Dio l’anno 29 avanti G. C. e di cui oggi non rimangono che scarsi frammenti.
Mentre gli architetti e gli artisti augustei arricchivano così le abitazioni private alla sua famiglia, il fondatore dell’impero continuava la costruzione dei nuovi edifici nel Foro. Abbiamo veduto come egli avesse riedificato e ingrandito la basilica Giulia distrutta dall’incendio che, durante i tumulti nati sul corpo sanguinoso del Dittatore, aveva danneggiato molti edifici del Foro Romano. Lo stesso doveva fare per il tempio della Concordia e per la basilica Emilia. Il primo — edificato in origine da Camillo per commemorare l’approvazione della legge Licinia e la pace sopravvenuta fra patrizi e plebei — fu sotto il suo regno restaurato con sì grande magnificenza da Tiberio che prese il nome di ''Templum Concordiae Augustae'' e fu consacrato l’anno 9 dell’Era volgare. La seconda — distrutta dall’incendio — fu rifatta a sue spese e adornata da fregi mirabili e da quelle colonne di pavonazzetto che più tardi l’imperatore Teodosio doveva adoperare per la riedificazione della basilica di San Paolo. Inoltre sul luogo stesso dove fu arso il cadavere di Cesare, la notte che seguì l’uccisione, tra l’ululo del popolo e dei legionari sul rogo dove divamparono i mobili della Curia, innalzò un tempio dedicato al Dio l’anno 29 avanti G. C. e di cui oggi non rimangono che scarsi frammenti.


Ma col crescere della potenza di Roma e con lo straordinario aumento della sua popolazione il Foro Romano cominciava a non esser più sufficiente. Augusto rimediò a questo inconveniente col costruire ed aprire un nuovo Foro che prese nome da lui e che comunicava con l’antico tanto da esserne la continuazione. Il nuovo Foro era limitato da un’alta muraglia di pietra Gabina, nei cui fianchi si apriva la porta arcata d’accesso. La muraglia era stata eretta per circoscrivere l’area e separarla dalla vista delle case private che sorgevano in quel luogo popolatissimo di Roma. Il Foro aveva forma rettangolare circoscritto ai lati da due emicicli simmetrici ed era circondato da portici adorni con le statue dei capitani più illustri nella storia di Roma. Nel centro poi, s’innalzava un tempio d’ordine corinzio — di cui sussistono le colonne colossali dedicato a Marte Ultore e promesso da Augusto al Dio della guerra, il giorno della battaglia di Filippi, per vendicare l’assassinio di Cesare. Questo tempio sontuoso, decorato nell’interno da mirabili colonne di giallo antico e arricchito coi capolavori della scultura e della pittura greca, finì col dare il nome a tutto il Foro che nel medioevo era detto ''Martis Forum'', da cui ebbe origine il nome di Martorio, dato al vicolo che di là conduceva al Campidoglio.
Ma col crescere della potenza di Roma e con lo straordinario aumento della sua popolazione il Foro Romano cominciava a non esser più sufficiente. Augusto rimediò a questo inconveniente col costruire ed aprire un nuovo Foro che prese nome da lui e che comunicava con l’antico tanto da esserne la continuazione. Il nuovo Foro era limitato da un’alta muraglia di pietra Gabina, nei cui fianchi si apriva la porta arcata d’accesso. La muraglia era stata eretta per circoscrivere l’area e separarla dalla vista delle case private che sorgevano in quel luogo popolatissimo di Roma. Il Foro aveva forma rettangolare circoscritto ai lati da due emicicli simmetrici ed era circondato da portici adorni con le statue dei capitani più illustri nella storia di Roma. Nel centro poi, s’innalzava un tempio d’ordine corinzio — di cui sussistono le colonne colossali dedicato a Marte Ultore e promesso da Augusto al Dio della guerra, il giorno della battaglia di Filippi, per vendicare l’assassinio di Cesare. Questo tempio sontuoso, decorato nell’interno da mirabili colonne di giallo antico e arricchito coi capolavori della scultura e della pittura greca, finì col dare il nome a tutto il Foro che nel medioevo era detto ''Martis Forum'', da cui ebbe origine il nome di Marforio, dato al vicolo che di là conduceva al Campidoglio.


Nel tempo stesso Ottaviano Augusto aveva restaurato il Circo Massimo che fino allora era stato di legno e che egli costruì in muratura, innalzando sulla Spina, in memoria delle sue vittorie egiziane, due obelischi di granito<ref>I due obelischi sono oggi sulla piazza del Popolo e sulla piazzetta di Montecitorio. Quest’ultimo continua a compiere l’ufficio di gnomone solare, come all’epoca di Augusto.</ref> e si faceva erigere all’estremità del Campo Marzio il sontuoso mausoleo che doveva accogliere nelle sue profondità i membri della sua famiglia e i suoi successori fino a Nerva. Questo monumento funebre colossale, di forma rotonda, sorgeva in mezzo a un parco ma-
Nel tempo stesso Ottaviano Augusto aveva restaurato il Circo Massimo che fino allora era stato di legno e che egli costruì in muratura, innalzando sulla Spina, in memoria delle sue vittorie egiziane, due obelischi di granito<ref>I due obelischi sono oggi sulla piazza del Popolo e sulla piazzetta di Montecitorio. Quest’ultimo continua a compiere l’ufficio di gnomone solare, come all’epoca di Augusto.</ref> e si faceva erigere all’estremità del Campo Marzio il sontuoso mausoleo che doveva accogliere nelle sue profondità i membri della sua famiglia e i suoi successori fino a Nerva. Questo monumento funebre colossale, di forma rotonda, sorgeva in mezzo a un parco {{Pt|ma-|}}

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48 ITALIA ARTISTICA


greci e la scena di Io custodita da Argo è una fedele riproduzione del quadro di Nicia d’Atene, nipote e scolaro di Eufronoro. Nel loro insieme rappresentano dunque un centone d’arte ellenica, e formano una decorazione varia e sontuosa al tempo stesso che ci permette di ricostruire con esattezza le tendenze pittoriche di quel secolo d’oro dell’arte romana.

Mentre gli architetti e gli artisti augustei arricchivano così le abitazioni private alla sua famiglia, il fondatore dell’impero continuava la costruzione dei nuovi edifici nel Foro. Abbiamo veduto come egli avesse riedificato e ingrandito la basilica Giulia distrutta dall’incendio che, durante i tumulti nati sul corpo sanguinoso del Dittatore, aveva danneggiato molti edifici del Foro Romano. Lo stesso doveva fare per il tempio della Concordia e per la basilica Emilia. Il primo — edificato in origine da Camillo per commemorare l’approvazione della legge Licinia e la pace sopravvenuta fra patrizi e plebei — fu sotto il suo regno restaurato con sì grande magnificenza da Tiberio che prese il nome di Templum Concordiae Augustae e fu consacrato l’anno 9 dell’Era volgare. La seconda — distrutta dall’incendio — fu rifatta a sue spese e adornata da fregi mirabili e da quelle colonne di pavonazzetto che più tardi l’imperatore Teodosio doveva adoperare per la riedificazione della basilica di San Paolo. Inoltre sul luogo stesso dove fu arso il cadavere di Cesare, la notte che seguì l’uccisione, tra l’ululo del popolo e dei legionari sul rogo dove divamparono i mobili della Curia, innalzò un tempio dedicato al Dio l’anno 29 avanti G. C. e di cui oggi non rimangono che scarsi frammenti.

Ma col crescere della potenza di Roma e con lo straordinario aumento della sua popolazione il Foro Romano cominciava a non esser più sufficiente. Augusto rimediò a questo inconveniente col costruire ed aprire un nuovo Foro che prese nome da lui e che comunicava con l’antico tanto da esserne la continuazione. Il nuovo Foro era limitato da un’alta muraglia di pietra Gabina, nei cui fianchi si apriva la porta arcata d’accesso. La muraglia era stata eretta per circoscrivere l’area e separarla dalla vista delle case private che sorgevano in quel luogo popolatissimo di Roma. Il Foro aveva forma rettangolare circoscritto ai lati da due emicicli simmetrici ed era circondato da portici adorni con le statue dei capitani più illustri nella storia di Roma. Nel centro poi, s’innalzava un tempio d’ordine corinzio — di cui sussistono le colonne colossali dedicato a Marte Ultore e promesso da Augusto al Dio della guerra, il giorno della battaglia di Filippi, per vendicare l’assassinio di Cesare. Questo tempio sontuoso, decorato nell’interno da mirabili colonne di giallo antico e arricchito coi capolavori della scultura e della pittura greca, finì col dare il nome a tutto il Foro che nel medioevo era detto Martis Forum, da cui ebbe origine il nome di Marforio, dato al vicolo che di là conduceva al Campidoglio.

Nel tempo stesso Ottaviano Augusto aveva restaurato il Circo Massimo che fino allora era stato di legno e che egli costruì in muratura, innalzando sulla Spina, in memoria delle sue vittorie egiziane, due obelischi di granito1 e si faceva erigere all’estremità del Campo Marzio il sontuoso mausoleo che doveva accogliere nelle sue profondità i membri della sua famiglia e i suoi successori fino a Nerva. Questo monumento funebre colossale, di forma rotonda, sorgeva in mezzo a un parco ma-

  1. I due obelischi sono oggi sulla piazza del Popolo e sulla piazzetta di Montecitorio. Quest’ultimo continua a compiere l’ufficio di gnomone solare, come all’epoca di Augusto.