Le visioni poetiche: differenze tra le versioni

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|Nome e cognome dell'autore=Alessandro Manzoni
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|Abbiamo la versione cartacea a fronte?=no
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== I ==
== I ==

Versione delle 09:08, 22 apr 2008

I

In quella età che, di veder bramoso,
Ancor l'ingegno a le cagioni è cieco,
Ascoso un Genio, anco a me stesso ascoso,
Disse improvviso al mio pensier: Son teco.
Ei le cose mi mostra che animoso
Primier, siccome io valgo, in luce io reco;
Sicché da lui le tenga ogni cortese
Cui non incresca de l'averle intese.

II

Qual compagno s'avesse a la sua via
Infin d'allora il giovinetto acerbo,
Tal savio il vide, e a lui ne presagia
Cose che or fora il rammentar superbo;
Ben di poche memorie in compagnia
Ne la custodia del mio cor le serbo;
Dubbio le serbo al paragon sincero
Del Tempo, certo testimon del vero.

III

Questo Genio talor de la mia mente
I freni abbandonati in man si piglia,
E volge ove a lui piaccia obbediente
Tutta l'alata dei pensier famiglia;
Tal che dal petto interno odo sovente
Una voce, che irata mi consiglia,
Che almen fra tanti il primo mio concetto
Torni al Fonte Divin d'ogni intelletto.

IV

Ei fra le piante, ove più spesso io sono
Di campi lodator non cittadino,
A visitarmi appare, e porta in dono
Le visioni ed il furor divino;
Ben talor fra le cure ed il frastuono
De la cittade a me vien pellegrino:
Dissimulando io nel mio cor l'accolgo:
L'alta presenza sua non sente il volgo.

V

Ma nel mistico punto allor che l'alma
Dai pigri nodi del sopor si scote,
Che sol di sé s'accorge, e lieve in calma,
Il soffio de la vita la percote;
Né giunta a soverchiarla ancor la salma
È de le cure e de le voglie note,
Sì che il pensier disprigionato e solo
Batte per aria più celeste il volo;

VI

Sempre in quell'ora il veggio, e risplendenti
Schiere ha con sè d'aerei simolacri;
Quai muovon per lo spazio i passi lenti,
E quai festivi ed in lor luce alacri;
E fan motti fra loro e parlamenti
Misteriosi, e balli ordiscon sacri:
Il Genio li governa; io stommi e guato
In tanta pompa di veder beato.

VII

Ma se le viste cose a narrar prendo,
Gran parte la memoria m'abbandona,
Ché, i terrestri pensier sopravvegnendo,
Al primo tocco di leggier s'adona;
E quel pur, che a fatica in carte io stendo,
Del concetto minor troppo mi suona,
Ch'io sento come il più divin s'invola,
Né può il giogo patir de la parola.

VIII

Lui che di tanto il guardo mio fe' degno
Io prego or che anco al dir siemi in aiuto,
Perch' egli è sacro e fuor del mortal regno
E troppo oltre il narrar quel che ho veduto.
Ei regga l'ali mie; da lui l'ingegno
Ne l'alta region sia sostenuto
Tanto che per la via novella e lunga
L'alto argomento del mio canto aggiunga.

IX

<poem> L'alto argomento del mio canto io dico, Ben che tal volgo il chiamerà volgare

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