I Nibelunghi (1889)/Avventura Seconda: differenze tra le versioni

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Versione delle 12:30, 17 feb 2019

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Seconda
Avventura Prima Avventura Terza

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Avventura Seconda

sifrido


     Di nobile signor crebbe frattanto
In Niderlànd un figlio (erane il padre
Nomato Sigemundo, era la madre
Sigelinde), a un castel lungi ben noto
5Ed opulento, laggiù in riva al Reno,
Che Santèn si dicea. Sifrido il nome
Del valente guerrier. Ben molti regni
Ei visitò con poderoso ardire,
Di sua persona col vigor per molti
10Paesi cavalcò. Deh! quanti eroi
Ei ritrovò gagliardi in fra i Burgundi!
     Nel suo tempo miglior, ne’ giorni suoi
Giovani ancora, meraviglie assai

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Dir di Sifrido si potrìano e quanto
15Onore attorno gli cresceva e quanto
Egli era bello di persona. L’ebbero
Perciò in amor molte leggiadre donne.
Con molta cura ci fu allevato, quale
Bene a lui s’addicea; ma quanti pregi
20Aggiungervi ei potè dal suo medesmo
Eletto spirto! Andavane per lui
Adorna ancor del padre suo la terra,
Chè in tutte cose il rinvenìa ciascuno
Grande e perfetto. Egli crescea frattanto,
25Fin che alla corte cavalcò. La gente
Il guardò allor con occhio amico, e tosto
Molte fanciulle e molte donne in core
Molto bramâr che il suo desio pur sempre
Alla corte il recasse. A lui propensi
30Eran tutti dell’alma, e il cavaliero
Cotesto anche sapea. Ma raro assai
Senza custode il nobile garzone
Altri lasciava cavalcar. Le vesti
Ornar gli fean Sigmundo e Sigelinde,
35E sapïenti, a cui note le leggi

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Eran d’onore, anche l’aveano in cura,
Sì ch’egli poi d’un tratto e genti e terre
Acquistar si potea. Al grado intanto
Egli venìa di portar l’armi; e allora
40Di quanto ei bisognò, bastevol copia
Ebbesi innanzi. Incominciò con senno
Vaghe donne ad ambir, che la persona
Del pro’ Sifrido amavano ad onore.
     E Sigemundo intanto, il padre suo,
45Fe’ noto a’ suoi che coi diletti amici
Una festa indicea. Ratto l’annunzio
D’altri regnanti ne la terra andava,
E una vesta e un destrier donava il sire
A famigliari ed a stranieri. Dove
50Rinvenir si potea chi, de la stirpe
De’ suoi congiunti, cavalier si fea,
Là per tal festa i nobili garzoni
Tutti di Sigemundo aveano invito
Alla terra; col giovane signore
55La prima volta ei presero la spada.
     Meraviglie narrare altri potrìa
Di quella festa. Molto onor per doni

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Ottener potè allor con Sigelinde
Re Sigemundo, e ne spartì ben molti
60Lor destra liberal; molti stranieri
Fûr visti cavalcar verso la terra.
Quattrocento i gagliardi che la veste
Dovean portar di cavalier gentile
Con Sifrido, e in quell’opra affaccendate
65Eran molte fanciulle adorne e belle,
Inchinevoli a lui del cor, dell’alma.
Fermavano su l’or le vaghe donne
Molte nobili gemme, esse che al fiero
E giovinetto cavalier la vesta
70Fregiar volean, nè v’era scampo all’opra,
Di fulgidi ricami. Attorno intanto
Fea por gli scanni l’ospite regale
Per molti prodi, allor che ad un solstizio
Nome di cavalier Sifrido ottenne.
     75Al monastero andavano frattanto
Molti ricchi garzoni e molti ancora
Nobili cavalieri; e giusto ufficio
Aveano i savi di giovar col senno
I garzoncelli, come già per essi

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80Altri adoprava un dì. Feste e tripudi
Ebbero allora e dolce speme assai
D’altra gioia pur anco. E si cantava
Una messa di Dio santo ad onore,
E affollavasi attorno in ampia turba
85La gente accolta, ratto che i garzoni,
Con molto onor quale più mai non fue,
Cavalieri fûr detti, ai santi riti
Di cavalier conforme. Elli gittârsi
Là ’ve trovâr sellati i palafreni,
90E nel castello di Sigmùnd sì forte
Fragor levossi che palagio e sale
Echeggiar se ne udian. Grande un tumulto
Que’ prodi fean d’altere voglie; assai
Colpi s’udian di vecchi e di garzoni,
95Sì che le schegge andavano dell’aste
All’etra con fragor. Vedeansi attorno
Dalle destre volar de’ cavalieri
Lungo il castel tronconi infranti; e questo
Con fiero ardor si fea. Ma fe’ comando
100L’ospite regio di cessar. Fûr tratti
Di là i destrieri, e vidersi ben molti

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Forti pavesi là spezzati e molte
Gemme pregiate su l’erba cadute,
Tolte de’ scudi a le coregge fulgide;
105Tanto accadea nell’urto impetüoso!
     Allor, là ’ve al sedersi ebbero invito,
Dell’ospite regal vennero insieme
I commensali, e molte dapi elette
E vin prescelto che fu addotto in copia,
110Li disciogliean da lor stanchezza. Ancora
A famigliari ed a stranieri assai
D’onor fu fatto; e poi che tutto il giorno
Ebber molto tripudio, a l'ampia folla
Che attorno andava, ogni posar fu tolto.
115Questa, per doni aver, le ricche genti
Che là trovò, servìa. Così di lode
Tutta di Sigemùnd la nobil terra
Andava adorna. L’inclito signore
A Sifrido garzon terre e castella
120Donava in feudo, come già per lui
Un dì si fece; e la sua mano egregi
Doni fe’ ancora a’ nobili compagni
Nell’armi al figlio suo. Quel lor vïaggio,

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Ond’erano venuti alla sua terra,
125Gradito al cor così gli venne. Intanto,
Fino al settimo dì ne andâr le feste,
E Sigelinde ricca, ad un antica
Legge conforme, per l’amor del figlio
Fulgid'oro spartì, ch’ella volea
130Tanto ottener che fossergli le genti
E benevole e amiche. E là nessuno
Si vide errar mendico, e dava intanto
Vesti e destrieri liberal la mano
Dei due regnanti, come se di vita
135Lor non restasse un dì. Credo non mai
Verso famigli e amici altri adoprasse
Maggior grandezza. Con pregiato onore
Si disciolse la festa, e da vassalli
Ricchi e potenti bene udiasi allora
140Che il giovane guerriero elli bramavano
Aver signore. Ma di ciò desio
Prence Sifrido non avea, quel prode
Leggiadro e bello. Fin che visser ambo
E Sigemundo e Sigelinde, il figlio
145A lor diletto mai non volle in capo

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Recar corona; disïò soltanto,
Ei prode e baldo cavalier, di sire
E nome e potestà per ogni assalto
Ch’egli temea per la natia sua terra.