Aiace (Sofocle - Romagnoli)/Quarto stasimo: differenze tra le versioni

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Quarto stasimo

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Sofocle - Aiace (445 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Quarto stasimo
Quarto episodio Esodo
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QUARTO CANTO INTORNO ALL’ARA


coro


Strofe I
Deh, qual novissimo novero d’anni, in vicenda perpetua
vaganti, mai sarà, che ponga fine a questo
travaglio di guerre che mai non ha termine,
nell’ampie contrade di Troia,
agli Èlleni obbrobrio funesto?

Antistrofe I
Deh, fosse prima scomparso nell'ètere immenso, o nei bàratri
d’Ade che tutto accoglie, l’uom che i fraterni lutti1
dell’armi odiose recava fra gli Èlleni!
Oh spasimi padri di spasimi!
Da lui fûr gli umani distrutti.

Strofe II
Di ghirlande partecipe
piú non mi volle, e dei profondi calici,
quell’uomo, e ch’io godessi il dolce strepito

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dei flauti: a me la requie
del notturno negò dolce sopor.
E sin gli amori, o misero,
gli amor mi tolse. E inculto giaccio, e il crine
ho molle ognor di brine
dense: ché la miseria
fatal di Troia, io ben rammenti ognor.

Antistrofe II
Un tempo, a me presidio
Contro i terror’ notturni era la furia
d’Aiace, e contro i dardi. Ora, ludibrio
ei fu d’un tristo dèmone.
Che resta a me, che resta piú di bene?
Deh, fossi ove del Sunio
sul pian, selvoso un promontorio avanza,
e il flutto ai piè gli danza,
sí, che un saluto volgere
di lí potessi alla divina Atene!

Note

  1. [p. 245 modifica]L’uom che i fraterni lutti ecc. è persona indefinita; colui che primo portò la guerra fra i Greci.