Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/102: differenze tra le versioni

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94 le confessioni d'un ottuagenario.

così spero di morire in pace lasciando dopo di me la pace.

— Oh Leopardo, Leopardo! un’anima come la tua morire a questo modo! Con tanta bontà, con tanta forza e costanza che avevi!...

— Hai ragione; due anni fa neppur io mi sarei immaginato questa corbelleria. Ma ora l’ho fatta, e non c’è che dire. I dolori, gli avvilimenti, i disinganni si accumulano qui dentro (e si toccava il petto) finchè un bel giorno il vaso trabocca e addio giudizio! Bisogna ch’io m’esprima così per iscusarmi con Dio. —

Io vidi allora, o meglio indovinai le lunghe torture di quel povero cuore tanto onesto e sincero; le angoscie di quell’indole aperta e leale sì indegnamente tradita; la delicatezza di quell’anima eroica deliberata di non veder nulla, e di morire senza lasciare ai suoi assassini neppure la punizione del rimorso. Non mossi parola di ciò rispettando la maravigliosa discretezza del moribondo. Leopardo riprese a parlare con voce più profonda e affaticata: le membra gli si irrigidivano, e le carni prendevano a poco a poco un colore cinereo.

— Vedi, amico? fino a ieri ci pensava, ma mi difendeva valorosamente. Aveva una patria da amare, e sperava quandochessia di servirla e di scordare il resto. Ora anche quell’illusione è svanita... fu proprio il colpo che mi decise!

— Oh no, Leopardo, tutto non è svanito!... Se è così, guarisci, torna a vivere con noi: porteremo la patria nel cuore dovunque andremo: ne insegneremo, ne propagheremo la santa religione. Siamo giovani; tempi migliori ci arrideranno, lasciami... —

Io m’era alzato in piedi, egli mi teneva fermo pel braccio con forza convulsiva, e dovetti sedere ancora. Un sorriso vago e melanconico errava su quel volto già quasi