Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/72: differenze tra le versioni
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Timor non diavi l’ira dell’aspra genitrice; |
Timor non diavi l’ira dell’aspra genitrice; |
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Moliere che v’adora, faravvi un dì felice. |
Moliere che v’adora, faravvi un dì felice. |
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Ah, più soffrir non posso gì’insulti giornalieri; |
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La madre troppo cruda farà ch’io mi disperi. |
La madre troppo cruda farà ch’io mi disperi. |
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Versione delle 18:37, 28 apr 2020
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62 | ATTO TERZO |
- Moliere.
Il cielo vi perdoni. (come sopra)
- Bejart.
Il cielo ti punisca.
- Moliere.
Ch’io parta permettete, e ch’io vi riverisca.
(come sopra, e parte)
SCENA XI1.
La Bejart, Isabella e Valerio.
- Valerio.
(Oh, come la deride!)
- Bejart.
Di me si prende gioco?
Molier lo sdegno mio conosce ancora poco.
Per te, sfacciata, indegna. (ad Isabella)
- Valerio.
Signora, e con qual lena
Andrete furibonda a recitar in scena?
Calmatevi, di grazia.
- Bejart.
Mestiere maladetto!
Dover mostrare il viso ridente a suo dispetto!
E quando tra le fiamme arde di sdegno il core,
Dover coll’inimico in scena far l’amore!
Andiam... ma la mia parte lasciai sul tavoliere.
Foresta. Ehi là. Foresta. Non sente.
- Valerio.
Andrò a vedere...
- Bejart.
Se poi non la trovaste, doppio averei scontento.
Restate con mia figlia, io torno in un momento. (parte)
SCENA XII.
Isabella, Valerio, poi Moliere.
- Valerio.
Timor non diavi l’ira dell’aspra genitrice;
Moliere che v’adora, faravvi un dì felice.
- Isabella.
Ah, più soffrir non posso gì’insulti giornalieri;
La madre troppo cruda farà ch’io mi disperi.
- ↑ Nell’ed. Bett. è unita alla scena precedente.