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⚫ | che si mangi, o si beva. Questi medesimi modi adunque, che vado io adoperando avvisandomi, che giovino a farmi agevolmente obbedire, insegno a quelli i quali destino a sopraintendere ai lavoratori de’miei campi, e m’ingegno di dar loro aiuto anche con questo, non facendo tutti ad un modo i vestimenti, e i calzari, di cui ho a provvedere quei lavoratori, ma alcuni più cattivi, ed altri migliori, affinchè dei migliori se ne possa fare onore ai più degni, e dare i più cattivi ai peggiori. Perchè e’ mi pare, disse, o Socrate, che grande sconforto s’ingeneri nei buoni, quando e’ conoscono, che le loro virtuose opere non gli valgono a conseguire nulla più di quelli, che hanno fuggito ogni fatica, ed ogni pericolo: però io stimo, che non si abbiano mai ad agguagliare in cosa veruna i più buoni, con i più tristi; e ognora lodo quei castaldi, che veggo distribuire le cose di maggior pregio a quelli, che sono più da stimarsi, se poi mi avvedo, che alcuni di essi voglia premiarli di sole lusinghe, o di altra ricompensa di niuna utilità ciò non gliel comporto già io, ma ne lo gastigo, e mi studio di fargli bene imparare, o Socrate, che non fa egli cosa di suo vantaggio. |
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che si mangi,o eibeva. Questi medesimi modi adun- |
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vino a farmi agevolmente obbedire , insegno :: quelli i quali destino a sopraintendere ai lavoratori_de'rhiei campi ,e m'ingegno di dar loro aiuto anche con que- lto, non facendo tutti ad un modo i vestimenti, (: i calzati , di cui ho a provvedere quei lavoratori , ma alcuni più cattivi, ed altri migliori,affinchè dei mi— , |
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che si mangi, o si beva. Questi medesimi modi adunque, che vado io adoperando avvisandomi, che giovino a farmi agevolmente obbedire, insegno a quelli i quali destino a sopraintendere ai lavoratori de’miei campi, e m’ingegno di dar loro aiuto anche con questo, non facendo tutti ad un modo i vestimenti, e i calzari, di cui ho a provvedere quei lavoratori, ma alcuni più cattivi, ed altri migliori, affinchè dei migliori se ne possa fare onore ai più degni, e dare i più cattivi ai peggiori. Perchè e’ mi pare, disse, o Socrate, che grande sconforto s’ingeneri nei buoni, quando e’ conoscono, che le loro virtuose opere non gli valgono a conseguire nulla più di quelli, che hanno fuggito ogni fatica, ed ogni pericolo: però io stimo, che non si abbiano mai ad agguagliare in cosa veruna i più buoni, con i più tristi; e ognora lodo quei castaldi, che veggo distribuire le cose di maggior pregio a quelli, che sono più da stimarsi, se poi mi avvedo, che alcuni di essi voglia premiarli di sole lusinghe, o di altra ricompensa di niuna utilità ciò non gliel comporto già io, ma ne lo gastigo, e mi studio di fargli bene imparare, o Socrate, che non fa egli cosa di suo vantaggio.e