Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/289: differenze tra le versioni

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Elet.+ Che dici? oh ciel! cosí non favellavi
;Elet.
di lui, piú lune addietro. Ancor trascorso,
Che dici? oh ciel! così non favellavi
di lui, più lune addietro. Ancor trascorso,
da che fean vela i Greci, intero un lustro
da che fean vela i Greci, intero un lustro
non era, e sospirar di rivederlo
non era, e sospirar di rivederlo
ogni di pur t’udiva io stessa. A noi
ogni pur t’udiva io stessa. A noi
narrando andavi le sue imprese; in esso
narrando andavi le sue imprese; in esso
tutta vivevi, e ci educavi in esso:
tutta vivevi, e ci educavi in esso:
di lui parlando, io ti vedea la guancia
di lui parlando, io ti vedea la guancia
rigar di amare lagrime veraci...
rigar di amare lagrime veraci...
Più noi vedesti poscia; egli è qual s’era:
Piú nol vedesti poscia; egli è qual s’era:
diversa tu fatta ti sei, pur troppo;
diversa tu fatta ti sei, pur troppo;
ah! si, novella havvi ragion, che il pinge
ah! , novella havvi ragion, che il pinge
agli occhi tuoi da quel di pria diverso.
agli occhi tuoi da quel di pria diverso.
Cliten.+ Nuova ragion? che parli?... Inacerbito
;Cliten.
Nuova ragion? che parli?... Inacerbito
contr’esso il cor sempr’ebbi... Ah! tu non sai...
contr’esso il cor sempr’ebbi... Ah! tu non sai...
Che dico?... O figlia, i più nascosi arcani
Che dico?... O figlia, i piú nascosi arcani
di questo cor, s’io ti svelassi...
di questo cor, s’io ti svelassi...
;Elet.
Elet.+13 Oh madre!
Cosí non li sapessi!
Oh madre !
Cliten.+8 Oimè! che ascolto?
Così non li sapessi !
;Cliten.
Oimè! che ascolto?
Avria fors’ella penetrato?...
Avria fors’ella penetrato?...
;Elet.
Elet.+12 Avessi
Avessi
penetrato il tuo cor io sola almeno!
penetrato il tuo cor io sola almeno!
Ma, noi sai tu, che di chi regna ai moti
Ma, nol sai tu, che di chi regna ai moti
vegliati maligni, intensi, invidi, quanti
veglian maligni, intensi, invidi, quanti
gli stan più in atto riverenti intorno?
gli stan piú in atto riverenti intorno?
Ornai tu sola il mormorar del volgo
Omai tu sola il mormorar del volgo
non odi; e credi che ad ogni uom nascoso
non odi; e credi che ad ogni uom nascoso
sia ciò, che mal nascondi, e che a te sola
sia ciò, che mal nascondi, e che a te sola
dir non si ardisce.—Amor t’acceca.
dir non si ardisce. — Amor t’acceca.
;Cliten.
Cliten.+16 Amore?
Amore?
Misera me! chi mi tradia?...
Misera me! chi mi tradia?...
;Elet.
Elet.+12 Tu stessa,
gran tempo è giá. Dal labro tuo non deggio
Tu stessa,
gran tempo è già. Dal labro tuo non deggio
di cotal fiamma udire: il favellarne
di cotal fiamma udire: il favellarne
ti costeria pur troppo. O amata madre,
ti costeria pur troppo. O amata madre,
che fai? Non credo io, no, che ardente fiamma
che fai? Non credo io, no, che ardente fiamma
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Versione delle 17:06, 13 mag 2020


atto primo 283
Elet. Che dici? oh ciel! cosí non favellavi

di lui, piú lune addietro. Ancor trascorso,
da che fean vela i Greci, intero un lustro
non era, e sospirar di rivederlo
ogni dí pur t’udiva io stessa. A noi
narrando andavi le sue imprese; in esso
tutta vivevi, e ci educavi in esso:
di lui parlando, io ti vedea la guancia
rigar di amare lagrime veraci...
Piú nol vedesti poscia; egli è qual s’era:
diversa tu fatta ti sei, pur troppo;
ah! sí, novella havvi ragion, che il pinge
agli occhi tuoi da quel di pria diverso.
Cliten. Nuova ragion? che parli?... Inacerbito
contr’esso il cor sempr’ebbi... Ah! tu non sai...
Che dico?... O figlia, i piú nascosi arcani
di questo cor, s’io ti svelassi...
Elet.   Oh madre!
Cosí non li sapessi!
Cliten.   Oimè! che ascolto?
Avria fors’ella penetrato?...
Elet.   Avessi
penetrato il tuo cor io sola almeno!
Ma, nol sai tu, che di chi regna ai moti
veglian maligni, intensi, invidi, quanti
gli stan piú in atto riverenti intorno?
Omai tu sola il mormorar del volgo
non odi; e credi che ad ogni uom nascoso
sia ciò, che mal nascondi, e che a te sola
dir non si ardisce. — Amor t’acceca.
Cliten.   Amore?
Misera me! chi mi tradia?...
Elet.   Tu stessa,
gran tempo è giá. Dal labro tuo non deggio
di cotal fiamma udire: il favellarne
ti costeria pur troppo. O amata madre,
che fai? Non credo io, no, che ardente fiamma